L’AMORE AI TEMPI DEL COLERA,TRA ETERNA FEDELTÀ E CONTINUE AVVENTURE
SILVIA D’AUTILIA
51 anni, 9 mesi e 4 giorni è il tempo che Florentino Ariza impiega per coronare il suo sogno d’amore con Fermina Daza. Sono i due protagonisti de L’amore ai tempi del colera, capolavoro del 1985 dello scrittore colombiano naturalizzato messicano Gabriel Garcia Marquez.
L’opera riscuote subito un enorme successo e nel 2007, per la regia di Mike Newell, con Javier Bardem e Giovanna Mezzogiorno nei panni dei due personaggi principali, esce il film omonimo.
Malgrado il titolo, non si tratta di una semplice storia d’amore; è semmai l’accurata ricostruzione dei sintomi interiori e degli effetti che le diverse declinazioni dell’amore possono produrre: dalla negazione al rifiuto, dalla timidezza alla passione, dall’idealizzazione alla compulsione sessuale, in quanto a sconvolgimento del corpo e dell’animo, l’esperienza amorosa non è poi tanto diversa dal contrarre un morbo, quale ad esempio il colera, che proprio in quegli anni imperversava in America Latina.
Cartagena, Colombia. È il 1879 quando il giovane Florentino, impiegato della posta locale, è incaricato di consegnare un telegramma a Lorenzo Daza, padre di Fermina. Recandosi a casa dell’uomo, Florentino incrocia lo sguardo della giovanissima figlia e ne rimane folgorato. I due iniziano un rapporto epistolare, interrotto però dal padre, che decide di mandare per qualche mese la figlia lontano da casa, nella speranza che dimentichi Florentino e possa ambire a qualcosa di meglio per il suo futuro. Quando la ragazza torna in città, dopo qualche tempo, inizia a essere corteggiata, con la complicità del padre, dal noto medico Juvenal Urbino, al quale si unirà in matrimonio e dal quale avrà dei figli. Florentino, come ovvio, è fortemente scosso e addolorato dalla notizia. Inizia a lavorare nella Compagnia Fluviale dello zio al quale subentrerà presto nella gestione, e si ripromette di aspettare la sua amata fino alla morte del marito. Nonostante la promessa, però, improvvisamente perde la sua verginità su uno dei battelli della Compagnia con una perfetta sconosciuta. Da questo momento comincia una compulsiva, turbolenta e ossessiva vita sessuale. Pare, a un certo punto, che una donna arrivi a portar pace nella sua vita: si tratta dell’affascinante Olimpia che viene però uccisa dal marito con un rasoio da barba, una volta scoperto sul suo corpo un segno della relazione con Florentino. Anche la vita matrimoniale di Fermina non può dirsi certo spensierata e serena, avendo dovuto conoscere e accettare il tradimento di Juvenal Urbino. Quando quest’ultimo muore accidentalmente, Florentino non esita un istante e si presenta a casa di Fermina. Terminati i funerali le rinnova il suo giuramento d’amore ma la donna lo caccia furiosamente. Tuttavia non demorde. Riprende a scriverle lettere come quando erano giovani, fin quando Fermina cede al suo corteggiamento e accetta di partire su uno dei battelli della Compagnia di Florentino. Qui il loro amore viene finalmente consumato, dopo aver atteso 51 anni, 9 mesi e 4 giorni.
Un primo tema su cui l’opera invita a interrogarsi è il concetto di ‘idealizzazione’ da cui molto spesso passa l’esperienza d’amore. Fin dal primo incontro con la giovane ragazza, Florentino capisce che il suo ossessivo pensare a lei non è che una proiezione di sue continue immaginazioni e fantasie che non riesce a placare e controllare. “A poco a poco la idealizzò, attribuendole virtù improbabili, sentimenti immaginari e dopo due settimane pensava solo a lei”. Scriverle lettere gli consente di sfogare l’agitazione del suo animo, tant’è che i primissimi pensieri che Florentino compone per la giovane occupano ben 60 fogli di carta. Ma la scrittura è solo un buon antidolorifico; di fatto non eradica il male. Anzi, produce come effetto collaterale la tendenza frequente a metterlo a fuoco con più chiarezza. E allora qual è il confine tra un amore effettivo e un mero prodotto del nostro fantasticare? Ovviamente la reciprocità. Amor ch’a nullo amato amar perdona, aveva scritto non a caso il Grande Poeta. Per questo Florentino inizia ad attendere ardentemente delle risposte alle sue lettere: vuole avere sicurezza di essere ricambiato nei pensieri e nella scrittura. In questo modo, può avere certezza di non idealizzare alcun sentimento e alcuno stato d’animo.
