EDITORIALE:OCCIDENTE LACERATO E SANGUINANTE
TOMMASO GAZZOLO
Si è scelto di dedicare il primo numero dell’anno della rivista a interventi e contributi che muovessero dagli enigmi, dalle trame, dagli interrogativi suggeriti dalle vicende de Il Trono di Spade, adattamento televisivo del ciclo di romanzi Le cronache del ghiaccio e del fuoco di George M.M. Martin.
Le ragioni sono diverse. Non ultima, certamente, il successo che la serie TV ha riscontrato anche presso studiosi di varie discipline e tradizioni, i quali hanno sottolineato come la reinterpretazione, da parte di Martin, del genere del fantasy epico, sia andata definendosi come una riflessione di estremo realismo sul potere, le sue logiche, la sua etica. Il volume curato da Henry Jacoby, Games of Thrones and Philosophy, tradotto anche in italiano per Ponte alle Grazie, costituisce un buon esempio dell’accoglienza ricevuta dalla serie. Si potrebbero citare altri saggi, altri testi che hanno fatto la comparsa in questi ultimi anni, dedicati al “gioco dei troni”. Non è del resto questa la sede per soffermarsi sulla definizione, lo statuto teorico e le condizioni di una pop philosophy. Certo è che, più che rintracciare delle “narrazioni filosofiche” ne Il Trono di Spade, il compito non può qui che essere quello di trasformare, attraverso una lettura creativa, la sua narrazione in concetto – o, se riferito alla trasposizione per la TV, il racconto per immagini in interrogazione per concetti. Ciò, quanto, per così dire, al “metodo”.
Quel che interessa, però, sono soprattutto i temi, i problemi, che la saga è in grado di rilanciare, in modo nuovo. Mi limito a un esempio, che può chiarire il punto. C’è tutta una trasformazione, un divenire, un apprendistato, si direbbe, che Arya, la bambina di nove anni, intraprende attraverso i maestri di Bravoos: ella imparerà la “danza dell’acqua”, una danza in cui, attraverso le arti marziali, una disciplina del corpo, si tratta anzitutto di cessare d’essere una persona, di crearsi una invisibilità, di divenire un “uomo senza volto”. Questo è l’apprendistato di Arya: una pratica del corpo, un esercizio spirituale, in cui – è questo che Martin, qui, inventa – ella impara un’etica, un’estetica dell’esistenza fatta – come Henry Jacoby ha osservato – di una strana miscela di “virtù morali” e “sensibilità zen”.
Fin qui, ciò che vediamo. Il passo da fare, allora, è quello di chiedersi: quale concetto deve essere coniato, inventato, per poter corrispondere a quel che la serie rende visibile, ossia un certo rapporto tra ciò che per noi è sempre senza rapporto, come il pugnalare a sangue freddo un uomo e il comportarsi in modo “virtuoso”? Quale concetto sarà in grado di pensare un’etica, come quella di Arya, in cui si realizza una strana sintesi tra il divenire un assassino senza volto e al contempo accedere ad una vita “autentica”? Se si segue Badiou, si può dire che certamente, qui, si produce propriamente un interrogativo filosofico, nel senso che, attraverso le immagini, ci viene proposta una “sintesi” nuova, un rapporto tra ciò che non è in rapporto, che sul piano concettuale non siamo ancora in grado di pensare. Il cinema trasforma la filosofia, cioè, proprio perché e quando esso inventa nuove sintesi, ossia modi di costruire relazioni tra termini che non sono intrattengono alcuna relazione. L’invenzione dell’apprendistato di Arya fa esattamente questo: ci costringe a pensare – ma come? – l’essere in relazione tra il divenire un assassino senza volto e l’acquisire la virtù.
La saga del “gioco dei troni”, da questo punto di vista, non cessa di inventare nuove sintesi – e in fondo tutti i suoi personaggi sono costruiti in questo modo, come personaggi che esprimono la relazione di ciò che non è in relazione. Lord Stark, Tyrion Lannister, Cersei, Jon Snow, “personaggi concettuali”, per dirla con Deleuze: sarebbe interessante, certamente, ricostruire per ciascuno la “sintesi” che esso propone, come specifica situazione filosofica, come rapporto di termini che non sono in rapporto. Non è il compito che un editoriale può, ovviamente, proporsi di svolgere. È possibile, però, evidenziare la stretta corrispondenza che esiste tra queste creazioni di personaggi e la politica de Il Trono di Spade. L’invenzione di sintesi, infatti, rimanda costantemente ad un problema particolare, che è la crisi del regno. L’Occidente è lacerato e sanguinante: sono parole che pronuncia Tyrion Lannister nel quinto libro della saga. Westeros is torn and bleeding. C’è una specie di eco schmittiana: il “regno” – il nostro Occidente – è lacerato, anzitutto perché i concetti attraverso cui lo avevamo pensato, costruito, regolato, non rispondono più alle funzioni che un tempo assolvevano, sono divenuti vuoti, privi di “presa” sulla realtà. Così nella serie: la storia del trono forgiato dalle mille lame dei nemici, dalla fedeltà delle casate, è una menzogna, niente di più che un racconto – così Varys e Baelish dovranno riconoscere.
Non è un caso, allora, se i contributi che ospitiamo tornano costantemente sul problema del potere, sui modi della sua interrogazione – ed il Trono di Spade, per molti versi, è anche un meccanismo che procede mediante la trasformazione continua di una rappresentazione epica del potere, del “gioco” dei troni, in un’etica di esso, come si è accennato. Come se il racconto del potere (che è genitivo sempre soggettivo-oggettivo) ormai non possa produrre altro che un’interrogazione infinita sul potere stesso. Il “gioco” dei troni è anche, da questo punto di vista, un tentativo di rispondere a questa interrogazione, con le sue tante, quasi infinite “sintesi” (tante quante i suoi personaggi), che sono altrettante “situazioni filosofiche”. È tra questi personaggi-concettuali che ci si muove, in cerca di una via: dalla ragione cinica discussa da Varys e Baelish (“so che non è vero, eppure lo faccio”) alla saggezza onnisciente ma priva di volontà di Bran, dal recupero impossibile di codici di fedeltà tradizionali ad una passione-pulsione di distruzione pura. Con un interrogativo finale, che forse va lasciato senza risposta: che cosa accadrà ora che il trono è stato distrutto?
ENDOXA - BIMESTRALE FILOSOFIA SERIE TELEVISIVE Endoxa gennaio 2025 tommaso gazzolo Trono di Spade
