LA PROCREAZIONE NELL’ERA TECNOLOGICA: TRA SCOMPOSIZIONE DEL ‘FATTORE BIOLOGICO’ ED ESIGENZE DI ‘RICOMPOSIZIONE GIURIDICA’

6588194669_1fa2f5abfe_bGIANNI BALDINI

La constatazione di una Natura “madre” e “matrigna”, che non a tutti concede la gioia di avere un figlio, costituisce forse, la giustificazione filosofico-morale prima dell’impiego degli strumenti bio tecnologici nell’ambito personalissimo della procreazione umana. L’aspirazione di ogni individuo ad avere una discendenza, tema altissimo e antichissimo, è sempre stato evento soltanto  in parte dipendente dalla sua volontà, dovendosi attribuire rilevanza decisiva a fattori biologici e casuali nella determinazione del processo generativo. La procreazione, che della filiazione costituisce il presupposto, rappresenta in tutti i casi una facoltà essenziale per l’uomo nella misura in cui mediante l’esercizio  di tale facoltà esso realizza la propria personalità nella dimensione oltre che individuale, sociale e familiare. In tal senso non da oggi, in ambito giuridico ci si interroga se ciò costituisca l’oggetto di una libertà negativa ovvero di un diritto positivo rientrante tra gli interessi tutelati ex art. 2 Cost. Il diritto si è occupato di regolare il fatto naturalistico della procreazione attraverso il complesso di norme poste a disciplina della c.d. filiazione legittima (in presenza di vincolo matrimoniale tra i genitori sussistendone le relative presunzioni) e naturale (in assenza di tale vincolo). Alla inidoneità fisica di procrea- re della coppia, storicamente si è tentato di dare una soluzione creando una realtà di diritto che si imponeva sul piano dei fatti: l’adozione.

Così, accanto alla filiazione secondo natura si è assistito all’affermarsi di un nuovo tipo di filiazione c.d. civile in quanto traente origine non da un fattore di derivazione biologica ma da una previsione giuridica tesa a soddisfare  il bisogno insopprimibile, naturalmente irrealizzabile del figlio. Il tumultuoso sviluppo della scienza medica da una parte, l’affermarsi della sterilità  come patologia sempre più diffusa nelle società avanzate dall’altra, hanno così determinato le condizioni per l’affermarsi di una terza forma di filiazione, ad integrazione di quella “naturale” ed adottiva: la c.d. filiazione “artificiale” in seguito più propriamente definita, “assistita”. Più che ad un progresso scientifico “che celebra se stesso”, la diffusione a livello di massa delle metodiche assistite di procreazione deve essere imputata al bisogno, in costante aumento, di un’applicazione di tali scoperte a beneficio dell’uomo . In altre parole non sono tanto (o solo) le scoperte di nuove tecniche di biologia della riproduzione ad aver provocato tale diffusione, in un’ ottica di ampliamento della libertà dell’individuo di scegliere l’an, il quando, il quanto e il quomodo procreare, causa più che effetto incidentale del fenomeno, quanto la necessità di ricercare, da un lato, nuovi strumenti per fronteggiare il geometrico aumento delle problematiche patologiche connesse all’infertilità e/o sterilità maschile e femminile; dall’altro di fornire risposte alle cc.dd nuove famiglie.

Dunque una nuova forma di genitorialità caratterizzata da tre aspetti di assoluta rilevanza: 1. Il superamento della modalità naturalistica dal binomio sessualità-riproduzione a quello procreazione senza sessualità; 2 L’irrilevanza del fattore di derivazione biologica come elemento attributivo dello status personae e familiae dei soggetti implicati (genitori/figli); 3. La c.d. collaborazione procreativa come elemento strutturale del fenomeno.

