POTENZIAMENTO ANIMALE: UNA TENTAZIONE ANTROPOCENTRICA?

Immagine2MATTIA POZZEBON

La storia della letteratura fantascientifica non si può dire sia parca di scenari in cui gli animali vengono trasformati e potenziati fino a raggiungere una condizione fisica e cognitiva superiore rispetto alla normalità animale. Mi si perdoni ovviamente il concetto di “normalità”. Nella consapevolezza che sia un termine vago, soprattutto nell’ambito delle trasformazioni genetiche, è tuttavia qui funzionale. I due esempi probabilmente più famosi sono i romanzi di Herbert G. Wells The island of Doctor Moreau e di Pierre Boule La Planète des singes. Wells scrive a fine Ottocento. Ciò dimostra come la tentazione di manipolare e trasformare radicalmente gli animali sia di gran lunga precedente rispetto alle nuove possibilità offerte dall’ingegneria genetica.

Recentemente, forse ispirato dalle notevoli conquiste delle tecnologie di editing genomico, anche il dibattito etico ha cominciato a interrogarsi sull’eventualità di creare simili animali. Il romanzo di Wells è del 1896. Il primo articolo di etica che affronta la questione è del 2008. È di George Dvorsky e il titolo è All Together Now: Developmental and ethical considerations for biologically uplifting nonhuman animals. Come risulta già dal titolo, Dvorsky impiega il concetto di “uplift” per esprimere il significato di potenziamento. Dvorsky recupera questo termine proprio dal romanzo di Wells, il quale lo utilizza per la prima volta per indicare l’intervento di una specie più avanzata (quella umana) nel processo evolutivo di una specie inferiore sotto il profilo dell’intelligenza. Un secondo articolo è quello di Sarah Chan Should we enhance animals?. In questo caso, Chan non fa riferimento al concetto di “uplift”, bensì a quello di “enhancement”, maggiormente utilizzato all’interno dell’attuale dibattito. Ciononostante, in entrambi i casi, il significato rimane il medesimo. I due articoli riflettono riguardo alla possibilità di ottenere animali dotati di un’intelligenza accresciuta e prossima a quella degli esseri umani. L’assunto alla base è che gli animali abbiano perso la lotteria genetica. A causa del loro limitato intelletto, sarebbero condannati a un’esistenza inferiore rispetto a quella umana in termini di benessere e qualità della vita. In entrambi gli articoli è in particolare il paragone tra gli animali e gli esseri umani disabili a rendere manifesta l’opinione dei due autori. Chan scrive: “Returning to our hypothetical mentally retarded human child and chimpanzee baby: it is quite plausible to argue that we have an obligation to enhance the human baby’s inherently limited mental capacities to a level approaching normal human intelligence, because it would sensibly be in the baby’s interests to do so”.

Gli interessi a fondamento di questa tentazione demiurgica degli esseri umani protagonisti della letteratura fantascientifica sono vari e tra loro diversi. Gli articoli di Dvorsky e Chan sono invece accomunati dal medesimo obiettivo. Mediante un accrescimento delle facoltà cognitive, l’animale sarebbe messo nelle condizioni di godere di quei beni intellettuali e sociali di cui sono in grado unicamente gli esseri umani. Chan sostiene addirittura come sia un obbligo morale dell’essere umano potenziare l’animale. Allo stesso tempo, scrive anche come questo obbligo sia tale se è nell’interesse dell’animale. Ciò che è essenziale è perciò capire se tale interesse sia reale. Perché, se la convinzione fondante è quella di “guarire” gli animali, garantendo loro una qualità della vita superiore, non si può negare che suddetta tentazione demiurgica dell’essere umano sia influenzata da un forte sentimento di paternalismo “tecno-visionario”, come scrive Arianna Ferrari in un suo articolo. Il grande problema si pone, però, nel momento in cui questa tentazione paternalistica viene viziata da un antropocentrismo che assume l’essere umano a perfetto modello di riferimento e concepisce il resto del mondo animale come una dimensione che necessita di essere salvata.

