∀X. UX → D’X, O SUL RAPPORTO ETICO IMMEDIATO

Immagine2TOMMASO GAZZOLO

1. Perché Dio da principio formò un solo uomo e una sola donna: è questo l’argomento, a partire dal quale Atenagora condanna come adulterio verso la moglie morta la decisione di risposarsi. Ma che cosa esso, realmente, dice? Perché non c’è matrimonio che monogamico – per una certa tradizione che, dalla patristica, giunge perlomeno sino a Hegel? Muoveremo, qui, proprio da Hegel, dal compimento a cui egli porta tale tradizione. Dovremo, per la brevità del nostro intervento, procedere in fretta – e mi scuso se, qui, rinvio, per un approfondimento, al lavoro che ho svolto in un libro, La giuridicizzazione del sesso, da cui riprendo le questioni che mi interessano. Hegel, dicevamo. Hegel che, nella propria dottrina del matrimonio, nella critica radicale della concezione contrattualistica kantiana, non risparmia neppure il romanticismo. Non ci si sposa perché ci si “ama” – o, meglio, perché si confonde l’amore con un sentimento. Perché finché l’amore è pensato in tali termini, esso rimane qualcosa di accidentale, e non di sostanziale: in quanto sentimento, infatti, esso è del tutto contingente, mutevole, dipendente dall’inclinazione particolare degli individui, dai loro “capricci”. Non solo. Esso implica ciò che va – come vedremo – in ultima istanza escluso: ossia che la scelta dell’altro venga fondata, giustificata, su ciò che provo per lui o per lei.

2. Cominciamo, allora, per spiegare il punto, a chiederci: che cosa significa il fatto – che noi troviamo ormai del tutto ovvio – che l’amore, il desiderio per l’altro è sempre qualcosa di particolare, che è proprio lei che desidero, e non un’altra? Significa, né più né meno, ciò che la formula lacaniana intende quando osserva: non c’è rapporto sessuale. Perché questo, anzitutto, essa significa: che un uomo non sceglie mai, non desidera mai una donna in quanto tale, e viceversa. Detto in altro modo: che la condizione della scelta d’oggetto per un individuo di un dato sesso non consiste semplicemente nel fatto «che l’oggetto sia un individuo di sesso opposto», come osserva Miller. Non c’è rapporto sessuale, qui, significa: l’essere rispettivamente un uomo e una donna non è una condizione sufficiente affinché l’uno desideri l’altra e viceversa. È ciò che Freud ha scoperto sotto il nome di “condizioni dell’amore” – e che rende l’eterosessualità molto più problematica, più difficile da spiegare dell’omosessualità. La domanda, infatti, sul perché un uomo desidera una donna, non ha mai come risposta il fatto che ella sia una donna. Le condizioni alle quali la scelta diviene possibile, al contrario, sono sempre condizioni particolari e, diremmo, in fondo perverse, “patologiche” direbbe Hegel. Freud le ha indagate soprattutto nei Contributi alla psicologia della vita amorosa (1917): che la donna appartenga a un altro, che non sia mai “mia”, ma soprattutto che ella sia essenzialmente degradata – il desiderio sessuale, cioè, è possibile solo laddove la donna non mi ricordi in alcun modo l’oggetto “perduto”, che è quello che propriamente solo amo e posso amare, ma che mi è proibito (la madre ed i suoi sostituti). In fondo, per Freud, si può godere solo di una donna che non si ama, e si possono amare solo donne con cui non si riesce a godere: è questa la condizione della vita amorosa nella civiltà, che essa impone. Il che vuol dire, in definitiva, che non c’è sessualità che non abbia componenti perverse, come ancora ricorda Miller.

Questo spiega, come dicevamo, perché è la relazione uomo – donna che resta quella centrale per poter articolare il problema del rapporto sessuale. E ciò perché essa è la più “innaturale”. È questa la lezione freudiana: che non c’è nulla di naturale nel fatto che un uomo e una donna finiscano per amarsi. Come Miller giustamente nota, «l’omosessualità non risparmia nessuno, perché c’è un’omosessualità inconscia (è la tesi di Freud) e perché la scelta dello stesso sesso viene a trovarsi sullo stesso piano della scelta eterosessuale». In altri termini: la bisessualità originaria che, per Freud, segna l’individuo, non spiega in alcun modo come possa darsi il fatto che, nella maggior parte degli individui, la scelta cada sull’altro sesso. Questo fatto non è un’evidenza, non è nulla di determinato dalla “natura”: è un problema, per Freud.