I primi due aspetti costituiscono espressione di una ‘rivoluzione copernicana’ in ambito procreativo che descrive e traduce un fatto epocale: il superamento del paradigma della “naturalità”, declinato in tale ambito come il fenomeno caratterizzato dalla compresenza di uomo e di una donna in età potenzialmente fertile, in coincidenza spazio-temporale, che concepiscono mediante l’unione sessuale un figlio. La rottura dell’endiadi sessualità-riproduzione, per effetto dei profondi mutamenti culturali e di costume intervenuti (educazione sessuale, anticoncezionali, IVG), è stata dunque preludio per una separazione ben più radicale, per effetto delle profonde innovazioni tecnologiche in campo bio-medico: quella fra procreazione e sessualità che possono configurarsi oggi come elementi, astrattamente, autonomi e indipendenti. Il rapporto sessuale fra un uomo ed una donna non costituisce più la condicio sine qua non necessaria all’evento della nascita, essendo ben possibile arrivare alla generazione di un essere umano con l’ausilio di strumenti tecnologici. Ciò è stato reso possibile in primis dalla separazione dei gameti, che mantengono la propria capacità generativa, dal corpo umano che li ha prodotti e dalla possibilità per gli stessi di essere conservati e di circolare in modo autonomo.

Ciò pone l’esigenza di (ri)definire e di (ri)organizzare l’intera vicenda al fine di (ri)individuare  ruolo e funzione di ciascuno nello svolgimento del fenomeno in un contesto in grado di assicurare la tutela e la garanzia dei diritti fondamentali di tutti i soggetti coinvolti: generanti, generato e, in funzione strumentale, donatore e  medico. Tutta la riflessione ‘a valle’ sul piano etico, filosofico, scientifico e infine giurdico sulla vicenda, in grado di condizionare ogni dibattito riguardo alla direzione e alla visione prospettica del fenomeno, ruota attorno alla risposta che si vorrà dare alla domanda: se la ‘procreazione tecnologica’, rectius l’impiego delle tecniche di procreazione medicalmente assista, possano essere considerate una nuova forma di riproduzione, anche alternativa, rispetto a quella naturale oppure debbano ritenersi un trattamento terapeutico della sterilità/infertilità di coppia.

Evidenti le implicazioni della risposta. Sul piano soggettivo: non solo la coppia eterosessuale ma il single e la coppia omosex potranno realizzare il proprio progetto genitoriale; sul piano oggettivo: a prescindere dall’età dei soggetti, dalla compresenza degli stessi (v. la c.d. procreazione post mortem) dalla provenienza del contributo genetico (c.d. PMA eterologa) e/o genetico-biologico (c.d. Gestazione per conto d’altri , GPA), l’istanza genitoriale compatibile con i criteri giuridici di ammissibilità individuati, si tradurrà nella costituzione di una relazione giuridico-sociale rilevante di paternità o maternità con ogni implicazione sugli status personae e familiae

Il terzo profilo sopra individuato ci consegna una differente esigenza: quella  di avviare una riflessione sistematica più articolata e per certi aspetti trasversale che supera la dialettica procreazione naturale vs procreazione tecnologica ovvero fecondatio naturam imitatur  vs  libertate a lege naturae e, talvolta, prescinde pure dall’esigenza di pre-definizione di criteri giuridici di ammissibilità del fenomeno. Infatti il tema della ‘collaborazione procreativa’ attraverso il quale l’uso di materiali biologici altrui, consente la realizzazione di un progetto genitoriale da parte di chi si assumerà ogni responsabilità morale, sociale e giuridica sul nato, finisce con l’investire trasversalmente e globalmente il fenomeno, con ricadute ed implicazioni su aspetti personalissimi che attengono a diritti fondamentali dei soggetti implicati. L’esemplificazione mediante rinvio a specifiche metodiche consentirà di comprendere appieno la questione. Il riferimento è in primis alle ipotesi di donazione di gameti (maschili o femminili), a beneficio di uno soltanto o di entrambi i soggetti; ma anche alla donazione/terapia di/su frammenti del DNA (nucleare o mitocondriale); la gestazione surrogata ( nella doppia variante della c.d. mera locazione di ventre ovvero di surrogazione totale). Tradotto, si tratta delle ipotesi di PMA eterologa; PMA con terapia genica sui gameti; Gestazione per conto d’altri.