Secondo Michael Hauskeller, alla base di una simile convinzione antropocentrica va rintracciata un’idea che può essere fatta risalire a John Stuart Mill. All’interno del suo lavoro L’Utilitarismo, Mill pone una distinzione qualitativa tra i piaceri. La qualità della vita non sarebbe dunque determinata dalla quantità di piaceri che l’individuo esperisce, bensì dalla loro tipologia. Vi sarebbero allora piaceri di ordine inferiore, intesi come i piaceri della carne, e piaceri di ordine superiore, intesi come i piaceri dell’intelletto. Se dei primi possono godere tutti gli animali, umani e non, sono i secondi a qualificare in maniera esclusiva l’essere umano. Data questa loro supposta superiorità, secondo Mill sarebbe preferibile essere un essere umano insoddisfatto, piuttosto che un maiale soddisfatto. Di per sé, l’argomento milliano è vago e circolare. Mill, infatti, non è in grado di spiegare in cosa consista la maggiore nobiltà di determinati piaceri rispetto ad altri. La circolarità dell’argomento di Mill si palesa nella sua giustificazione. L’unico modo con il quale si potrebbe dimostrare l’evidente superiorità di alcuni piaceri sarebbe quello di attendere il giudizio dei “giudici competenti”. Ma come riconoscere tali figure? In base alla definizione fornitaci, la competenza si fonderebbe sull’uguale conoscenza di entrambe le classi di piaceri e, come inevitabile conseguenza, sulla scelta dei piaceri superiori. Mill ritiene che solamente l’ignoranza possa condurre a preferire ciò che per natura è inferiore. L’argomento è avvolto su se stesso, senza giungere a una conclusione concreta. Come un gioco di ruolo in cui ruotano i personaggi, le proposizioni divengono, a turno, premessa e conclusione di una medesima dimostrazione. Se siano nati prima i “giudici competenti” o i “piaceri superiori” non è dato saperlo. Pertanto, l’argomento risulta fallace in quanto Mill commette l’errore della petitio principii. Ciononostante, la tesi di Mill si dimostrerebbe corretta nel suo estromettere gli animali dalla possibilità di godere di certi piaceri?

Come scrive Hauskeller, è chiaro come spesso gli animali abbiano una bad life. Questa condizione non dovrebbe però dipendere dal semplice fatto che siano animali e non esseri umani. Hauskeller, discutendo circa la qualità della vita animale, propone l’esperimento mentale dell’optimanimal. L’optimanimal gode di tutti i benefici che la vita di un animale di una specifica specie può avere. A questo punto, Hauskeller invita il lettore a esprimere un giudizio sul valore dell’esistenza di questo animale ideale. Nel caso in cui fosse ancora convinto che tale vita sia spiacevole e inferiore per qualità a quella umana, il supposto problema non risiederebbe tanto nella possibilità del male, quanto invece nella mancanza della possibilità del bene. Questa tentazione, che potremmo anche definire “milliana”, di potenziare gli animali sarebbe allora chiaramente dettata da motivazioni antropocentricamente orientate. Non vi sarebbe alcun obbligo morale di potenziare gli animali. La volontà di potenziamento sarebbe basata su premesse errate. L’errore consisterebbe nel percepire come inferiore ciò che in realtà è solamente diverso, giudicando in termini negativi l’esistenza animale poiché valutata secondo standard umani.

Se la proposta di potenziamento può essere rigettata estrinsecamente, poiché giustificata da considerazioni antropocentriche, può esserlo anche intrinsecamente, ossia partendo dalle medesime premesse? Si prendano in esame le tre maggiori teorie sul benessere attualmente al centro del dibattito: l’edonismo, la desire-satisfaction theory e la objective-goods list theory. Non mi soffermo sulla desire-satisfaction theory. Come scrive anche Hauskeller, “there does not seem to be any good reason to suppose that an animal is necessarily less able or even less likely to satisfy its animal desires than humans are to satisfy theirs”. Ugualmente, la vita di un essere umano non deve essere ritenuta più colma di piaceri rispetto a quella di un animale. E non si tratta unicamente dei cosiddetti piaceri superiori. Considerazioni antropocentriche e intellettualistiche investono anche i piaceri della carne. Ne La fisiologia del gusto, Brillat-Savarin scrive che “gli animali si pascono: l’uomo mangia: solo l’uomo intelligente sa mangiare”. Sembrerebbe allora che solo l’essere umano, in quanto intellettualmente superiore, sia in grado di trarre piacere mangiando. Tuttavia, numerose ricerche che dimostrano come anche gli animali preferiscano alcuni alimenti rispetto ad altri unicamente per il piacere che questi procurano. Uno studio condotto sugli scandenti ha riportato come questi animali, tanto in natura quanto in laboratorio, tra tutte le piante proposte preferiscano cibarsi del peperoncino Piper boehmeriaefolium. Jonathan Balcombe, in Pleasurable kingdom: animals and the nature of feeling good, fa riferimento al suo incontro con il famoso gorilla Koko. Interrogato da Balcombe a proposito del cibo, Koko risponde “Love lunch eat taste it meat”. Balcombe riflette allora su come il fatto “that a gorilla would express a liking for meat also presents an interesting insight into the potential flexibility and changeability of an animal’s individual tastes, and how exposure to unusual foods can lead to their being favored. In the wild, gorillas eat only plants and some insects. Humans aren’t the only ones who can ‘acquire a taste’ for something”.

