CI SON CASCATO DI NUOVO
MICHELANGELO DE BONIS
Capitolo 1
L’inizio
Piano. Respira. Piano.
Lentamente. Inspira. Espira.
Apri gli occhi. Forza, aprili, aprili…
Cazzo è tutto buio! Sono dal lato sbagliato! Cazzo, cazzo! Mi fanno male a tenerli di nuovo chiusi…
Per muovermi nel lato giusto come devo fare? Cosa mi diceva il colonello John? “Sherlock, ti capiterà di volerti muovere, prendere una posizione diversa da quella in cui ti troverai. Non devi fare niente di particolare, muovi lentamente il braccio come se fossi nel mare e vedrai che la spinta in assenza di gravità ti farà spostare. Non devi essere rude, sii dolce perché gli spostamenti saranno più repentini di quello che pensi”.
“Sherlock” ma come gli è venuto in mente di soprannominarmi così. Non posso crederci che il mondo intero mi avrebbe individuato come Sherlock Holmes. Ma è stata un’altra pensata di John: “Non possiamo chiamarti con il tuo vero nome, non sarebbe sicuro verso la tua famiglia, dobbiamo trovare un nome che ti identifichi in modo univoco, che colga gli aspetti del tuo carattere e della tua personalità, senza dare nessun riferimento sulla tua vera identità. Io ho già un’idea.” Che sorriso di merda mentre mi dice che ha già il mio nuovo nome. “Mi è venuto in mente la prima volta che ci siamo visti, ti ricordi Sherlock? Quando ci siamo presentati a casa tua nel pieno della notte per non essere visti?”
Ride. Ancora.
Cazzo ridi.
“Pensavamo di trovarti a dormire. Invece ci sei venuto ad aprire con gli occhi sgranati. Con la pipa in bocca e un libro tra le mani. Pipa e libro! Capisci? Cioè la sorpresa non è stata la tua ma la nostra! Non vedevo un libro, un libro di carta intendo, da quando mi hanno portato durante le Scuole dell’Accesso al museo di Storia del Modernismo. E tu avevi un libro in mano, con un segnalibro di carta, chiaramente lo stavi leggendo. Oh Sherlock, la sorpresa è stata la nostra di trovare uno che sappia leggere i libri di carta e per di più fuma la pipa! Ci siamo guardati con gli altri, avevamo tutti la stessa espressione di sorpresa! In quel momento, subito dopo essermi ripreso, mi è venuto in mente che somigliavi a quel mito che vidi nel museo quando ero piccolo. Il mito di Sherlock Holmes. Decisi che se mai avessimo continuato in questa operazione tu saresti stato l’incarnazione del mito di Sherlock Holmes.”
Adesso Sherlock mi sono spostato leggermente, sforzati di aprire gli occhi, vediamo se mi trovo nella posizione giusta. Ecco. Aperti. Che bella la Terra. Da qui nello spazio è… stupefacente. Non è come quelle, seppur accurate, proiezioni di ologrammi. Una grande palla blu immersa nel buio dello spazio. Mi vengono in mente le parole di quello scienziato dell’era degli inizi, quando l’umanità faceva i primi passi fuori dalla Terra e iniziava ad esplorare fuori di sé. Come si chiamava? Sagan? Forse. Ha scritto qualcosa riguardante la Terra. Pale Blue Dot.
Guardate ancora quel puntino. È qui. È casa. È noi.
Doveva essere molto di impatto in quel periodo.
Nella nostra oscurità, in tutta questa vastità, non c’è alcuna indicazione che possa giungere aiuto da qualche altra parte per salvarci da noi stessi.
La Terra è l’unico mondo conosciuto che possa ospitare la vita. Non c’è altro posto, per lo meno nel futuro prossimo, dove la nostra specie possa migrare.
Ma quanto si sbagliava. Era pensiero comune di quel tempo di essere soli nell’Universo.
Solo che oggi un aiuto ci viene offerto. E il genere umano manda Sherlock nello spazio come ponte tra la Terra e… non si sa chi.
Ma come cazzo ho fatto a farmi mettere in questo guaio. Quella sera avrei dovuto chiudere la porta e lasciare fuori John e gli altri. Invece no, la mia solita curiosità: “sentiamo cosa hanno da raccontarmi”.
Ma quello che mi dissero non era per nulla piacevole. Ricordo che feci spegnere la pipa per il tempo in cui rimasi a bocca aperta.
