IL GIOCO DEI SIGNIFICANTI E L’OGGETTO-TRONO

GIUSEPPE VIVIANO

Molto è stato scritto riguardo al modo in cui la letteratura riesce a fare luce, a esemplificare, a mettere in scena questioni fondamentali per la vita. Dall’amore alla politica, dalle passioni tristi alla tecnologia, non c’è tema che non sia stato messo in scena – in forma fantascientifica, d’avventura, fiabesca. Freud non si lasciò sfuggire la preziosità di quest’arte. Famosa è la sua posizione verso i poeti, ma a dir vero verso gli artisti tutti, visti come preziosi alleati, incitando a prendere in considerazione la loro testimonianza, giacché essi esprimono un sapere che la filosofia non sospetta. Soprattutto nelle conoscenze della psiche, gli artisti sorpassano di molto il sentire comune, poiché riescono a beneficiare di fonti non ancora scoperte dalla scienza. Il fascino per la letteratura deriva dal fatto di scoprire qualcosa di rimosso, un segreto, una verità. Non si tratta solo di una immedesimazione che il lettore ha nei confronti dei personaggi del racconto. È un al di là del registro immaginario. Certo le identificazioni, le proiezioni, gli affetti suscitati da una narrazione sono indispensabili. Il lettore rimane attaccato all’opera. Ma oltre a ciò, tutto un mondo si mostra, un ordine sociale con le sue leggi, le sue norme, i suoi costumi. Lo scrittore, coscientemente o meno, designa un registro simbolico e con esso le sue regole del gioco.

È quello che si può notare con il ciclo di romanzi di George R. R. Martin, Cronache del ghiaccio e del fuoco, dal quale si ha avuto il famoso adattamento nella serie televisiva il Trono di spade, GOT. Si entra in un territorio dalle caratteristiche medievali composto, almeno quello conosciuto, da quattro continenti – Westeros, Essos, Sothoryos e Ulthos – e da numerose piccole isole. È però Westeros l’area principale in cui si svolge il fulcro degli eventi. Qui, infatti, risiede la sede dei sette regni, ognuno dei quali governati da una casata caratterizzata da una storia prestigiosa, identificata da una divisa, uno stemma ed un motto. Le casate hanno una convivenza tutt’altro che pacifica, fatta di alleanze e conflitti per potersi aggiudicare il controllo del regno, rappresentato dal trono di spade. Quest’ultimo è stato forgiato dal primo re dei sette regni, Aegon I Targaryen, il quale dopo aver conquistato Westeros fuse mille spade dei suoi nemici a lui arresi. Il trono, allora, simboleggia tanto la violenza intrinseca al potere, quanto il potere assoluto in sé, e pertanto si pone al centro di lotte, come oggetto bramato, per essere conquistato.

Ogni protagonista, quindi, è inserito all’interno della logica di lignaggio della propria casata. Non deve esistere interesse personale che può prevalere su quello della famiglia. Ogni membro ha l’obbligo di contribuire nel portare avanti il nome della famiglia senza esporlo a contaminazioni che ne offuschino l’onore. Un classico esempio è l’istituzione del matrimonio con i suoi riti di alleanza, con i quali i diversi membri della famiglia sono pensati come potenziali alleati o meno. Detto diversamente, i matrimoni non sono tanto un’unione tra due innamorati, quanto piuttosto una coalizione, od un rinnovo di questa, tra famiglie, al fine di mantenere e allargare il loro potere. In altre parole, come nell’Europa medievale, a Westeros solo il nome di famiglia conta: il patrimonio ed il costume di ogni famiglia vengono trasmessi nel tempo, di generazione in generazione, associando ad ogni singolo il nome ed il luogo come parte connaturata dell’identità, valorizzando la famiglia come prima unità di fedeltà. Di conseguenza, in tale ordine simbolico, i “bastardi” hanno una qualifica derivante non tanto da un elemento naturale, biologico, quanto dalla regione d’origine. Jon Snow viene definito da questa ascendenza, rivelata nella spada “bastarda” che indossa.

Dunque, tale sistema dispone le diverse famiglie le une contro le altre, con l’obiettivo di poter accrescere le ricchezze e monopolizzare il più possibile il potere conquistando il trono di spade. Emerge con abbastanza chiarezza come il soggetto, per quanto appartenente ad una specifica casata, non sia completamente determinato da essa. Ancor più della “ragion di famiglia” vi è una “ragion del trono”. Non è tutto rinchiuso all’interno di una logica familistica – come viene ancora suggerito da un certo uso del dispositivo psicoanalitico, proponendo l’Edipo come chiave di lettura centrale per analizzare il disagio della civiltà ed i malesseri che ne derivano. Non si tratta di rinnegare la sua importanza, ma piuttosto di evitare di imprigionare tutto nel suo complesso. Detto altrimenti, si tratta di non escludere la politica, o meglio un’economia politica, da cui dipendono i soggetti e le loro alleanze di parentela.

