LA SPORCA SCIENZA
ERNESTO SFERRAZZA PAPA
- La critica che si è interessata a Game of Thrones ha finora considerato in maniera superficiale i due paradigmi della scienza che vi si rappresentano. Essi rappresentano modelli idealtipici dell’impresa scientifica, immagini dell’incessante sforzo del progresso. Ma a dover essere brevemente illuminate sono soprattutto le contraddizioni tra queste due immagini, che sono anzitutto idee di quanto la scienza possa o debba compromettersi rispetto agli ideali che pubblicamente proclama. La scienza ha un prezzo su cui si preferisce sorvolare o ridurlo ad aneddotica. Quello che è un elemento costitutivo del progresso scientifico viene degradato a nota di colore. Il trionfo della scienza è dipinto come trionfo dell’umanità tutta. Ma la scienza ha sempre immolato il singolo all’altare dell’umanità, facendo pesare sugli sciagurati prescelti lo scotto per la fortuna di milioni. L’età moderna ha conosciuto l’infame categoria dei corpi vili, i soggetti dell’esperienza scientifica, i depositari del rischio sperimentale: ladri, imbroglioni, orfani, stranieri, zingari, truffatori, prostitute, omicidi, pervertiti, ninfomani, omosessuali. Il banco morale è saltato: su di essi si è esercitata, in questi corpi ha affondato i suoi arnesi. Contro l’immagine falsamente illuminista di una scienza nettata, tutto un regno della mediocrità dello spirito è stato materialmente innalzato al rango di carne da esperimento: si isola una parte di umanità e si agisce senza scrupoli su di essa in favore dei salvati.
Non si tratta di demonizzare la scienza, i suoi risultati, le sue conquiste, ma di comprenderla nella sua realtà pratica, in modo da porre al vaglio della critica le questioni dinnanzi alle quali un atteggiamento realmente illuminista deve rimanere saldo. La scienza è sia la scoperta del salvifico vaccino, sia il cumulo di morti che prove ed errori hanno comportato. Il fine non giustifica i mezzi perché li liquida dal pubblico dibattito, e così si toglie il pensiero. Ma in questo modo l’immagine autentica della scienza è sabotata: la storica tridimensionalità dell’impresa scientifica è pubblicamente silenziata in favore di una visione fiabesca della scienza, oggigiorno incistata nell’opinione pubblica a forza di programmi di divulgazione con la funzione di quietare lo spirito e riconciliare l’umano con il suo passato. Con il risultato di alimentare uno spirito antiscientifico che intossica un dibattito avvelenato alla fonte.
- Riflettiamo molto brevemente sulla rappresentazione dell’impresa scientifica in Game of Thrones. Nella serie si mette in luce l’antitesi tra Scienza e scienza, tra l’idea e la realtà. Vi sono la Scienza e la sua degenerazione, e non ci si stanca mai di mettere in allarme rispetto alla patologia che può colpire l’illuminata ricerca del sapere.
Da un lato la Cittadella: qui si formano i Maestri, è un cenobio di sapere, proprio come nei fumetti per bambini la barba bianca è sintomo di superiore cultura, sublime dedizione. La scienza idealizzata ha il suo spazio separato dal mondo, dalle sue grottesche miserie. La Cittadella è posta al sicuro, lassù dove non può essere agguantata, a contatto con le altezze delle idee, e da lì sorveglia il mondo. La disposizione verticale simboleggia il dominio dell’elevazione rispetto al mondo degli uomini. Qui, nella Cittadella, si studia, si compulsano antichi volumi, si ricopiano testi preziosi, mentre i nuovi garzoni ripuliscono i vasi da notte degli anziani sapienti. La Scienza è lo studio della scienza altrui.
