QUALE EUROPA? LA SOVRANITÀ EUROPEA TRA DÉJÀ VU E NUOVE PROSPETTIVEPOLITICHE: IN MEMORIA DI DAVID SASSOLI
NICOLÒ PITARO
È indubbio che, numeri alla mano, il 2024 dev’essere considerato the biggest election year in history, come ha titolato il settimanale britannico Economist. Più di 4 miliardi di persone, cioè oltre la metà della popolazione mondiale, sono chiamate ad esercitare il diritto di voto. Un momento utile per fare il punto su quella che, da qualche tempo a questa parte, definiamo in senso lato “crisi della democrazia” e cioè della riduzione dello spazio democratico degli stati democratici nello scenario di una globalizzazione non governata. Ancora una volta l’attenzione, dal mio punto di vista, volge lo sguardo alle elezioni europee appena trascorse ed al risultato che queste ci consegnano. Molto lunga sarebbe la storia da ripercorrere per provare a tracciare la traiettoria di una nuova e possibile via europea delle democrazie che cercherò qui di condensare vagamente nei suoi tratti essenziali e nelle questioni cruciali. Per farlo la memoria mi riporta al mio incontro con David Sassoli nel maggio 2019 ad Amelia (Umbria), in occasione di un incontro pubblico per le elezioni europee che si sarebbero tenute di lì a qualche giorno. La lettura del libro La saggezza e l’audacia. Discorsi per l’Italia e per l’Europa (a cura di Claudio Sardo, Feltrinelli 2023) mi riporta proprio a quell’incontro nel quale parlammo a lungo di storia, integrazione, riforme e prospettive europee. In quella chiacchierata e in questi discorsi c’è forse già tutto ciò che ancora oggi dovremmo tenere presente per il futuro dell’Unione nel complesso scenario della trasformazione tecnica e del disordine globale segnato dai conflitti. Ed è forse proprio da questa parola “Unione” e dal concetto di unità che ad essa sottende che dovremmo ripartire. L’Europa all’interno delle diverse culture si è sempre sviluppata una tendenza all’unità che le è consustanziale: nell’era cristiana attraverso l’Impero Romano che ne costituì la forma fino ad arrivare al “foedus” europeo, al progetto di unione federativa che nasce dopo il dramma della Seconda Guerra Mondiale (troppi sarebbero i passaggi della storia da ripercorrere in questo articolo), una “unità molteplice” in cui ogni stato nazione mantiene la sua distinzione ma all’interno di una sovranità europea. Su questo modello culturale doveva costituirsi e articolarsi una unità politica. La sovranità europea è perciò la grande idea che deriva in eredità da questa storia. Dopo la sconfitta le potenze europee cercarono un nuovo fine sul quale costruire una nuova idea di Europa, la definizione di una nuova idea di Europa in grado di costruire concretamente questa sovranità senza distruggere quella dei singoli stati ma al contrario per difenderla. Qui c’è oggi la grande mistificazione del sovranismo. L’idea cioè che la realizzazione di questa unità politica significhi distruggere la sovranità dei singoli stati. Al contrario, realizzare questa sovranità è oggi l’unico modo per gli stati europei per giocare un ruolo nello scenario globale. L’idea di una sovranità europea sovranazionale si è sviluppata attraverso la prassi politica delle due grandi culture politiche che ne sono alla base e dei grandi corpi intermedi che le hanno intrepretate nella loro funzione storica: La cultura cristiano-cattolica-popolare e la cultura liberale e socialdemocratica. La prima, quella di Adenhauer, Schumann, De Gasperi, quella dell’Europa dei popoli solidali, della sussidiarietà, dell’amicizia in cui l’individuo e pensato in rapporto all’altro. La seconda, quella di carattere keynesiano dal detto “la proprietà obbliga”, non è un “maledetto diritto” ma “chi ha deve”. Tra queste due culture si realizza un vero compromesso storico che apre ai cosiddetti “Trenta Gloriosi”, ovvero a quel periodo storico cha va dal dopoguerra alla metà degli anni settanta, in cui in Europa si registra un costante aumento della ricchezza accompagnata da una grande mobilità sociale, dalla riduzione delle disuguaglianze dalla crescita