Mi fecero vedere un foglio di carta, vi rendete conto di carta, scritto da me, con la mia firma, il mio vero nome.
Presi tra le mani la copia olografica dello scritto, analizzai la scrittura. Era la mia. Misi l’ologramma di traverso, si vedeva che era scritta con la penna stilografica. Ma come era possibile? Nessuno ormai da decenni scrive più su carta e tanto più con la penna stilografica. Ma la penna, la scrittura, la calligrafia. Tutto combaciava l’avevo scritta io.
C’era un solo ma.
Io non avevo mai scritto nulla di tutto ciò. Come erano venuti in possesso di un mio scritto che io non avevo mai scritto? E poi perché alcune parti del testo erano oscurate? Cosa c’era scritto da non permettermi di leggerle? Insomma non mi piaceva affatto dove la mia curiosità mi aveva portato, adesso ero pieno di domande a cui pretendevo una risposta ma contemporaneamente ero spaventato e volevo solo scappare via, anzi, volevo che questi ospiti inattesi sparissero via dalla mia vista. Mi ricordo che chiusi gli occhi e li tenni chiusi per molto nel silenzio di tutti.
Sentii una voce, che ruppe il silenzio, come al solito John si fece coraggio e mi disse, con tono gentile:
“Piano. Respira. Piano.
Lentamente. Inspira. Espira.
Apri gli occhi. Forza, aprili, aprili…”
Riaprii gli occhi. Vidi il volto di John. Vidi il suo sorriso. E ricordo pensai: che sorriso di merda, cazzo ridi. Richiusi gli occhi, non perché ne avessi necessità ma solo come forma di protesta, per non cedere agli inviti di persone sconosciute, per dimostrare di essere libero e indipendente. Questa volta nessuno ruppe il silenzio ed io li riaprii di mia iniziativa così mi ritrovai a fissare i miei ospiti ad uno ad uno. Adesso potevo osservali in modo più distaccato, potevo fare delle deduzioni su chi fossero, dal loro abbigliamento, dalla loro postura e da certi loghi che si intravedevano nascoste sotto alcuni indumenti, ma non ben celati. Li osservai. E quello che dedussi non mi piacque proprio. Che cazzo ci faceva la NASA a casa mia?
Capitolo 2
Sofia e Caos
È bellissimo restare qui da solo ad osservare la Terra da questa distanza, da solo. Non ho paura di essere solo, distante da tutti gli altri. In fondo credo di essermi sempre sentito solo durante la mia vita all’interno di questa epoca. Mi riconosco molto più nei libri che leggo, credo di vivere nell’epoca sbagliata. Capisco perché il colonnello John si meravigliò di vedermi con un libro cartaceo in mano. La carta non è più usata nella nostra epoca. È fuori moda. Ma non è solo per una questione ecologica. Credo sia una di quelle cose accadute per inerzia. La nostra epoca è figlia di quel periodo storico che chiamiamo SOFIA. Il tizio che ha coniato questo acronimo per individuare questa epoca del genere umano chissà se sapeva che la parola sofia ha origine da una lingua scomparsa chiamata greco, in questa lingua la parola significa sapienza. Che amara ironia della sorte chiamare così una società che di sapiente non ha granché… hanno demandato le proprie scelte ad un algoritmo, che si preoccupava di fare le scelte che gli esseri umani non riuscivano più a fare. Fatica decisionale. Così chiamavano la malattia che avevo colpito tutta la società dell’epoca. Costava troppa fatica prendere le decisioni, si rimandavano sempre. Fino a quando qualcuno ha avuto l’idea di aiutare l’uomo nella propria fatica decisionale, realizzando una intelligenza artificiale che prendesse le decisioni al posto dell’essere umano. Nasce così la Società per l’Origine delle Funzioni dell’Intelligenza Artificiale, SOFIA appunto. Una delle decisioni che prese l’Intelligenza Artificiale su quello di non utilizzare più la carta, così i libri sono tutti stati dematerializzati e io sono fuori posto perché sono un appassionato di pezzi archeologici.
Ricordo bene la chiacchierata con il colonnello John su questo punto: “Sherlock, devi capire che tu per noi sei una anomalia.
Non tanto per via del tuo scritto che abbiamo ricevuto, ma per la tua stessa esistenza in questo periodo storico. Io ricordo che negli studi nelle Scuole Core, ci hanno fatto innamorare di un periodo storico in cui gli uomini erano così assopiti e impigriti che l’intera società era a rischio, c’era la necessità di uno shock per ritornare ad essere protagonisti. Ma questo shock non arriva, tardava e nel frattempo l’essere umano si affidava sempre più coscientemente alle macchine e alle loro intelligenze.