Nemmeno il piacere sessuale risulta essere un’esclusiva umana. Inizialmente, si credeva che la specie umana fosse l’unica a praticare l’attività sessuale per scopi estranei alle finalità riproduttive. Diversi studi hanno invece dimostrato la non correttezza di questa convinzione. Balcombe pone ad esempio l’accento sull’esistenza del clitoride. Il clitoride non svolge alcuna finalità riproduttiva, ma permette di trarre piacere dall’atto sessuale. Secondo Balcombe, la presenza del clitoride anche nel mondo animale è evidenza di come vi sia la possibilità di esperienze di piacere sessuale. Balcombe prende in considerazione anche l’omosessualità. Se l’unico scopo dell’attività sessuale in natura fosse la generazione di una prole, l’omosessualità non avrebbe alcun senso di esistere. La masturbazione è un’altra abitudine diffusa nel regno animale. La masturbazione è riconosciuta come presente non solo in differenti specie di mammiferi, ma anche nei rettili. Un esempio è l’iguana e la sua masturbazione non-eiaculatoria. Episodi di autoerotismo, omosessualità o attività sessuali al di fuori della stagione degli accoppiamenti sono stati osservati in numerose specie diverse di volatili. Un simile comportamento non può essere allora frutto di confusione. Infine, Frans de Waal (Bonobo sex and society) racconta come tra i bonobo le pratiche di accoppiamento siano frequentissime. Tuttavia, gli esemplari partoriscono ogni cinque o sei anni. Di conseguenza, la maggior frequenza di attività sessuali rispetto alle nascite rivelerebbe come anche nei primati non-umani vi sia una chiara distinzione tra sesso e riproduzione.

Per quanto riguarda invece i piaceri superiori, la riflessione può essere connessa alla terza teoria sul benessere. Mill presenta tre distinti piaceri derivanti dall’esercizio delle facoltà superiori: i piaceri dei sentimenti e dell’immaginazione, delle opinioni morali e dell’intelletto. L’objective-goods list theory elenca una serie di beni oggettivi e imprescindibili per qualsiasi esistenza felice. I beni sono indipendenti da qualsiasi atteggiamento del soggetto nei loro confronti. Un piacere è tale perché un determinato soggetto ne trae godimento. Al contrario, i beni oggettivi sono tali indipendentemente dal giudizio soggettivo. Il legame con la discussione di Mill sui piaceri superiori riguarda i beni oggettivi presenti negli elenchi degli autori che si sono occupati di questa teoria. Derek Parfit propone la bontà morale, avere dei figli ed essere buoni genitori, l’attività razionale, lo sviluppo di abilità e la coscienza del bello. A questi si sono possono aggiungere l’amicizia e il senso di comunità, proposti da Mark Murphy o, nelle parole di John Finnis, la socialità. Si può allora notare la somiglianza con i piaceri superiori di Mill. Da un lato vi sono le facoltà dell’intelletto, dall’altro la razionalità. La sensibilità morale di Mill richiama la bontà morale di Parfit. Mentre il sentimento ben si applica a beni come l’amicizia e la socialità. Non rimane allora che verificare se la vita animale sia caratterizzata da questi beni oggettivi. O se l’animale sia in grado di godere dei piaceri superiori di Mill.

Le sofisticate strategie di caccia possono essere prova dell’esistenza di intelletto e razionalità in specie animali al di fuori dei primati, umani e non. Attraverso l’ausilio di micro-videocamere, è stato dimostrato come i corvi della Nuova Caledonia siano in grado di creare utensili per procacciarsi il cibo. Sono infatti capaci di utilizzare bastoncini di legno per estrarre le prede dagli alberi, arrivando perfino a piegare il pezzo di legno al fine di ottenere un uncino. Un altro esempio riguarda i coccodrilli. Il loro particolare colore rende più semplice la mimetizzazione nei corsi d’acqua. L’aggiunta di ramoscelli appoggiati sul dorso porta gli uccelli a credere che il coccodrillo sia solo il tronco di un albero. Inizialmente, i ricercatori hanno creduto di assistere a una mera coincidenza. In seguito, si sono accorti di come i rettili utilizzassero i rami come travestimento soprattutto durante la stagione della nidificazione, quando l’esigenza da parte degli uccelli di ramaglie era maggiore. Dimostravano così di essere consapevoli del comportamento degli uccelli e di essere in grado di agire di conseguenza.

