ABYSSUS MULTA

big data

FRANCO FERRANT

Ogni epoca ha le sue parole-feticcio. La nostra le ha moltiplicate e, per quel che mi concerne, sentirle ripetere a vanvera ha su di me un effetto urticante.

Ce n’è una poi che con la sua apparenza di ovvietà e buon senso ha convinto un po’ tutti. Buona per vari e disparati usi. Chi può trovar da ridire sulla “trasparenza”?

Riferita preferibilmente alla politica. E ai suoi campioni, che dovrebbero vivere in una casa di vetro.

Sembra essere l’unica chance lasciata all’uomo qualunque, quello senza potere effettivo, di giudicare e scegliere in piena consapevolezza e, quindi, influire, per la minima parte che gli compete.

L’imperscrutabilità costituisce da sempre  la più potente arma del palazzo, quella che Tacito indica con l’espressione “arcana imperii”.  Guicciardini nota come “… spesso tra il palazzo e la piazza è una nebbia sí folta, o uno muro sí grosso, che non vi penetrando l’occhio degli uomini, tanto sa el popolo di quello che fa chi governa, o della ragione perché lo fa, quanto delle cose che fanno in India; e però si empie facilmente el mondo di opinione erronee e vane…”

Dunque, benvenuta trasparenza che ci liberi. Anche se alla fine il gioco delle trasparenze è tutto sull’irrilevante e il futile.

Non poco hanno contribuito quelle buffe sceneggiate tipiche delle competizioni dei maestri di democrazia. Per cui, per giudicare dell’affidabilità di un candidato, è fondamentale sapere se ai tempi dell’università abbia copiato il test di ammissione, oppure alle feste, ubriaco come una carogna, molestasse pesantemente qualunque forma di vita gli capitasse a tiro, o se poi, da adulto posato, fosse solito inviare in allegato primi piani del suo simbolo fallico, per mostrare il suo palpabile entusiasmo alla corteggiata di turno, oppure, oppure…

Per non parlare dei presidenti belli e fatti, dei giochetti da scrivania o dei cicchetti a mezza mattina.

Salvo poi lasciare nell’ombra, sullo sfondo, mastodontici conflitti di interesse, guerre per procura, spregiudicati traffici d’armi o la cinica propensione a convergenze con congreghe criminali

L’unica trasparenza concessa è quella del gossip. Il New York Post o il Sun, per intenderci. Se invece qualcuno si azzarda a far un minimo di luce sulla corrispondenza seria, rischia l’ergastolo in una ambasciata sudamericana o nelle segrete di sua maestà.

La verità è che nella contemporaneità ciò che gioca un ruolo molto più rilevante dello scandalismo superficiale è la presenza contemporanea di milioni di occhi, pronti a registrare e a documentare. In fondo costituiscono oggi la sola vera protezione contro l’arbitrio o la mistificazione a posteriori della verità degli eventi. Ma questo non può mai garantire la bidirezionalità della trasparenza.

Al contrario, molto spesso l’invocazione alla verità è unidirezionale e lanciata dalla rocca di un’improbabile difesa della privacy

Insegnare la sincerità è un po’ come insegnare la rassegnazione. Sembra più un ricatto morale che una forma di apostolato.

L’ho imparato fin da bambino. L’infanzia, per luogo comune, è il paradiso delle bugie. A me hanno instillato la sincerità. Ero tanto condizionato da non riuscire a mentire. Salvo scoprire che la mia trasparenza era regolarmente usata contro di me.

Pur tuttavia, anche da adulto mi sono raramente preoccupato di occultare, persino quando sarebbe stata la via più semplice, con buona pace di tutti.

In fondo la privacy è una cosa che mi interessa molto poco, oggi come oggi, serve solo a proteggere gli stipendi indecenti di quelli che non li meritano.

Ma l’ipocrisia delle esortazioni unidirezionali alla trasparenza è, quella sì, trasparente.