In tutti questi casi il fenomeno procreativo medicalmente assistito si traduce nell’impiego di materiali biologici di terzi che consentono ai titolari del progetto genitoriale di perseguire il risultato atteso. Ciò avviene attraverso il superamento di un paradigma quello naturalistico, da cui conseguivano regole giuridiche che assicuravano la piena corrispondenza tra derivazione genetico-biologica e assunzione della responsabilità giuridico sociale. La prima costituiva il fondamento della seconda. Il fenomeno che stiamo analizzando invece, si realizza attraverso la scomposizione tra più soggetti del contributo biologico-naturalistico e il superamento della sua fisiologica sovrapposizione col fattore volontaristico. Di talchè emerge una genitorialità d’intenzione che si staglia sullo sfondo di una genitorialità biologica meramente strumentale, con conseguente scissione dei due fattori sociale/biologico che hanno storicamente costituito le complesse figure della paternità e maternità in senso giuridico e sociale.

Dunque tutta la responsabilità passa al decisore politico che dovrà organizzare una risposta regolatoria con implicazioni significative sia sul piano individuale per i diritti fondamentali della persona sia come singolo sia nelle formazioni sociali nelle quali si esercita la sua personalità; che su quello collettivo, con precipuo riguardo all’organizzazione della comunità sotto il profilo dei diritti/obblighi personali e patrimoniali riconosciuti ai consociati e alle formazioni sociali nelle quali i medesimi si trovano coinvolti (in primis la famiglia). In altre parole sarà il ‘diritto’ ( di matrice normativa e giurispudenziale) a dover fissare i paletti di questo ‘nuovo ordine’ determinato dalla possibilità tecnologica e dalle mutate istanze sociali nel rispetto, sul piano sostanziale, dei limiti dettati dal perimetro dei diritti e delle tutele assicurate dalle Carte costituzionali; sotto quello metodologico, adottando la tecnica del bilanciamento tra diritti fondamentali che esclude financo la mera possibilità  che qualcuno di essi possa infine configurarsi come ‘diritto tiranno’ cioè interesse meritevole e prevalente che non ammette temperamenti di sorta.

Così, ad esempio, ammettere la PMA eterologa unicamente come rimedio per la coppia infertile, significherà consentire un trattamento terapeutico dell’infertilità nelle situazioni più gravi non altrimenti superabili (il riferimento è all’art 32 Cost); ammetterlo anche per la coppia same sex ovvero,  oltre l’età fertile o ancora per il single, significherà riconoscere una libertà/diritto di procreare che esula dal perimetro naturalistico e pone l’esigenza di un bilanciamento con altre diritti e liberta (il riferimento è agli artt 2 e 13 Cost).

In altra prospettiva si osserva come le possibilità offerte dalle evoluzioni cliniche e diagnostiche, in ambito biotecnologico, rendono i confini ancora più incerti consentendo di intervenire precocemente su talune patologie a carico degli ovociti (si pensi ad alcune alterazioni mitocondriali ) con specifiche terapie ovvero combinando il DNA dei due genitori intenzionali con i mitocondri sani di una donatrice. In questo caso oltre il binomio genitorialità d’intenzione/genitorialità biologica, siamo qui in presenza di una ulteriore frammentazione dell’elemento biologico tra i soggetti che hanno ‘collaborato’ all’apporto genetico con ogni implicazione conseguenziale sia sul piano biologico che delle possibili soluzioni in ambito giuridico-sociale.

Ancora, consentire la GPA significa innanzitutto riconoscere che il corpo di una donna potrà essere messo a disposizione per realizzare l’istanza genitoriale di altri. Ammesso l’assunto, la domanda diventa : a quali condizioni questa ‘collaborazione procreativa’ può essere realizzata? Se rimaniamo nell’ottica terapeutica si tratterebbe di consentire ad una coppia nella quale la donna risulta affetta da una malattia che la rende inidonea ad una gestazione di avvalersi della collaborazione di una terza che porta avanti la gravidanza per suo conto (madre gestazionale). Ove a ciò si aggiunga una inidoneità/impossibilità di fornire il materiale biologico soccorrerebbe un’altra donna in qualità di donatrice di gameti (madre genetica). Fuori da tale ottica, la legittimazione di nuovi modelli di famiglia (ad esempio coppie same sex) autorizza a ritenere fondata e meritevole che l’istanza genitoriale possa trovare pieno riconoscimento anche in tale ambito. In altra prospettiva ci si domanda se, in considerazione della natura della prestazione effettuata, dell’impegno, dei rischi e dello stress sia sul piano fisico che psicologico che la medesima comporta per la gestante, possa ipotizzarsi un ristoro economico per la stessa ovvero debba ritenersi che in omaggio al principio di gratuità, volontarietà, non corrispettività degli atti di disposizione del proprio corpo, tale possibilità debba essere sempre e comunque esclusa. Sul punto non c’è chi non veda come una cosa sia ipotizzare un rimborso spese e/o un indennizzo accompagnato da una regolamentazione de definisca chi, quante volte, in quali condizioni è possibile effettuare la pratica, altra cosa prevedere un corrispettivo economico assimilabile ad una retribuzione a titolo di controprestazione all’attività svolta

