VIAGGI NELLO SPAZIO: PASSEGGERI O PILOTI?
ANTONINO SALMERI
Il 12 Luglio 2022 è stato un giorno storico per l’umanità. Dopo una trepidante attesa di 7 mesi, la NASA, l’ESA e l’Agenzia Spaziale Canadese hanno finalmente rivelato le prime immagini ottenute dal James Webb Space Telescope (JWST), il più importante (e costoso) mezzo di osservazione del cielo profondo mai costruito dagli esseri umani. Le immagini ottenute dal JSWT ci mostrano con assoluta evidenza l’incredibile vitalità dello spazio primordiale. In una porzione di cielo equivalente allo spessore di un granello di sabbia, il JSWT ha identificato decine di migliaia di galassie in formazione, ognuna con al suo interno milioni di stelle e miliardi di pianeti. Dinanzi a tanta immensità non possiamo fare altro che chiederci quale sia il nostro ruolo in questo viaggio cosmico che la “nostra” Terra compie da circa 4 miliardi di anni. Finora siamo stati meri passeggeri, per lungo tempo inconsapevoli della reale natura di tutto quanto ci circonda nello spazio attorno a noi. La domanda che dovremmo porci dunque è: potremmo un giorno diventare piloti? La risposta ad un interrogativo di tale portata comporta una serie di riflessioni interdisciplinari che spaziano dall’ingegneria al diritto passando per la sociologia e naturalmente l’etica. Senza alcuna pretesa di esaustività, questo articolo si propone di suggerire degli spunti che possano stimolare il lettore interessato su ognuno di questi quattro campi, approfondendo aspetti relativi alla fattibilità, legalità, convenienza e moralità dell’espansione umana nello spazio.
Per cominciare, bisogna partire da considerazioni di natura pratica. Che risorse abbiamo noi esseri umani per assumere un ruolo da protagonisti in questo immenso cosmo fatto di miliardi stelle e, presumibilmente, altrettante altre forme di vita? La risposta non è così scontata come forse molti di voi saranno portati a pensare. Da un lato è facile, e del tutto naturale, lasciarsi intimidire dalla vastità dell’Universo e dalla sua spaventosa longevità. L’intera cronologia della nostra specie si estende per qualche milione di anni, tutta la Storia della civiltà umana è racchiusa in poche decine di secoli e la vita di un essere umano ne dura al massimo uno: un battito di ciglia, in confronto ai 14 miliardi di anni di vita dell’Universo. Come si può pensare dunque di poter assumere un ruolo di primo piano in un processo che ci scavalca – sia individualmente che come collettivo – di così tanti ordini di magnitudine? Walt Whitman risponderebbe: perché noi siamo qui. Perché la vita esiste – e per l’identità. Per quanto semplice possa apparire, il solo fatto di essere in grado di prendere consapevolezza di noi stessi e dell’Universo attorno a noi ci rende anche capaci di cambiare la nostra condizione. Che il potente spettacolo continua, e che tu puoi contribuire con un verso. Quale sarà il nostro verso?
A ben vedere, l’evoluzione tecnologica del settore spaziale procede ad una rapidità strabiliante, tenuto conto degli elevatissimi costi e delle intricate complessità tecniche. Nel giro di 10 anni la nostra specie è riuscita, partendo da zero, a camminare su altri corpi celesti. Nei successivi 60 anni abbiamo sviluppato impressionanti capacità di comunicazione, navigazione ed osservazione, come recentemente dimostrato dal James Webb. Da ben 20 anni ci sono esseri umani che vivono nello spazio, conducendo pregiatissimi esperimenti scientifici di portata fondamentale per il passato, presente e futuro dell’umanità. Allora cosa ci manca per passare da passeggeri a piloti? La risposta per me è molto semplice: energia. Per prendere veramente in mano il nostro ruolo nell’Universo avremo bisogno di enormi quantitativi di energia che ci consentano di viaggiare e (soprav)vivere nello spazio in maniera efficiente e sostenibile. La buona notizia è che non abbiamo bisogno di produrre noi questa energia: ci pensa già il Sole, la nostra amata stella, a fare tutto il lavoro per noi. Si tratta solo di incapsulare questa energia e riutilizzarla per scopi pacifici ed in modo sostenibile. Per raggiungere questo scopo è fondamentale investire nella cd space-based solar power, la produzione di energia solare basata nello spazio. Solo attraverso questa tecnologia riusciremo a procurarci, su larga scala, l’energia che ci serve per espanderci nello spazio.
Naturalmente il semplice fatto di essere in grado di fare qualcosa non è sufficiente per farla. Come esseri umani organizzati in società basate sul diritto, è necessario interrogarci sulla legalità delle nostre azioni. E dunque la domanda diventa: è lecito cambiare il nostro status da viaggiatori nello spazio a piloti dello stesso? La risposta anche in questo caso non è affatto diretta. Com’è noto, fin dal lancio del primo satellite artificiale le attività spaziali sono state (e sono tuttora) governate dal diritto internazionale. Onde assicurare la cooperazione internazionale e l’utilizzo pacifico dello spazio, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha costituito un’apposita Committee on the Peaceful Uses of Outer Space (COPUOS). Nel corso dei passati 60 anni, gli Stati Membri del COPUOS hanno prodotto una serie di Trattati, consuetudini internazionali e linee guida che insieme costituiscono il Corpus Iuris Spatialis. Al cuore di questo Corpus si trova l’Outer Space Treaty (OST), il documento fondante del diritto internazionale spaziale. I due principi fondamentali su cui poggia l’architettura del Trattato sono la libertà di esplorazione ed uso dello spazio in conformità al diritto internazionale e nell’interesse di tutte le nazioni, e il divieto di appropriazione sovrana dello spazio e dei corpi celesti. Dal bilanciamento di questi due principi è possibile concludere in favore della liceità dello stabilimento dell’umanità nello spazio, ma non della sua colonizzazione. La differenza tra questi due approcci sta nel tipo di relazioni che si instaurano con l’ambiente spaziale: in una logica di stabilimento, nessun attore può vantare pretese esclusive sullo spazio e le sue risorse; mentre, com’è noto, i procedimenti colonizzatori si basano sull’idea che tutto ciò che viene scoperto dai coloni diventa di loro proprietà. Ne consegue, ai fini del nostro ragionamento, che la nostra trasformazione da passeggeri a piloti dovrà avvenire nell’interesse generale di tutte le nazioni, e in armonia con lo spazio che ci circonda di cui saremo sempre ospiti, e mai colonizzatori.