Sempre Guicciardini annota: “Fa el tiranno ogni possibile diligenzia per scoprire el segreto del cuore tuo, con farti carezze, con ragionare teco lungamente, col farti osservare da altri che per ordine suo si intrinsecano teco, dalle quali rete tutte è difficile guardarsi; e però se tu vuoi che non ti intenda, pensavi diligentemente, e guardati con somma industria da tutte le cose che ti possono scoprire, usando tanta diligenzia a non ti lasciare intendere quanta usa lui a intenderti.”

Anche se oggi il tiranno non è più abbigliato come Enrico VIII ed è un’entità impersonale, situata ovunque e in nessun luogo, e non ha nessun bisogno di ricorrere alla blandizie, per indurre a svelarti. Ti blandisce solo per rifilarti le patacche. Per il resto la sorveglianza è pervasiva.

Qualunque minimo gesto tu compia sul tuo cellulare ti incastra immediatamente in un database.

Ormai ogni più stupida applicazione tu voglia installare, oltre a chiederti immediato accesso a tutti i tuoi file, pretende anche di conoscere costantemente la tua posizione e le tue coordinate.

Persino l’I watch che registra i tuoi parametri vitali durante le tue corsette non li registra in esclusiva per te.

Se poi sei solito operare prevalentemente a casa, attraverso il router, diventi prigioniero di una rete di procedure assolutamente incontrollabili. Alle origini del personal computer, Windows ti informava gentilmente di avere utili aggiornamenti disponibili e ti chiedeva educatamente il permesso di installarli. Ora fa tutto lui in automatico e tu sei amministratore di sistema solo come titolo onorifico.

Ogni programma che installi apre delle crepe attraverso cui risucchia dati e fa entrare di tutto.

La settimana scorsa ho comprato in e-commerce un set per sostituire le lampadine che mi si erano fulminate e, per giorni e giorni, qualunque pagina aprissi mi trovavo circondato da advertising di lampadine di ogni foggia e qualità.

Da un paio d’anni, poi, tentano di indurti in ogni modo ad archiviare il contenuto delle tue memorie di massa, o a farne il backup “per questioni di sicurezza”, nella nuvola, cioè in qualche fantasmatico dispositivo remoto, al di fuori di ogni tua effettiva possibilità di controllo.

Se poi siamo utenti di social il risucchio è sistemico. E non è pensabile che, oltre allo scopo di propinarti la qualunque o di tracciare statistiche, non vi sia anche quello di controllarti.

Anche i giochini apparentemente più innocenti tendono ad inglobare dati. Quando, ad esempio, ti cambiano le foto di screensaver, chiedendoti se ti piace o no.  O i test di personalità. o i minisondaggi di gusto.

Da appassionato di gadget mi sono procurato immediatamente Alexa, non appena è uscita. Oltre ad avere una voce simpatica ed accattivante, si rivela certamente utile e rilassante, quando devo fare il the e le chiedo “Alexa …cinque minuti per favore”, oppure, se mi viene voglia di regredire,  le chiedo “Alexa …anni ‘70 per favore”

Teoricamente lei comincia a registrare solo quando sente “Alexa”.  Ma non è difficile immaginare che, in caso di volontà di controllo, possa essere programmata ad attivarsi su un certo numero di parole tematiche sensibili, per andare a registrare conversazioni private.

Ho scoperto solo recentemente, smanettando sul telecomando e capitando per caso su una schermata “configurazione guidata della webcam”, che la spettacolare smart tv che guardo da anni possiede anche un video-occhietto.  Praticamente invisibile sulla cornice superiore, l’ho trovato solo passandoci sopra i polpastrelli.  Non mi serve e non mi sarebbe servita anche se l’avessi scoperta prima; quindi non l’ho configurata. Ma se lo può fare, lo può fare e sicuramente qualcuno glielo può far fare.

Il fatto di essere costantemente in vetrina è cosa scontata e non dovrebbe preoccuparci più di tanto.

Da un lato, se le finalità sono statistiche, il potere che ne deriva è abbastanza irrilevante, sia sul piano del marketing che su quello del consenso.