Alla luce di quanto precede le opzioni che si pongono al decisore nella ricostruzione delle vicende sopra esemplificatoriamente riportate  non sono ‘neutre’. Infatti vanno ad impattare su interessi e diritti fondamentali dei soggetti coinvolti. Prevedere o meno l’anonimato dei donatori di gameti/materiali biologici, “collaboratori” essenziali per la realizzazione dell’altrui istanza genitoriale comporterà una impatto significativo nell’assetto familiare che verrà a costituirsi sia con riguardo ai genitori sociali sia con riguardo al nato e ciò non tanto in relazione alla certezza e stabilità degli status (complesso dei diritti personali e patrimoniali conseguenti al rapporto di filiazione) che non potrà certo essere rimessa in discussione, quanto sul piano morale e della qualità/natura delle relazioni affettive che ne conseguirebbero. In tal senso la questione anonimato o non anonimato del donatore diventa centrale riguardo ai profili collegati alla tutela della identità personale come diritto fondamentale dell’uomo (in questo caso del nato) che le Supreme magistrature (dalla Corte Europea per i diritti dell’Uomo alla Corte Costituzionale) hanno nell’ipotesi in esame declinato enucleando un diritto a conoscere le proprie origini genetiche come interesse giuridicamente garantito e meritevole di tutela che pur nell’ottica di un bilanciamento tra diritti costituzionalmente rilevanti, dovrebbe comunque essere in qualche modo garantito.

Ma regolare o meno il fenomeno della GPA (anche a prescindere dal riconoscimento della sua legittimità sul piano giuridico) significa garantire comunque la tutela dei nati a prescindere dal giudizio sulla condotta dei genitori. Infatti ove tale metodica venga legittimamente realizzata in paesi nella quale è consentita da cittadini appartenenti a paesi ove sussiste un espresso divieto (…ma senza regole per l’ipotesi della sua violazione…ed è il caso dell’Italia) quale sarà la sorte del nato? Quali i diritti, gli obblighi e le tutele riconosciute al figlio nei confronti dei genitori (biologico e d’intenzione) e delle relative famiglie? La Consulta con alcune pronunce anche molto recenti ha sottolineato come a prescindere dai ‘divieti’ risulti inaccettabile una discriminazione tra figli in dipendenza delle modalità della nascita.

Insomma il panel delle questioni è molto articolato e le conseguenze delle scelte possibili estremamente significativo sia sul piano individuale che collettivo. In tutto ciò l’unica certezza è che si tratti un contesto  strutturalmente work in progress ove l’etica, la scienza, l’economia si confrontano candidandosi ciascuna come l’opzione possibile migliore per la gestione delle vicende. Invero, a nostro sommesso avviso, tutte risultano ex adverso inadeguate e pericolose ad interpretare in solitaria un tale ruolo che proprio perche risponde ad ineludibili esigenze di governance di un fenomeno creato dallo sviluppo tecnologico, necessita di essere preventivamente definito con soluzioni che solo il ‘Diritto’ è in grado di apprestare; diritto, si intende  immaginato come insieme di  regole vincolanti, espressione della mediazione e della sintesi tra valori e principi raggiunta in seno alla comunità di riferimento, che ha per fine la tutela dei rilevanti interessi (individuali e collettivi) in gioco, nel rispetto dei principi e dei valori fondanti il sistema, in un quadro che assicuri il rispetto dei diritti e delle libertà di tutti.

“anatomical chart of human reproductive systems” by non-euclidean photography is marked with CC BY-NC-ND 2.0.

DIRITTO ENDOXA - BIMESTRALE

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