MA QUALE IDIOSINCRASIA: CHISSÀ COME SI DIVERTIVANO!
MICHELANGELO DE BONIS
“Margie lo scrisse perfino nel suo diario, quella sera. Sulla pagina che portava la data 17 maggio 2157, scrisse: ‘Oggi Tommy ha trovato un vero libro!’”
La vita è imprevedibile. Mentre pensavo ad una idea per l’articolo mi è capitato di rileggere un racconto che Asimov scrisse nel 1954, Chissà come si divertivano! Un racconto schietto, immediato, tre pagine in cui si parla di didattica a distanza e della didattica nel futuro, proprio in un periodo in cui la didattica a distanza si è impadronita della vita di milioni di alunni, docenti e genitori.
È paradossale leggere un racconto in cui Margie e suo fratello Tommy trovano un libro, addirittura un libro vero!, che parla di scuola in cui tutte le storie e i racconti sono stampati su carta. C’era stato un periodo in cui su pagine gialle e fruscianti le parole erano ferme, non si muovevano e se si ritornava indietro alla pagina precedente si vedevano le stesse identiche di prima.
Una realtà che oggi come società siamo chiamati a realizzare. Nel racconto ci sono degli spunti di come verremo visti nel futuro e di come ci giudicheranno per come lasceremo questo periodo per scrivere il successivo.
“Questo è un tipo di scuola molto antico, come l’avevano centinaia e centinaia di anni fa.”
Non passeranno centinaia di anni, sarà invece un processo molto più veloce di quanto potessimo immaginare. La didattica a distanza è arrivata dal futuro e si è palesata, improvvisamente, e noi tutti siamo stati travolti da questo uragano. Un vento forte che ha scosso la vita degli attori principali: alunni, docenti e genitori. Certo non è un caso dire che il futuro ci viene incontro (già altre volte ho citato Ferdinando Menga con il suo monito nel suo volume Lo scandalo del futuro. Per una giustizia intergenerazionale) e che oggi più che mai abbiamo l’obbligo di ripensare il futuro.
“Certo che avevano un maestro, ma non era un maestro regolare. Era un uomo.”
I due fratelli si meravigliano perché il docente era un essere umano, e non un maestro digitale. Ma chi se lo sarebbe mai aspettato: un essere umano! Un uomo non avrebbe avuto la possibilità di essere competente in tutti gli argomenti che la scuola del futuro deve insegnare.
E come dare torto a Margie e Tommy. Ma allora, nella scuola di oggi, il ruolo dei docenti così come lo conosciamo ha le ore contate?
Inutile dire che siamo una società in divenire. Il lavoro del futuro è una incognita, non c’è modo di sapere quale sarà. Certo avremo modo di ipotizzare gli ambiti di sviluppo: robotica, intelligenza artificiale, game theory, informatica in generale, solo per restare in tema tecnologico. Ma, in questi ambiti, quale sarà lo scopo e il lavoro vero e proprio? Nessuno con certezza può dirlo. Il trend che si segue per prevenire, e forse minimizzare, le incognite dal futuro è insegnare agli studenti il learning to learn, l’imparare a imparare. Qualunque cosa gli uomini di domani faranno avrà a che fare con nuove tecnologie, nuovi strumenti, nuove idee e un mondo rinnovato rispetto all’attuale. Perché dovranno loro stessi essere in grado di imparare a gestire le sfide per il futuro dell’umanità.
Quegli uomini avranno necessità di basi solide su cui poggiarsi e il nostro oggi, il nostro presente, sarà le loro radici. Queste basi solide della cultura sono le foundation delle singole discipline. Sono la base di qualsiasi trasformazione a cui assisteremo nei prossimi anni. Un maestro umano difficilmente potrà essere al passo nella sua carriera scolastica con le tecnologie emergenti e con le trasformazioni reali del futuro. È plausibile, direi umano, che molti possano avere delle idiosincrasie a riguardo. La tecnologia ha schiacciato e spazzato via le realtà di moltissimi maestri che non erano pronti a scontrarsi con il futuro già oggi. Ma questo non li ha spezzati, il loro ruolo resta vitale per i propri studenti. Moltissimi hanno messo da parte la loro fobia tecnologica e hanno raccolto la sfida. Cosa trasferiscono ai propri studenti? Le foundation. Le fondamenta, le basi e radici del nostro futuro.
Margie e Tommy diranno: “Un uomo? Come faceva un uomo a fare il maestro? Un uomo non può saperne quanto un maestro.” E noi nel passato saremo in grado di fornire a loro delle risposte adeguate?
“E imparavano tutti la stessa cosa?”
Siamo tutti uguali? Ci insegnano le stesse cose? Tutti impariamo la stessa cosa?