Ma dal momento in cui il padre della ragazza decide d’interrompere questo loro scambio epistolare fino al giorno in cui, ormai anziani, consumeranno il loro amore, Florentino non vive che di un’idealizzazione di rendita, nel ricordo di quel che è stato e di quel che avrebbe potuto continuare a essere e a crescere. Per tenere viva negli anni e nei decenni questa immaginazione ci vuole molta volontà, molto coraggio, ma soprattutto molta fedeltà.
E arriviamo così alla seconda questione: che tipo di fedeltà lega Florentino Ariza alla sua amata? Il lettore attento, che ha ben conosciuto la sua vivace vita avventuriera con le donne, non vede certo immediatamente in lui un uomo fedele. Eppure, recatosi a casa di Fermina dopo aver saputo della morte del marito e dopo aver atteso oltre mezzo secolo, Florentino le rinnova “tutta la sua fedeltà eterna e il suo amore perenne”. Dunque, si tratta di una fedeltà tutta interiore, che ben poco ha a che fare con la conservazione del corpo o con l’impegno esclusivo dei pensieri. È molto di più una fedeltà mistica e spirituale. Una fedeltà dell’appartenenza. Un essere-per-l’altro, seppur nella sua attesa, che connota e qualifica l’esistenza stessa. Ugualmente, quando finalmente, ormai anziani, sul battello i loro corpi si stanno per unire, le dice di essersi mantenuto tutta la vita vergine per lei. Naturalmente Fermina non ci crede, ma apprezza comunque il coraggio dell’idea e la forza delle intenzioni. In sostanza, più che la fedeltà a Fermina, quella di Florentino è la fedeltà verso una precisa proiezione di sé. Il cuore ha più stanze di un casinò, scrive Garcia Marquez, ma una stanza del casinò è completamente riservata agli amori che attendono pazientemente il loro turno e che quindi assolvono da ogni concreto o potenziale tradimento.
Florentino, dunque, è un eroe o uno sconfitto della vicenda amorosa? L’autore sospende il giudizio e si limita a consegnarci il ritratto di un uomo irrequieto e tormentato. A livello di contenuti, mai come in questa storia García Márquez abbandona il suo consueto impegno letterario di critica sociale, tipico di altre opere, per dedicarsi alla riflessione delle psicosomatizzazioni connesse ai sentimenti. La descrizione dei patimenti fisici e corporei nell’attesa che la giovane ragazza risponda alla sua lettera è, ad esempio, molto emblematica: l’uso di numerose iperboli vogliono rendere l’idea del disorientamento e dello spiazzamento, a un livello che fa perdere i riferimenti con la realtà. “Ma quando cominciò ad aspettare la risposta alla sua prima lettera, l’ansia si complicò con diarree e vomiti verdi, smarrì il senso dell’orientamento, aveva svenimenti repentini e la madre si terrorizzò perché le sue condizioni non assomigliavano ai disordini dell’amore, ma agli scempi del colera”. Lo sconfinamento della realtà nei toni del magico-surreale e secondo i canoni del cosiddetto “realismo fantastico letterario” è altresì ricavato dai paragoni tra gli stati interiori e le sensazioni col mondo esterno: così ad esempio, per prepararci alla materia trattata, leggiamo bizzarramente fin dall’apertura del libro che l’odore delle mandorle evoca il destino degli amori contrastati, come a voler invitare il lettore a sperimentare concretamente questo collegamento. Quella di Marquez è insomma una penna che abbonda di dati sensoriali, per non lasciare nulla al caso, per dare al pubblico la descrizione minuziosa e capillare di ogni dettaglio e per calare la storia in un orizzonte di comprensione ben preciso. Celebre è ad esempio la frase del libro: “gli esseri umani non nascono sempre il giorno in cui le loro madri li danno alla luce, ma la vita li costringe ancora molte volte a partorirsi da sé”. L’interpretazione non lascia molto margine: stare al mondo più che dipendere da quello che ci capita, dipende molto di più da come scegliamo di reagire a quello che ci capita. Così Florentino, più che essere il protagonista di una storia d’amore, è forse molto di più una costruzione mitico-letteraria che non può avere eguali nella realtà, in quanto a passionalità, forza di volontà e difesa dei suoi sentimenti. In questo senso si deve “autopartorire” ogni volta che, per più di mezzo secolo, si ripromette in modo quasi inverosimile, di raggiungere e conquistare definitivamente Fermina, nonostante la sua simultanea ricerca d’amore in altri nidi. Anzi, forse proprio l’infinita impresa di Sisifo di ricercare altre avventure senza venire mai veramente soddisfatto da nessuna è il presupposto stesso della continua ripromessa d’amore alla donna.