Come si legge in un’aggiunta del 1914 ai Tre saggi sulla teoria sessuale, «tutte le persone sono capaci di scegliere un oggetto sessuale dello stesso sesso e hanno anche fatto questa scelta nell’inconscio […]. Alla psicoanalisi l’indipendenza della scelta oggettuale dal sesso dell’oggetto, come la si può osservare nell’età infantile in condizioni primitive e negli antichi tempi storici, appare piuttosto come l’elemento originario […]. Nel senso della psicoanalisi, dunque, anche l’interesse sessuale esclusivo dell’uomo per la donna è un problema che ha bisogno di essere chiarito e niente affatto una cosa ovvia da attribuire a un’attrazione fondamentalmente chimica». Ciò che il testo freudiano suggerisce, è che la scelta oggettuale – quella che cade sull’altro sesso – non esiste che attraverso una serie di “condizioni d’amore”, Liebesbedingungen, meccanismi che “causino” il desiderio eterosessuale. Come tali, i due sessi non si desiderano.

3. “Non c’è rapporto sessuale” dice, allora, che non esiste, nella specie umana, il riconoscimento dell’altro sesso, che non c’è nessuna condizione già data che consenta di sostenere che, per ogni uomo, esso amerà una donna. È questo che, in fondo, la concezione “romantica”, anche dal punto di vista hegeliano, non vede: che l’amore come sentimento è un sentimento in ultima istanza perverso, nel senso che l’attrazione, che la scelta di una certa donna – perlomeno dal lato maschile – è sempre dettata, se la si lascia dipendere dalla “volontà”, dalla libera scelta degli individui, da condizioni particolari e “patologiche”. Si comprende allora come Hegel scinda, qui, naturale e spirituale, accidentale e sostanziale. Naturale – ciò che sarebbe naturale: seguire l’inclinazione, l’inclinazione dei sensi – è in realtà il “patologico”, è ciò che vi è di più accidentale e privo di vera sostanza. Certo, cerchiamo la persona che ci è destinata, che ci è oggettivamente destinata. Ma seguire l’inclinazione e i sentimenti, anziché condurci a quella che sarebbe la nostra destinazione oggettiva, ci conduce sempre e soltanto verso quella particolare persona che, del tutto accidentalmente e patologicamente, entra nelle nostre coordinate “perverse” e fantasmatiche, vi si lascia inscrivere, in modo del tutto contingente (in quanto ora è lei, ma potrebbe essere o avrebbe ben potuto essere anche un’altra). È ciò che Hegel, nel suo primo corso di Filosofia del diritto a Heidelberg, nel 1817, chiama l’innamoramento: «l’opinione che si possa passare nell’universalità solo proprio attraverso questo oggetto. Questo momento della particolarità ha a fondamento la rappresentazione per cui si dovrebbe partire dalle qualità particolari».

Puramente oggettiva sarebbe, in senso stretto, quella destinazione che non dipende dalla scelta – particolare e sempre “perversa” – degli individui: è «la combinazione operata dai genitori bene intenzionati», in fondo, l’unica che garantirebbe la piena oggettività dell’amore, dal momento che essa sarebbe la sola che potrebbe prescindere (paradossalmente, se si vuole), dalla contingenza della scelta. Questo sarebbe il vero determinismo, la vera oggettività contro ogni contingenza: ciò che, cioè, consentirebbe di affermare l’esistenza del rapporto sessuale, di affermare che la condizione necessaria e sufficiente affinché un sesso possa desiderare l’altro è il solo fatto che, appunto, l’altro sia dell’altro sesso – a prescindere dalle sue particolarità. Ma questa destinazione oggettiva, per essere etica, deve anche essere assunta dal soggetto come voluta: il lato “soggettivo”, cioè, è imprescindibile, poiché vi è ethos solo quando soggettivo ed oggettivo coincidono, solo quando gli sposi – destinati – riconoscano poi in quel destino, in quella destinazione, la loro volontà, riconoscano cioè che ciò che è stato inizialmente imposto non era altro che ciò a cui entrambi già tendevano, che volevano. Ancora nel 1817, Hegel osserva come sia questa la via più “etica”: «qui l’amore non ha il suo inizio nell’inclinazione accidentale, nell’arbitrio del soggetto, bensì nel pensiero della destinazione. Si può dire che questo svolgimento [delle cose] sia il più etico».

Egli sa, tuttavia, che questa strada non è più percorribile: «nell’età moderna, per contro, il punto di partenza soggettivo, l’essere innamorati, viene riguardato come l’unico veramente importante». Non si può, cioè, che cominciare dal lato dell’individuo, della sua volontà soggettiva, dei suoi “sentimenti”. Ma ciò non toglie che tutto il problema di Hegel, della sua concezione dell’amore, è quello di fare in modo che questo “sentimento” sia, attraverso il matrimonio, tolto nel suo farsi spirituale: nell’amore «giuridicamente etico», deve scomparire «l’aspetto passeggero, capriccioso e meramente soggettivo» di esso – diremo: il suo aspetto “perverso” e patologico. Spirituale indica l’amore che si realizza come oggettivo legame tra i coniugi, come rapporto, cioè, che non dipende dall’accidentalità della “natura”, ma dall’assumere soggettivamente l’amore che è oggettivamente dovuto dai coniugi l’uno verso l’altro per effetto del matrimonio. È, allora, proprio la contraddizione tra sentimento e dovere, tra soggettivo ed oggettivo, tra Gesinnung e destinazione obiettiva che si articola nel matrimonio e nella famiglia – e che fa sì, nella strategia hegeliana, che la verità della famiglia non si realizzerà che nel suo superamento. Rimaniamo, però, all’interno delle pagine dedicate al matrimonio, per rileggervi ciò che ci interessa. Quando Hegel insiste sul fatto che è «rapporto etico immediato», insiste anzitutto su come, attraverso esso, il rapporto sessuale, il rapporto tra i sessi, Geschlechterverhältnis, si neghi nella sua immediatezza “naturale”, conservandola però nel suo farsi rapporto sostanziale, nel realizzarsi della differenza dei sessi come genere. Ciò che, però, non va dimenticato, è che questo dispositivo funziona per rendere possibile il rapporto sessuale, e non per negarlo o de-sessualizzarlo.