Insegnare a studiare e cavarsela da soli, in modo indipendente. Ecco cosa ognuno di noi deve imparare in modo personale. Gli alunni devono avere delle caratteristiche nel loro DNA, un approccio alla didattica di tipo sprint. In poco tempo devono essere in grado, sfruttando la tecnologia e non demonizzandola, di acquisire nuovi metodi e nuovi punti di vista per un approccio ai problemi pluridisciplinare e in modo da poter collegare in modo nuovo elementi di ambiti diversi. Pensiamo alla macchina a guida autonoma, non ha solo problemi di tipo tecnico (la programmazione del veicolo) ma anche problemi morali ed etici. Non è quindi la personalizzazione delle attività didattiche. È l’approccio personale alla risoluzione di problemi che mettono insieme aspetti diversi della vita, proprio come la figura retorica dell’antitesi: accostare in un’unica soluzione elementi opposti. Non è imparare la stessa cosa… è imparare!
“Io non ce lo vorrei un estraneo in casa mia, a insegnarmi.”
È la parte più sconvolgente, il capovolgimento culturale, forse la parte più difficile da ripensare, non andare nello stesso edificio, nello stesso luogo fisico per incontrare gli altri e apprendere con gli altri, dagli altri. Ma essere noi a casa a ricevere il maestro e la relativa didattica. Culturalmente non siamo pronti, forse è l’aspetto peggiore del momento che stiamo vivendo, non siamo in grado di ricevere costantemente un’azione di questo tipo. Qui abbiamo una idiosincrasia vera.
Asimov conclude il suo racconto lasciando a noi uomini del futuro una lezione di vita.
“Lo schermo era illuminato e stava dicendo – Oggi la lezione di aritmetica è sull’addizione delle frazioni proprie. Prego inserire il compito di ieri nell’apposita fessura.
Margie obbedì con un sospiro. Stava pensando alle vecchie scuole che c’erano quando il nonno di suo nonno era bambino. Ci andavano i ragazzi di tutto il vicinato, ridevano e vociavano nel cortile, sedevano insieme in classe, tornavano a casa insieme alla fine della giornata. Imparavano le stesse cose, così potevano darsi una mano a fare i compiti e parlare di quello che avevano da studiare. E i maestri erano persone…
L’insegnante meccanico stava facendo lampeggiare sullo schermo: – Quando addizioniamo le frazioni 1/2 + 1/4…
Margie stava pensando ai bambini di quei tempi, e a come dovevano amare la scuola. Chissà come si divertivano!, pensò.”
Nel progettare il futuro ricordiamoci di Margie e Tommy, insegniamo ai nostri figli, ai nostri alunni, a vivere la loro didattica e la loro scuola di oggi, come dovrebbero amarla e non odiarla e come si dovrebbero divertire e non annoiare!
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Ancora una volta il Prof. De Bonis colpisce con il suo stile chiaro e coinvolgente!
Interessante notare come nella quotidianità odierna elementi tradizionali si fondano con quelli che, negli anni di Asimov, erano solo fantascienza.
Il racconto dei due bambini del futuro ci insegna a valorizzare le lezioni e, per estensione, l’intero sistema scolastico di oggi, con una particolare attenzione al rapporto umano che abbiamo il dovere di coltivare. Anche in questo periodo di distanza forzata, studenti e docenti possono trovare il divertimento di cui parla Margie attraverso un’interazione umana… che sfrutta il digitale!
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Io, come il prof. De Bonis, appartengo al tipo di scuola antico.
E mai, come in questo momento storico, ci è mancato!
Le sue riflessioni sono sempre sul pezzo, prof!
E riesce ogni volta a farsi accompagnare dalle immagini di un libro che ha amato!
Il tutto sempre proiettato al futuro con slancio positivo.
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Per la prima volta succede che…
… è la scuola che va a casa degli alunni e non il contrario, che istruisce a domicilio, che accorcia le distanze e nella quale le barriere tra l’on line e l’off line sono cadute.
… che esorta gli alunni ad usare i tanto detestati smartphone e che insegna loro a farlo non solo per svago.
Una scuola del futuro ancorata alle stesse responsabilità della scuola del passato, una scuola che deve saper parlare a tutti ed a ciascuno, una scuola che vorrebbe ma ancora non riesce ad essere inclusiva.
Una scuola che consenta a Margie e a Tommy di imparare ad imparare.
Come non essere d’accordo?
Complimenti prof. De Bonis per gli spunti di riflessione che in maniera puntuale riesce a fornire.
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A volte il futuro riesce a raccontarci il presente ed il passato allo stesso tempo. Quando ciò accade, questo sembra dirci col suo gustoso racconto il prof. De Bonis, l’apprendimento è, insieme, scoperta e divertimento, un solletico che ricorderemo piacevolmente e mai renderemo segreto.
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