Il discorso del padrone, formalizzato da Lacan, aiuta a chiarificare l’analisi. Senza entrare nel dettaglio, un discorso è, da un punto di vista strutturale, ciò che permette la formazione dei legami sociali. La sua struttura organizza le varie relazioni tra i soggetti ed i loro rapporti con gli altri, con il potere e con il desiderio. Più precisamente, lo psicoanalista francese delinea la struttura del discorso in questo modo:

       agente

           ®

altro

       verità

 

        prodotto/resto

Al piano superiore sono collocati i luoghi da cui l’ordine discorsivo si manifesta. Chi occupa la posizione di agente comanda, ordina colui il quale risiede nel luogo dell’altro. Diversamente, al piano inferiore risiede il prodotto, le conseguenze del discorso e la sua verità, ciò che si cerca di nascondere, di evitare.

Così, a partire da tale logica, il discorso del padrone – un discorso autoritario e gerarchico – si struttura in questo modo:

       S1

   ®

        S2

       $

 

         a

S1 rappresenta il significante padrone, attraverso il quale sono impartiti i comandi a S2, al significante del sapere, cioè all’altro che ha le conoscenze per poter eseguire quanto gli viene incaricato e l’articolazione tra i due produce il piccolo a, l’oggetto causa desiderio. Nello specifico delle Cronache del ghiaccio e del fuoco, l’S1 è il significante conquistatore, tramite il quale ogni padre di famiglia si rivolge ai propri membri, gli S2, orientando le loro vite, le loro identità, i loro obiettivi, incitandoli a dare il massimo per prendere il potere e arrivare vicino se non proprio conquistare il trono di spade, l’oggetto del desiderio, il piccolo a.

Ma la verità rifiutata è $, ossia che ogni soggetto, il padrone compreso, risulta diviso dall’inconscio di cui non ha padronanza, né su sé stesso, né sugli altri. La sua autorità, nonostante si mostri stabile e senza crepe, si ritrova barrata, mancante. Per dirla diversamente, il padrone alla fin dei conti si scopre nudo! Lo illustra la terzogenita della casata Stark, Arya, la quale si distingue nettamente dalle sue coetanee e dal ruolo designato alle donne. Arya rifiuta il galateo e ama combattere, impugnare la spada come un cavaliere. Insomma, non c’è divisa, stemma o motto che riesca a coprire completamente. Non a caso, per legittimarsi, per razionalizzarsi, il maître trova spesso supporto da un secondo discorso, quello dell’università, il quale organizza la conoscenza, il sapere. In modo conciso, esso definisce come si sta al mondo, vale a dire come pensare e comportarsi secondo l’ideologia del padrone. Ciò è ben mostrato in GOT, in quanto il potere reale si combina con il potere spirituale ed economico: l’istituzione esecutiva del Regno, il consiglio ristretto, dove presiede il Gran Maestro, nominato da una sorta di università, dal Conclave.

Il potere circola e si riproduce nei rapporti di forza, come Foucault ha insegnato. Non risiede intrinsecamente, per natura, in un oggetto, men che meno in un soggetto, per quanto investito di importanza egli sia. Pertanto può sempre esser messo in discussione, come dimostra un terzo discorso, quello dell’isterica. Esso mette in crisi, coglie le contraddizioni dell’ordine sociale in cui vive. Tuttavia ciò non basta a destabilizzare completamente lo stato delle cose. Chi agisce a partire da un discorso isterico può essere sottomesso, domato, normalizzato. Oppure, qualora dovesse riuscire a rovesciare, a far cadere, coloro che godono delle posizioni privilegiate del discorso del padrone, potrebbe riproporre una nuova forma di quest’ultimo, rinstaurando un’ennesima gerarchia, un’ennesima oppressione. Non è quello che probabilmente stava succedendo con Daenerys nella serie televisiva? Certo, con molta probabilità, come ha evidenziato Zizek, il suo personaggio è impregnato dalle fantasie patriarcali di chi ha scritto la trama. Ma purtroppo di donne che sostengono una visione patriarcale nel mondo ve ne sono in abbondanza, e non solo all’interno dei romanzi o delle serie tv. Per quanto il finale di GOT abbia deluso una buona parte del suo pubblico, una conclusione del genere è più che plausibile.

Prima però di cadere all’interno di una visione reazionaria, per la quale alla fin dei conti è inutile ribellarsi perché ogni rivoluzione non può far altro che ristabilire un ordine governato dal padre è bene ricordare che i discorsi sono quattro. È il discorso dell’analista, infatti, che può dissolvere la catena di comando. Qui, al posto dell’agente, vi si trova l’oggetto piccolo a. Ad instaurarsi vi è una politica del desiderio che nessun padrone può sussumere. Ad ogni modo, questa è un’altra storia…

ENDOXA - BIMESTRALE FILOSOFIA

Lascia un commento