Ma la Cittadella rischia di essere espugnata dall’interno, e rigetta i suoi traditori, coloro che hanno fatto della scienza non uno studio sacro ma una pratica da esercitare oltre qualsiasi limite etico. Anche qui c’è una passione in gioco, ma è quella di un sapere da scoprire e non da conservare gelosamente al riparo dalle mani del mondo, di una hybris che non ha paura perché se ne infischia degli dèi. Per frugare i meandri della realtà e rivelarne i segreti bisogna essere aruspici, le mani vanno sporcate di viscere, immerse senza rimorso nei corpi dolenti. Espulso dalla Cittadella, il Maestro Qyburn vaga per il mondo prima di potersi finalmente riconciliare con la sua passione e servire il potere oscuro. È uno dei prezzi da pagare per praticare la scienza che la Scienza vieta. Qyburn, considerato dai barbuti della Cittadella alla stregua di uno stregone, è in realtà l’immagine dello scienziato moderno, che non si accontenta del sapere della tradizione e vuole a ogni costo far rivelare alla natura i suoi segreti. La crudeltà di Qyburn è il rifiuto dell’indolenza di Pycelle. Cosa farcene degli antichi testi se non ci insegnano a resuscitare i morti?
Se la scienza della Cittadella ha come oggetto i libri, quella di Qyburn i corpi. È su di essi che si esercita il suo sapere pratico, la sua tecnica. Qyburn, che ha sempre aperto libri, d’ora in poi aprirà gli uomini. Alla scienza silenziosa della maestosa biblioteca, dove grossi e impolverati volumi vengono incatenati, si oppone la rumorosa scienza di Qyburn. Da lui non si smette mai di gridare, squittire, lamentarsi. È davvero pianto e stridore di denti quello che le grosse siringhe in acciaio sollecitano. Anche qui lo spazio dice qualcosa di essenziale, l’indizio che dal dito fa conoscere il gigante. La Cittadella riposa in alto? Bene. Qyburn lavora nelle segrete, sottoterra, avvolto dall’ombra, colluso con il potere spregevole a cui rende onore perché gli permette di fare ciò che altrove è ritenuto infame. Una scienza fetida è quella che le sue mani padroneggiano.
- Due visioni della scienza, dunque. Ma le antitesi sono legate da un nodo Palomar che rende impossibile separare una volta per tutti i poli. L’opposizione tra le due scienze si rivela a un occhio appena più attento falsa. Qyburn è il figlio bastardo della Cittadella, il suo cruccio, il suo osceno che viene prima prodotto e poi rigettato. Ma allo stesso tempo la Cittadella, per autorappresentarsi come luogo mitico e mondato, ha bisogno di espellere i Qyburn di turno. La storia reale della scienza è sempre stata il rapporto tragico tra queste due forme del sapere scientifico: il discorso e il reale, il mito e la sua negazione concreta. Qyburn è il non detto della scienza, il segreto della Cittadella: in lui si intravedono Arning, che contagia con la lebbra Keanu per verificare il decorso della malattia; Pasteur, che in nome del “più alto bene dell’umanità” in una lettera del 1885 chiede ufficialmente all’imperatore del Brasile di poter sperimentare sui corpi dei condannati a morte; Sloane, che riceve dalla principessa del Galles il benestare a inoculare il vaiolo nei prigionieri londinesi di Newgate; Marion Sims, che inaugura la moderna ginecologia esercitandosi senza anestesia sulla vagina di Ararcha, una schiava afro-americana…
La verità storica sulla scienza è il gioco dialettico tra la Cittadella e Qyburn, che spesso risiedono nei singoli addetti al progresso scientifico. All’inerzia della Cittadella si contrappone la brutale foga moderna di Qyburn; epperò, la Cittadella trova la sua funzione storica nel freno etico che cerca di imporre a chi rimesta nei corpi svegli. Una mano lava l’altra e tutte e due lavano il viso. Il progresso è anche morale, lo spostamento dei limiti della conoscenza porta con sé la consapevolezza, quantomeno la consapevolezza, del prezzo pagato per il progresso scientifico. Anche i Qyburn di ogni tempo devono prima o poi passare il vaglio di una opinione pubblica critica e consapevole della realtà della pratica scientifica. L’opinione pubblica è stata finora educata a bearsi solo delle prodezze della scienza-Cittadella. Sarà il caso, prima o poi, di confrontarsi, fuor di aneddoto, con la scienza-Qyburn.
FILOSOFIA Endoxa gennaio 2025 Ernesto Sferrazza Trono di Spade