C’era un gruppo di uomini che ha provato ad invertire la rotta, erano dei idealisti: filosofi, ingegneri, matematici, sociologi, economisti che cercava di conciliare il progresso con dei punti fondamentali di valori ed etica. Si facevano chiamare CAOS, Comunità Antropologica di Origine Sociale, in contrapposizione a SOFIA, nella radice del loro nome c’era tutto il vagito di una nuova vita, un essere aperti, spalancati, ad accogliere il vuoto. Ma non ebbero successo, per quella società era troppo oneroso anche riuscire a capire cosa stessero dicendo.
Uno dei principi cardini su cui si basava il manifesto del CAOS era avere un approccio duale tra tecnologia e realtà, tra digitale e analogico. Nessuna rinuncia ma un’accettazione diversa, più consapevole. Loro sostenevano che gli esseri umani avrebbero avuto dei vantaggi a leggere i libri in formato cartaceo (anche se si fosse fabbricata la carta in un altro materiale). Ci sarebbe stato un vantaggio nel mettere un maglione di lana prodotta dalle pecore, nello scrivere con la penna per rendere visivo il pensiero mentre lo si scrive, oppure nel fumare del tabacco vero per trovare un punto di contatto con la natura.
Puoi immaginare cosa mi è passato nella mia mente quando ti ho conosciuto? Sei l’incarnazione moderna del CAOS. Una singolarità un fuori posto evidente.”
In effetti John aveva colto il punto di nuovo. Esattamente preciso. E mi guardava con il suo solito sorriso mentre io ero fermo a riflettere. Ricordo distintamente la prima cosa che pensai in risposta al suo sorriso.
Cazzo ridi.
Ma questa era la verità la società figlia di SOFIA è diventata estranea a sé stessa. Diventando un mondo che osserva esternamente il resto di sé, senza la percezione di essere l’una e l’altra contemporaneamente. E mentre continuavo a riflettere su quanto detto dal colonnello John e le implicazioni per il nostro mondo, fissavo il suo volto. Il suo sorriso.
Cazzo ridi.
Capito 3
La Rivelazione
Piano. Respira. Piano.
Lentamente. Inspira. Espira.
Apri gli occhi. Forza, aprili, aprili…
Bene, la Terra è ancora lì. Quel piccolo puntino blu immerso nell’oscurità. Ogni volta che lo vedo, sento una strana sensazione di nostalgia e di appartenenza. È incredibile come qualcosa di così piccolo possa contenere tutto ciò che conosciamo, tutto ciò che amiamo.
Mentre fluttuo nel vuoto, ripenso a tutte le decisioni che mi hanno portato qui. Tutto è iniziato quella notte quando John è venuto a casa mia. L’incontro con la NASA, la scoperta del misterioso manoscritto scritto con la mia calligrafia. Non posso fare a meno di chiedermi come sia possibile. Nessuno scrive più su carta, figuriamoci con una penna stilografica. Eppure, lì c’era, un documento che sembrava predire il mio futuro, il mio destino.
Non c’è tempo per i dubbi adesso. Ho una missione da compiere. Devo stabilire il primo contatto con… chiunque essi siano. I segnali che abbiamo ricevuto dallo spazio sono chiari: non siamo soli. Ma chi sono questi esseri? E cosa vogliono da noi?
Mi muovo lentamente, ricordando le parole del colonnello John. “Non devi essere rude, sii dolce perché gli spostamenti saranno più repentini di quello che pensi.” Ogni movimento deve essere calcolato, ogni azione ponderata. Non posso permettermi errori.
Finalmente, dopo quello che sembra un’eternità, il momento è arrivato. I sensori rilevano un’astronave aliena in avvicinamento. Il cuore mi batte forte nel petto mentre preparo il modulo di comunicazione. “Sherlock,” mi dico, “questa è la tua occasione. Non puoi fallire.”
L’astronave aliena si avvicina lentamente, quasi con cautela. Dalla finestra della cabina vedo una struttura che sembra pulsare di luce propria. Non è come nulla che abbia mai visto prima. È… bellissima. E terribilmente inquietante.