E dunque: se espanderci nello spazio non è solo possibile ma anche legale (a certe condizioni), la domanda diventa: ha senso investirvi le risorse necessarie a tale scopo? Per quanto spiacevolmente utilitaristico, questo interrogativo si rende essenziale in una società come la nostra dove ogni singola spesa deve essere inquadrata in una logica di ritorno beneficiario.
E dunque: ci conviene restare passeggeri o è meglio addestrarci e diventare piloti? In questo caso la risposta, ad opinione di chi scrive, è relativamente semplice: le opportunità ed i benefici dell’espansione umana nello spazio superano di gran lunga i costi e gli svantaggi. Senza bisogno di richiamare la finitezza intrinseca della nostra esperienza sulla Terra, che, come tutti i pianeti del sistema solare, è condannata ad una fine certa nell’arco dei prossimi miliardi di anni, concrete minacce immediate come le guerre, le pandemie e il cambiamento climatico devono farci riflettere sulla necessità di costruire futuri alternativi su altri pianeti. Si sente spesso ripetere che non c’è nessun planet b; e questo è senz’altro vero nell’immediato. E tuttavia: se vogliamo assicurare la sopravvivenza della nostra specie per il più lungo periodo possibile, non si può prescindere dall’espansione spaziale. Questo non vuol dire affatto che dovremmo ignorare le nostre responsabilità verso il Pianeta su cui viviamo attualmente: al contrario, significa prendere atto di quelle responsabilità per migliorare il nostro futuro sulla Terra costruendone di nuovi su altri pianeti. Uno dei problemi più grandi che affliggono attualmente la nostra società contemporanea è una domanda di risorse sproporzionata rispetto a quanto il Pianeta è in grado di offrire. Allargando la sfera dell’agire umano all’ambiente spaziale, diventeremmo in grado di attenuare la pressione che esercitiamo sulla Terra, ridistribuendola tra più corpi celesti. Tale risultato si può raggiungere non soltanto attingendo alle risorse spaziali, ma anche migliorando la nostra capacità di utilizzo di quelle terrestri grazie agli avanzamenti tecnologici necessari al fine di raggiungere il primo obiettivo.
Atteso che è possibile espanderci nello spazio, che tale attività si può svolgere in modo legale e che i vantaggi supererebbero di gran lunga i costi, rimane solo da chiedersi: è giusto farlo? In quanto esseri dotati di coscienza morale sappiamo che non tutto ciò che è possibile, legale e conveniente è necessariamente anche etico. La trasformazione da passeggeri a piloti in questo nostro viaggio nello spazio-tempo presuppone un’autopromozione che non tutti potrebbero trovare condivisibile da un punto di vista morale. Sul piano filosofico, esistono due movimenti contrapposti – i trasformativi ed i contemplativi – che dibattono precisamente di questi argomenti. Secondo i trasformativi, la nostra condizione di vita intelligente comporta la responsabilità della – ed il correlativo diritto alla – nostra stessa continuazione. In base a questo ordine di principi, abbiamo il dovere di prendere in mano il nostro destino nello spazio per promuovere l’evoluzione ed assicurare la conservazione della nostra specie. In senso contrario, i contemplativi ritengono che il semplice fatto di poter prendere coscienza del mondo attorno a noi non ci conferisce alcuno status particolare in questo immenso sistema che è l’Universo. Per conseguenza, gli esseri umani non hanno alcun diritto di servirsi dello spazio per assicurare la propria stessa continuazione e farebbero meglio a non interferire con l’equilibrio naturale dello stesso. Seguendo il metodo Oraziano, la risposta all’interrogativo sull’eticità dell’espansione umana nello spazio dipende dalle modalità con cui questa viene condotta. Similmente alle considerazioni svolte per gli aspetti di legalità, uno stabilimento che sia rispettoso dell’ambiente circostante, ossia che armonizzi la presenza dell’umanità nell’ambiente spaziale invece di piegarne le caratteristiche a nostra immagine e somiglianza, sarebbe di per ciò stesso eticamente accettabile per molti sistemi di valori conosciuti.
In conclusione, è opinione di chi scrive che l’avventura umana nello spazio possa e debba continuare ed espandersi, a condizione che ciò avvenga in maniera condivisa e ponderata. Per svariati millenni i nostri antenati hanno considerato il cosmo parte integrante delle loro vite, sognando di vivere tra le stelle. Oggi noi ci stiamo avvicinando a realizzare il pieno potenziale di questi desideri, ma per riuscirci davvero è necessaria una presa di coscienza collettiva del ruolo che vogliamo ricoprire in questo grande e meraviglioso gioco di luci che è l’Universo.
DIRITTO ENDOXA - BIMESTRALE ENDOXA LUGLIO 2022 VIAGGI NELLO SPAZIO