del benessere sociale sostenuta da un poderoso sistema di welfare state. Queste grandi culture politiche si fondavano tutte su una solida base sociale: il movimento operaio, i corpi intermedi, i sindacati da un lato e la borghesia colta che investiva nel lavoro e nella società dall’altro. La grande differenza rispetto al passato è che queste componenti sociali oggi non esistono più, e la missione più grande di queste culture è rinsaldare in modo originale una alleanza politica tra coloro che comprendono la necessità di una riforma complessiva dell’architettura europea, a partire dalla riforma radicale delle istituzioni europee e costruire attorno a questo progetto un nuovo blocco sociale che possa esserne a fondamento. La debolezza delle politiche europee emerge oramai in molti settori; in quello economico, sociale e nella politica estera. Tale debolezza dimostra l’assenza di questa sovranità europea, il cui unico formidabile risultato non è altro che la ricerca e il ritorno alla nostalgia delle volontà statuali. Non dare una prospettiva concreta a questa sovranità europea vorrà dire aprire sempre di più la strada al sovranismo come volontà di disgregazione del progetto europeo. Nel mondo contemporaneo senza una dimensione economico politica come quella europea; politiche di sviluppo sociale, politiche di protezione, politiche per l’occupazione, per la formazione ecc. sono semplicemente impensabili. Così come sarebbe impensabile affrontare i grandi temi della migrazione, della transizione digitale ed ecologica, fenomeni che assumono tutti una portata globale, e costituire un contraltare alle forze del capitalismo finanziario ed alle potenze del “capitalismo politico”. Quando si dice di tornare tutti al tepore del focolare domestico perché è lì che si decide tutto al sicuro da tutto, si dice una bestialità assurda poiché oggi, a differenza di un secolo fa, i singoli stati europei sono in netta inversione di marcia dal punto di vista demografico ed economico (di grande interesse il volume del centro studi Forum Disuguaglianze e Diversità dal titolo Quale Europa. Capire, discutere, scegliere, Donzelli, 2024, la cui lettura vorrei segnalare). L’unità monetaria è oggi insufficiente e deve essere necessariamente inquadrata all’interno di una prospettiva di politiche sociali e fiscali si si muovano nella direzione e nella logica del “dividendo sociale”, che significa che la ricchezza che produciamo è quella prodotta anche dal cervello sociale, da dividere socialmente, alla quale tutte e tutti devono partecipare. Significa che ad esempio a fronte del minor impiego intellettuale e manuale determinato dal cambiamento tecnologico e produttivo, la politica europea deve garantire tutta una serie di servizi che non potranno essere svolta dall’automazione: scuola, sanità, formazione. Questa può essere la forza dell’idea politica europea nel mondo contemporaneo, contro ogni egoismo di carattere nazionale e contro ogni approccio di politica neoliberista. Se si comprende tutto ciò allora non è difficile capire come il discorso della sovranità europea sia intrinsecamente legato alla sorte della democrazia che erroneamente si credevano essere progressive. La democrazia poggia sulle sue basi materiali e può funzionare nel momento in cui riesce a realizzare redistribuzione, mobilità sociale, aumento dei redditi più bassi, servizi sociali welfare state. La democrazia funziona se cioè realizza sé stessa. Molti sarebbero i temi da affrontare in questo lungo ragionamento, gli stessi che affrontammo quel pomeriggio con David che promise di ritornare per proseguire la nostra discussione. Di lì a qualche settimana venne poi eletto Presidente del Parlamento Europeo fino ad arrivare a quel tragico 11 gennaio 2022. Non ci siamo più visti ma rileggo spesso i suoi discorsi e quando rifletto sulle questioni che riguardano il futuro dell’Europa lo faccio sempre a partire dai suoi discorsi e da quella bella passione del sentimento europeo che ci accomunava.
ENDOXA - BIMESTRALE POLITICA DÉJÀ VU Endoxa luglio 2024 NICOLÒ PITARO