Preparo il messaggio di saluto, le mani che tremano leggermente. “Qui Sherlock, rappresentante della Terra. Vengo in pace.” Il messaggio è semplice, diretto. Non c’è spazio per l’equivoco. La risposta arriva immediatamente, un suono melodico che sembra risuonare direttamente nella mia mente. Non riesco a capire le parole, ma il tono è rassicurante.
Improvvisamente, un fascio di luce avvolge la cabina. Sento una strana sensazione di levitazione, come se fossi trasportato in un’altra dimensione. Quando la luce si dissipa, mi trovo in una stanza completamente diversa. Le pareti sono fatte di un materiale che non riesco a identificare, e davanti a me ci sono tre figure. Sembrano umani, ma c’è qualcosa di diverso in loro. I loro occhi brillano di una luce innaturale, e i loro movimenti sono fluidi, quasi eterei.
Uno di loro si avvicina e mi parla con una voce che risuona nella mia mente. “Benvenuto, Sherlock. Siamo gli Arconti, guardiani delle stelle. Abbiamo osservato la tua specie per millenni, e ora è giunto il momento del contatto. La tua curiosità e il tuo coraggio ti hanno portato qui, e per questo ti onoriamo.”
Cerco di mantenere la calma, ma le domande si affollano nella mia mente. Chi sono veramente questi Arconti? E cosa vogliono da noi? Prima che possa formulare una risposta, l’Arconte continua. “Abbiamo visto il vostro progresso e le vostre lotte. Siamo qui per offrirvi conoscenza e guida. Ma la decisione finale spetta a voi. Siete pronti a unirvi a noi nel grande viaggio tra le stelle, o preferite restare nella vostra casa blu?”
Le parole riecheggiano nella mia mente mentre cerco di capire il loro significato. Questo è un momento storico, un punto di svolta per l’umanità. Ma siamo davvero pronti? Posso solo sperare di fare la scelta giusta.
Con un respiro profondo, rispondo. “Accettiamo la vostra offerta. Siamo pronti a imparare, a crescere, a esplorare l’universo con voi.”
L’Arconte sorride, un sorriso che trasmette calore e speranza. “Allora il viaggio inizia ora, Sherlock. Preparati a vedere ciò che nessun umano ha mai visto prima.”
E con quelle parole, la luce torna a circondarmi, trasportandomi verso un nuovo destino, un futuro incerto ma pieno di promesse. La Terra è lontana, ma non è mai stata così vicina nel mio cuore.
Mentre la luce mi avvolge, sento una calma surreale invadere il mio corpo. Mi sembra di attraversare un tunnel di stelle, di essere trasportato in un luogo oltre la nostra comprensione umana. Le stelle brillano intorno a me come milioni di occhi curiosi, osservando ogni mio movimento.
Quando la luce finalmente si dissipa, mi trovo in una vasta sala con pareti trasparenti che mostrano l’immensità dello spazio. L’astronave degli Arconti è un capolavoro di ingegneria, unendo tecnologia e arte in una sinfonia visiva. Non riesco a trattenere un senso di meraviglia mentre esploro la sala, osservando gli strumenti e i pannelli di controllo che emettono una debole luminescenza.
Gli Arconti mi conducono in un’altra stanza, dove una grande tavola rotonda fluttua al centro. Al di sopra, un ologramma della nostra galassia ruota lentamente, mostrando ogni dettaglio con una precisione sorprendente. Uno degli Arconti si avvicina e inizia a parlare.
“Qui potrai vedere il nostro viaggio, Sherlock. Questi sono i mondi che abbiamo visitato, le civiltà che abbiamo incontrato. Abbiamo molto da condividere con voi, ma dobbiamo procedere con cautela. Ogni passo deve essere ponderato, ogni decisione presa con saggezza.”
Mi siedo alla tavola, osservando l’ologramma che si trasforma per mostrare pianeti lontani, creature aliene e tecnologie avanzate. Ogni immagine è una finestra su un nuovo mondo, un nuovo capitolo nella storia dell’universo. Gli Arconti mi spiegano che la loro missione è di esplorare, imparare e proteggere. Sono i custodi della conoscenza, i guardiani della pace.
Passano giorni, forse settimane, mentre imparo dai miei nuovi mentori. Ogni lezione è un passo avanti nella comprensione dell’universo e del nostro posto in esso. Mi insegnano a navigare attraverso le stelle, a comunicare con specie diverse e a utilizzare tecnologie che la Terra può solo sognare.