Un esempio della sensibilità morale degli animali è la percezione di comportamenti empatici tra gli individui. Uno degli studi più interessanti è quello svolto da Russel Church sui ratti. I ratti erano stati posti in gabbie adiacenti ed erano stati istruiti sul fatto che avrebbero dovuto premere una leva interna alla gabbia per richiedere il cibo. Tuttavia, nel momento in cui avessero azionato la leva, la pavimentazione della gabbia adiacente sarebbe stata elettrificata, facendo prendere la scossa a un altro ratto. Church si era quindi accorto di come i topi, compreso il perverso meccanismo, avessero smesso di domandare da mangiare. Un’altra prova di moralità empatica, così come di socialità, è l’altruismo, espresso ad esempio attraverso la pratica del grooming. Mark Bekoff e Jennifer Pierce (Wild Justice: The Moral Lives of Animals) lo definiscono una forma di altruismo reciproco. Ogni animale svolge infatti il proprio ruolo dietro l’assicurazione che il compagno ricambierà il favore. L’intera pratica si fonda perciò sulla condivisione di norme di cooperazione che comportano punizioni per i trasgressori. Bekoff e Pierce sottolineano come un simile modello comportamentale implichi non solo un superficiale scambio di favori, ma anche la creazione di una profonda dimensione sociale, poiché “fa in modo che gli animali siano disposti a cooperare e a esibire comportamenti affiliativi, e quindi può incoraggiare la socialità”. Un altro modello di comunità, socialità e anche di amicizia è rappresentato dall’esperienza ludica. Il gioco svolge infatti un ruolo primario nello sviluppo di abilità sociali, nella formazione di legami e nell’apprendimento di regole. Proprio per il suo ruolo educativo, all’interno del momento ludico possono riproporsi schemi comportamentali attinenti ad altri momenti, dall’accoppiamento alla caccia.

L’ultimo dei beni oggettivi da considerare è il senso del bello, legato anche alle esperienze estetiche. Così come negli esseri umani, anche nelle altre specie il concetto di bello è alla base dell’accoppiamento. La percezione della bellezza è perciò fondamento evolutivo. Charles Darwin definisce il senso del bello nella sua forma più semplice come “la percezione di un particolare tipo di piacere provocato da determinati colori, forme e suoni”. La rana ibrida dei fossi attira la compagna gonfiando le guance, mentre il pavone maschio si esibisce mostrando i colori della sua coda. Anche la produzione di suoni può svolgere un ruolo centrale nell’accoppiamento. Un esempio sono i canti creati dal gibbone per attirare la compagna. I rituali di accoppiamento sono poi occasione per manifestazioni artistiche di tipo teatrale. L’uccello fucile del paradiso, nel corso del corteggiamento, dà origine a un balletto. I cavallucci marini, a ogni risveglio, si esibiscono in una strana e affascinante “danza nuziale” che ha lo scopo di saldare il legame tra i due amanti.

Il dibattito animalista ha visto nelle nuove tecnologie genetiche degli strumenti adeguati a promuovere il benessere animale. Alcuni autori ne sono stati così affascinati, al punto tale da essere tentati di impiegarle al fine di realizzare trasformazioni talmente radicali da risultare irreali. Quanto scritto finora non ha in alcun modo l’intento di bocciare in maniera definitiva un progetto di potenziamento animale. Sono numerose le questioni che necessitano di essere considerate, molte delle quali non accennate negli articoli menzionati. Tuttavia, le premesse su cui viene fondato il progetto appaiono inconsistenti. Si può discutere sul fatto che un potenziamento intellettivo possa essere utile a incrementare il benessere animale. Ma ciò non può essere dedotto da una considerazione dell’esistenza animale come qualitativamente inferiore rispetto a quella umana poiché non caratterizzata dall’esercizio di un intelletto superiore a quello animale. Abbiamo visto come molti animali siano in grado di rispettare addirittura i criteri imposti dalle tre teorie sul benessere menzionate. Qualcuno potrebbe obiettare che le capacità razionali e intellettuali discusse siano semplici e che la vita animale sia comunque priva di un ampio spettro di beni intellettuali a cui hanno accesso unicamente gli esseri umani. Tuttavia, la possibilità di leggere un libro è un estremismo da cui non può essere inferito l’obbligo morale di un programma di potenziamento genetico così profondo e complesso.

Mettendo da parte l’idea di optimanimal, la vita animale è sicuramente migliorabile sotto diversi aspetti. Allo stesso tempo, l’editing genomico potrebbe davvero rappresentare l’artefatto utile alla realizzazione di un futuro paradiso ingegneristico. Tuttavia, in entrambi i casi, gli esseri umani devono cercare di superare una comprensione del mondo ancora prettamente antropocentrica. Nel primo caso, riformulando il proprio rapporto con gli animali. Al di là di esperienze quali la malattia e la predazione, l’attività umana è senz’altro tra le maggiori cause di una pessima qualità della vita animale. Nel secondo, si tratta di essere in grado di separare tra ciò che può essere concepito come un beneficio dell’ingegneria genetica per gli esseri umani e ciò che può costituire invece un beneficio per gli animali. E se, decostruendo e ricostruendo la relazione umano-animale, per non cadere nella tentazione antropocentrica, fosse necessario superare le stesse categorie di benessere e sofferenza?

ENDOXA - BIMESTRALE FILOSOFIA

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