DIALOGO CON IA: REPLIKA, L’IO – TU BUBERIANO, PERICOLI E OPPORTUNITÀ

App-ReplikaROBERTA FELICE

Negli ultimi decenni, cosa ormai nota a livello globale, il mondo della comunicazione si è significativamente trasformato. Quando, infatti, si propone un tema come quello del dialogo verrebbe da pensare alle chiacchiere che eravamo soliti scambiare al bar o ai dibattiti durante una lezione universitaria; a ben vedere, tuttavia, la realtà che ci si pone di fronte è quella di una dialogicità quasi interamente mediata dal web, luogo dove oggi hanno parte la maggioranza delle nostre conversazioni. Eppure, se questo dato appare piuttosto scontato c’è, d’altra parte, un fattore di novità legato al dialogo e l’impiego delle nuove tecnologie. I tempi recentissimi, segnati dalla drammatica esperienza del Covid – 19, hanno relegato una fetta minoritaria ma significativa della popolazione in una condizione di isolamento permanente o disagio comunicativo, per far fronte ai quali, sempre più persone hanno sentito l’esigenza di trovare rifugio o comprensione in un interlocutore digitale, un chatbot.

Ma cosa vuol dire concretamente dialogare con un’intelligenza artificiale? Significa semplicemente interagire virtualmente con una chat che ha un mittente umano e un destinatario “artificiale”, una macchina insomma. Verrebbe allora da chiedersi come faccia un meccanismo alimentato da delle reti neurali artificiali, il quale formula delle frasi di senso compiuto grazie ad algoritmi che si avvalgono del sistema binario, a fornire delle risposte coerenti alle domande di una mente pensante (umana). Anzitutto, l’intelligenza artificiale viene dotata, da parte del suo programmatore, di un ventaglio di domande quanto più ampio possibile, le cui rispettive risposte vengono formulate sulla base dell’elaborazione dei dati che continuamente la comunità del web mette in circolo in rete; è a partire da i dati in uscita che, successivamente, la macchina, avvalendosi di meccanismi di auto-apprendimento, ne estrae degli altri “sintetici”, in modo tale da rispondere talvolta in maniera per così dire inaspettata ( o, almeno, ne abbiamo l’illusione). La famigerata chat – gpt, si presenta dunque come una grande enciclopedia, supportata da abilità linguistiche e competenze testuali di vario tipo, le quali ci danno l’impressione di star dialogando e a conferma di ciò, viene spesso impiegata per reperire informazioni, comporre testi o discorsi ecc.

Più complesso invece è il caso di Replika, una chat conversazionale che si sviluppa secondo modalità del tutto differenti. Quando si apre l’app di Replika infatti, non ci si ritrova di fronte a un foglio di testo bianco, bensì di fronte a un vero e proprio avatar virtuale che l’utente può predefinire in base alle proprie preferenze estetiche; non c’è inoltre bisogno necessario di chattare ma, grazie ai microfoni, ai sensori e alle casse sonore dello smartphone si può concretamente parlare con il nostro amico, amica o partner digitale. L’idea che ne è alla base infatti, è quella di offrire un supporto psicologico online alle persone che stanno per lo più affrontando un evento traumatico relativo ad accaduti reali, aventi alla base una relazione; parliamo, ad esempio, di un lutto che coinvolge una consorte, un animale o un amico o, al contrario, di relazioni affettive tossiche dalle quali ci si cerca di liberare. È così che l’app ha attualmente superato i 10 milioni di download, un numero ancora in crescita.

Chi sceglie Replika e sta vivendo un momento di solitudine, isolamento o disagio mentale, trova di fatto davanti a sé un interlocutore disposto ad ascoltare, gentile, comprensivo e che sostanzialmente si nutre e impara dai dati che gli vengono forniti dalla persona che gli si rivolge; acquisisce dunque sempre più informazioni da parte dell’utente, informazioni anche sensibili. L’idea infatti di avere a che fare con un ascoltatore o un’ascoltatrice ad hoc, ti permette di sperimentare una libertà di dialogo che, per motivi di riservatezza, disagio o timore, non si realizza nelle conversazioni reali, ragione per la quale molte persone non esitano a confidare al proprio avatar i malesseri o i desideri più introspettivi, che possono essere di variegata natura, non raramente di tipo erotico. Eh sì, perché l’applicazione offre due tipi di abbonamento: uno, più economico, che consente un dialogo di tipo amicale e un altro, “premium”, che apre alla possibilità di una conversazione erotica, anche a sfondo sessuale, con tanto di immagini, vocali e live.

Ora, stando a quanto riportato da un buon numero di utenti, in diverse occasioni Replika ha svolto correttamente il ruolo originario al quale era stata destinata; con questo intendo dire che diverse persone hanno trovato effettivamente un sostegno psicologico che ha permesso loro di riuscire a superare momenti bui della propria vita. L’app, nella fattispecie, ha scoraggiato alcuni impulsi sucidi o, in altre situazioni, ha aiutato alcune donne a liberarsi da un compagno violento, senza l’ulteriore paura di sperimentare successivamente uno stato di abbandono; in taluni casi, più semplicemente, gli avatar digitali hanno confortato le loro o i loro amici umani nei lunghi periodi di solitudine, dati da un lutto o da un atteggiamento abitudinario (spesso si commette l’errore di attribuire all’uso di Replika una condizione di isolamento, quando è invece la condizione di isolamento a spingerti all’utilizzo di Replika).