Un giorno, mentre sto studiando una mappa stellare, un Arconte si avvicina. “È il momento, Sherlock. Devi tornare sulla Terra e condividere ciò che hai imparato. Il tuo mondo è pronto per il cambiamento, ma ha bisogno di una guida. Perché voi esseri umani valete di più delle vostre tecnologie, siete unici nell’universo e come tali dovete essere voi a decidere del vostro futuro e non le vostre macchine. Hai la conoscenza di ciò che è successo nei mondi di altre galassie, sai cosa succede se si perseguitano certi ideali. Hai letto di quell’autore storico del tuo mondo Butler:
“Tuttavia, giorno dopo giorno le macchine stanno guadagnando terreno su di noi; giorno dopo giorno stiamo diventando sempre più asserviti nei loro confronti; un maggior numero di uomini vengono quotidianamente legati come schiavi per badare ad esse, dedicano quotidianamente le energie della loro intera vita allo sviluppo della vita meccanica. Il risultato è semplicemente questione di tempo, ma il fatto che verrà il momento in cui le macchine avranno la vera supremazia sul mondo e sui suoi abitanti è qualcosa che nessuna persona di pensiero veramente filosofico può mettere per un attimo in discussione.
La nostra opinione è che si debba da subito dichiarar loro una guerra mortale. Tutte le macchine di ogni tipo devono essere distrutte da chi sostiene la propria specie.”
Tu hai la possibilità di dire alla tua specie, al tuo mondo, che c’è la possibilità di continuare ad essere umani con l’aiuto della tecnologia. Non bisogna aver timore, ma c’è bisogno di essere consapevoli, la tecnologia e il suo uso spregiudicato può cambiare l’intera società umana. Ad un certo punto della Storia qualcuno inizierà a mettere sulla bilancia i vantaggi e gli svantaggi e potrebbe decidere che i contro sono maggiori dei pro. L’hai visto tu stesso è già successo in altri mondi e altri tempi. Qualcuno potrebbe inneggiare ad un Jihad Butleriano e decidere di eleminare totalmente la tecnologia evoluta dal vostro mondo. Per questo ci siamo mostrati a voi in questo momento storico, dopo aver visto che avete vissuto quello che chiamate il CAOS e SOFIA. Per questo abbiamo scelto te, Sherlock, una singolarità in questo periodo, una cerniera tra il passato, il presente e il futuro che oggi potete costruirvi come specie umana. Adesso vai. Ricorda c’è ancora speranza, ma bisogna impegnarsi da adesso, tutti insieme.”
Sento un misto di eccitazione e apprensione. Tornare sulla Terra significa affrontare le sfide del mio mondo, ma anche portare con me la speranza di un futuro migliore. Gli Arconti mi accompagnano alla sala di teletrasporto, una tecnologia che posso a malapena comprendere. Mi assicurano che sarà un viaggio rapido e sicuro.
Con un ultimo saluto, mi posiziono sulla piattaforma. La luce mi avvolge di nuovo e in un istante mi ritrovo sulla Terra, nel cuore di una base segreta della NASA. Gli scienziati e gli ufficiali mi accolgono con occhi sgranati, incapaci di nascondere la sorpresa e la curiosità. John è lì, con il suo solito sorriso enigmatico.
“Ben tornato, Sherlock. Ti abbiamo appena sentito mandare il messaggio di pace. Secondo me abbiamo molto di cui parlare.”
Racconto loro tutto: gli Arconti, le loro conoscenze, le tecnologie avanzate, il loro avvertimento su cambiare rotta sull’uso estremo del digitale, dell’intelligenza artificiale, sul valore dell’uomo rispetto alle tecnologie. Ogni parola è accolta con un misto di incredulità e speranza. Capisco che il mio compito è appena iniziato. La vera sfida sarà portare l’umanità verso un nuovo capitolo, un’era di esplorazione e cooperazione.
Mentre esco dalla base guardo il cielo notturno. Le stelle brillano come fari di speranza, e so che non siamo soli. Gli Arconti ci osservano, pronti a guidarci nel nostro viaggio, sulla nostra astronave blu, tra le stelle. E io, Sherlock, sono pronto ad essere una di quelle stelle per l’umanità verso un futuro più luminoso.
Dietro me c’è John che mi osserva mentre guardo le stelle e anche non vedendolo direttamente, ho un déjà-vu, so esattamente cosa sta facendo.
Cazzo ridi.
ENDOXA - BIMESTRALE LETTERATURA DÉJÀ VU Endoxa luglio 2024 Michelangelo De Bonis