4. Perché, per Hegel, non c’è naturalmente rapporto sessuale. Dove, ora, “naturalmente” dice ciò che riguarda e dipende dall’inclinazione “soggettiva”, dai “sentimenti”. I due sessi, come tali, non si attraggono, non si rapportano: per servirci ancora di Miller: è impossibile scrivere x. Ux Dx, ossia: per ogni x, il fatto che x sia un uomo implica che egli ami una donna perché, per il fatto che è una donna. Il rapporto sessuale «esisterebbe se si potesse dire che un uomo sceglie una donna e la riconosce in quanto tale, senza passare attraverso gincane straordinariamente tortuose. Il rapporto sessuale esisterebbe se egli potesse riconoscerla, amarla, desiderarla e goderne semplicemente in quanto è donna» (Miller). Ma è precisamente questo che non accade naturalmente. Se diciamo «che non c’è rapporto sessuale è in quanto non c’è una condizione necessaria e sufficiente per ambo i sessi che li faccia complementari». È questa impossibilità che segna il fallimento di una concezione “romantica” o “sentimentale” dell’amore: qui non c’è rapporto, perché la scelta oggettuale è determinata da condizioni che non hanno a che vedere con l’alterità dell’altro sesso, ma con i “fantasmi” particolari del soggetto.

Rendere possibile il rapporto sessuale, per Hegel, significa allora: fare in modo che il legame si costituisca tra due individui in quanto sono di sessi opposti. Es kann gesagt werden, es sei der sittlichere Gedanke, “überhaupt” eine Frau oder einen Mann haben zu wollen, si legge in un’annotazione lapidaria, che dice esattamente questo: c’è rapporto sessuale, propriamente, quando ciò che conta è volere un uomo o una donna in generale, è volere l’altro sesso in quanto tale.

In questo senso la «determinazione etica» del matrimonio consiste «nel fatto che la coscienza movendo dalla sua naturalità e soggettività si raccoglie verso il pensiero del sostanziale e, in luogo di riserbarsi ognora l’accidentale e l’arbitrio dell’inclinazione dei sensi, sottrae il legame a questo arbitrio» (Hegel, §164).

Il matrimonio è allora il dispositivo che consente a Hegel di scrivere il “rapporto sessuale”. Perché, in esso, l’amore che provo per questa particolare persona si realizza come amore verso il proprio coniuge, verso la propria moglie in quanto moglie. In fondo, ciò a cui il matrimonio tende è che la condizione della scelta d’oggetto per un individuo di un sesso dato consista nel fatto che l’oggetto sia un individuo di sesso opposto. È di rendere possibile, diremo, il rapporto tra i due sessi in quanto, appunto, due, legati cioè dalla loro differenza. E se “amore” è il nome del rapporto sessuale in quanto reso possibile, esso c’è soltanto laddove la relazione preceda – e costituisca – i relati: dove cioè ciascun sesso non sia se stesso, non si riconosca come “soggetto”, se non in quanto legato all’altro, se non in quanto in rapporto con l’altro.

5. Avevamo cominciato da questa citazione: “Perché Dio da principio formò un solo uomo e una sola donna”. La verità di essa è – come abbiamo tentato di mostrare attraverso Hegel – l’inesistenza del rapporto sessuale: la quale non è, si noti, ciò che renderebbe, pertanto, impossibile il matrimonio monogamico; al contrario, ne è la condizione stessa. C’è matrimonio, c’è monogamia, cioè, proprio perché non si danno, in “natura”, due sessi che si desiderino.

Ciò non significa, ovviamente, che non si diano altre discipline, altre istituzioni, in grado di “supplire” all’inesistenza del rapporto sessuale. Ma non ne capiremo le logiche, non capiremo le strategie ultime – e anche le relazioni di potere che le attraversano – finché non capiremo come il “matrimonio monogamico” non indichi nient’altro se non il campo entro cui una certa tradizione culturale – quella del cristianesimo occidentale – ha pensato di poter rendere possibile qualcosa come ciò che chiamiamo il “rapporto sessuale”.

ENDOXA - BIMESTRALE FILOSOFIA

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