O meglio, non è molto diverso da quello che, fino a ieri, si otteneva con il condizionamento del giornalismo di sistema o con il bombardamento degli spot televisivi.

Io ho una tesi in merito: “big data big idiota”

Quelli che pensano di poter sostituire, con l’accumulazione compulsiva di dati, la genesi complessa di un giudizio discernente e di trovare le risposta a qualsiasi problema in formule, scaturite per magia dall’incrocio automatico di un fantastiliardo di microinformazioni, sono ovviamente degli idioti.

Se poi invece il progetto, più o meno esplicitato, è quello di schedare ed archiviare profili individuali, credo che l’operazione abbia una sua utilità per un potere che si voglia totale.

Lo schema di questi profili potrebbe essere sufficientemente dettagliato e documentato.

Ma anche qui le conclusioni che si possono trarre non sono molto diverse da quelle che si potevano ricavare una volta con strumenti più grossolani: la tessera di un partito, le convinzioni religiose, la disciplina lavorativa

Le persone sono entità complesse, anche quelle apparentemente più sempliciotte.  E gran parte dei disastri, derivanti dal mettere persone sbagliate nei posti sbagliati, sono figli della presunzione di poter prevedere attitudini e comportamenti sulla base di mascherine interpretative, per quanto accurate possano essere. Ognuno a modo suo è imperscrutabile. Persino se accettasse di essere spiato a tempo pieno, persino se volesse, con tutte le migliori intenzioni, confessarsi e spiegarsi fino in fondo. Quando uno parla di sé non sa nemmeno lui quale fondamento di realtà abbia la storia che racconta. Per questo penetrare un profilo, con intenzioni di controllo e manipolazione, è  una forma di ingenuità. Per questo la manipolazione è un mito. Il manipolato è il protagonista non la vittima della cosiddetta manipolazione. Nei fenomeni storici di possessione collettiva il popolo è attore in ogni suo singolo componente e mai passiva teoria di topi ipnotizzati dal piffero magico.

È ridicolo che qualcuno possa davvero pensare di farsi un’idea fondata di me, di te, di lui, di lei, dall’enorme mole di dati che lasciamo nei vari canali di comunicazione. Certe cose le scrivo, altre no, ma quelle che non scrivo sono più importanti di quelle che scrivo. Oggi metto un like che ieri non avei messo. Se mi si propone una foto di sfondo e mi si chiede se mi piace o no, la mia risposta è priva di qualsiasi logica riconoscibile e molte volte è casuale.  Dipende dalla noia, dalla fretta, dalla distrazione. La scelta dei termini è in tono con l’umore.  Mentre sto scrivendo mi rendo conto di non essere completamente d’accordo con le opinioni che sto esprimendo. Oppure mi interrompo e cancello, perché non mi pare il caso. Oppure sto giocando.

E mi vengono in mente tutte le volte che qualcuno nella vita reale è rimasto esterrefatto di fronte a una versione di me, nel bene e nel male, che non conosceva.

“I confini dell’anima, andando, non li troverai, neanche se percorrerai tutta la strada; così profondo è il logos che le appartiene” dice Eraclito

Anche la più metodica e abitudinaria delle persone è del tutto imprevedibile. Sono solo le circostanze a tenerla in certi binari. E le circostanze sono ancora più imprevedibili degli uomini.  Che siano la cecità della fortuna o la volontà di Dio i casi sono davvero imperscrutabili

Per questo, a meno che non stiamo progettando il furto del secolo, è superfluo proteggerci dall’invadenza degli spioni informatici.

E quando vorremo recuperare un senso di libertà e di vicinanza ricorreremo ai metodi di una volta, alla bellezza del segreto, quello che passa in un sussurro da una bocca a un orecchio, e dalla bocca successiva all’orecchio successivo, in una catena solidale, ancorata al pensiero e alla memoria comuni, conservati nell’intimità di una dimora imperscrutabile. Conservati con cura e passati al prossimo, tutte le volte che lo riterremo opportuno, così come i libri viventi di Fahrenheit 451.

Endoxa ENDOXA - BIMESTRALE FILOSOFIA Informatica

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