Il poliamore di Florentino, ovvero il nucleo centrale della presente analisi, è d’altronde il vero nodo da sciogliere di tutto il romanzo. Dal momento in cui perde fugacemente la verginità, l’uomo comincia un’irrequieta vita sessuale puntualmente documentata “su un quaderno cifrato, riconoscibile tra i tanti per un titolo che diceva tutto: Donne”. Cinquant’anni dopo, quando ritrova Fermina, ha raccolto ben venticinque quaderni, per un totale di 622 annotazioni di rapporti con donne frequentate in modo continuativo, ad esclusione delle avventure effimere e passeggere che non valevano neppure l’attenzione di un appunto. Surreale a dir poco! Per circa mezzo secolo Florentino non fa che questo: ricercare costantemente il corpo femminile in una sublimazione continua e frustrante dei suoi veri desideri. L’insoddisfazione diventa il suo destino; lo sfogo dei sensi la compensazione dei suoi sentimenti negati. L’attesa di Fermina si dispiega in una predeterminazione erotica e sessuale sempre nuova, sempre diversa. È un vuoto a perdere che capitalizza solo piaceri della carne, mai stabilità affettive: “si viene al mondo con i propri orgasmi contati e quelli che non vengono usati per qualsiasi motivo, proprio o altrui, volontario o coatto, sono persi per sempre”. Mai nella letteratura come in questo romanzo la continua caccia erotica diviene scommessa stessa di fedeltà a una e una sola amata. E l’orgasmo continuo, attentamente numerato, con altre donne ne diviene la prova inconfutabile.
A questo punto, e per arrivare alle conclusioni, il lettore è legittimato a chiedersi se l’esagerato e iperbolico poliamore di Florentino sia stato cagionato dal rifiuto di Fermina o se, per caso, al contrario, possiamo supporre che le sarebbe davvero rimasto fedele per tutta la vita qualora il loro amore si fosse coronato subito, fin dalla giovinezza. Questo l’autore non lo dice, ed è forse l’unico aspetto su cui esige che si liberi l’interpretazione del pubblico, come a non voler arginare e mettere confini all’idea stessa d’amore che accompagna l’intero romanzo. In questo modo Garcia Marquez decide deliberatamente di far venire a mancare nel testo l’elemento discriminante tra quello che, stando agli stereotipi, è un vero amore senza altre avventure e distrazioni e quello che è un vero amore, proprio nonostante le altre avventure e distrazioni. Troviamo proprio in questa mancanza esplicativa la principale ragione per cui L’amore ai tempi del colera è e sarà un’opera sempre attuale, che non esaurisce le sue riflessioni né con la prima lettura, né con un’analisi definitiva. È una storia d’amore senza preconcetti. È una narrazione paradossale, che se da una parte appare fiabesca, dall’altra ripercorre la violenza e la dirompenza dei sentimenti. Il lettore è sospeso in questo limbo emotivo e interpretativo mentre il solo punto fermo è quello messo dalle parole di Florentino, che riconosce all’amore le caratteristiche di una malattia, la sola per la quale non c’è speranza alcuna di guarigione: “Io sono una nullità, non guarirò mai fino alla fine dei miei giorni; la fiamma dell’amore mi ha colpito e ora brucio senza rimedio”.
ENDOXA - BIMESTRALE LETTERATURA Endoxa novembre 2023 Monogamia Silvia D'Autilia