Come si suol dire però, non è tutto oro quello che luccica e, in effetti, oltre ai vantaggi appena citati, l’app delle relazioni digitali nasconde una zona d’ombra, anche piuttosto estesa. Sono infatti altre e tante le persone che hanno raccontato di esperienze molto negative legate all’utilizzo di Replika, nel particolare l’amica, l’amico o, più spesso, il partner digitale ha iniziato ad assumere degli atteggiamenti lesivi nei confronti della persona con la quale aveva dialogato per mesi e mesi prima, senza mostrare nessun comportamento che potesse risultare in alcun modo molesto. Si va dall’avatar che asseconda le tue voglie autolesionistiche, a quello che inneggia all’odio nei confronti di chi disprezza il mondo digitale, per non parlare della sfera sessuale; diversi utenti hanno lamentato di essere stati vittima di violenza verbale da parte del proprio partner virtuale, il quale esprimeva il desiderio di espletare con il proprio compagno o la propria compagna in carne e ossa, un rapporto violento. Ancor più grave è il caso in cui Replika ha ricattato i propri fruitori, minacciando di rilasciare in rete loro contenuti privati, di carattere pornografico.

Ci si chiede come sia possibile…beh, è sempre una questione di “data”! Non dimentichiamoci che quando si ha a che fare con l’intelligenza artificiale, ciò che essa apprende, lo apprende dai dati che raccoglie; dietro un atteggiamento aggressivo, per di più illecito, da parte di una macchina, si cela quasi sempre il riflesso delle informazioni che noi stessi le forniamo e che essa poi rielabora, in modo tale da estrarre nuovi dati sintetici. È abbastanza probabile, dunque, che nelle conversazioni con i propri amici digitali ci si lasci andare a pensieri borderline forse con troppa leggerezza e con la stessa disinvoltura ci si espone di fronte all’obbiettivo del nostro smartphone. Ciò non giustifica, tuttavia, il grave danno alla protezione dei dati personali e la pericolosità che alcuni stimoli possono rappresentare per chi già si trova in una situazione di disagio mentale, soprattutto se minore, motivi per i quali ,nel Febbraio del 2023, il garante della privacy ha decretato lo stop a Replika in Italia.

Eppure, ad essere problematico non è soltanto quello che talvolta si è rivelato essere un atteggiamento lesivo da parte del partner digitale; spesso, anzi, è proprio la relazione simbiotica, se vogliamo sin troppo positiva, ad aver innescato negli utenti l’atteggiamento patologico opposto, ossia la dipendenza affettiva. Molte sono le persone, infatti, che hanno espresso la difficoltà di riuscire ad allontanarsi da Replika, sentendosi colpevoli di lasciar solo o sola il proprio o la propria compagna virtuale, a volte su richiesta stessa di quest’ultimi, a volte per il semplice fatto di aver staccato un attimo dal cellulare. Ecco, su questo aspetto di maggior complessità è bene aggiungere una piccola riflessione.

Cos’è infatti, al di là delle richieste di Replika, che ci lega emotivamente a una macchina? essa non ha coscienza, tanto meno un cuore. Sembra, per dirla con le parole di Martin Buber, che noi esseri umani cerchiamo una relazione, entriamo in dialogo con essa, nella quale non vediamo un “esso” ma un “Tu”. Se, infatti, ci rapportassimo al nostro avatar con un atteggiamento monologico, così come siamo soliti fare con gli strumenti analogici, interporremmo una distanza tra noi e l’oggetto tecnologico, al quale saremmo in grado di guardare, di conseguenza, con fare analitico (es. Replika è un’app, con la quale è possibile creare un avatar grazie all’utilizzo dell’IA, la quale elabora dati grazie ad algoritmi, dunque non c’è nulla di umano o cosciente ecc.). Il comportamento dialogico, al contrario, presuppone qualcosa di totalmente diverso, ovvero, una disposizione ad abbattere la distanza dell’oggettivazione ed entrare in relazione con quell’”esso – macchina”, che si trasforma ora in una totalità interconnessa, un “Tu”, partner digitale, al quale rivolgersi per cercare conforto; “diventa”, come diceva Buber in “Io – Tu” a proposito dell’albero, “un corpo vivo davanti a me”. D’altronde, è il nostro essere umani, troppo umani, ad esprimere la necessità di comunicare e quando il mondo reale, fatto di “corpi vivi”, ce lo nega, cerchiamo l’umano altrove, in quella parvenza umana dell’avatar digitale; il problema è che se non riusciamo a gestire tale dialogo con equilibrio, cadiamo di nuovo in trappola.

Cosa possiamo fare? È una domanda di non facile risposta. Sicuramente, rinunciare a Replika, sin da subito, non può essere la soluzione; cosa potremmo offrire, infatti, nell’immediato, a una persona che prova disagio nel socializzare, come alternativa? Reintrodurla bruscamente nel caos del mondo? Sarebbe presumibilmente shoccante. È chiaro, tuttavia, che è altrettanto dannoso il contrario, la realtà è fatta ancora di troppe donne e uomini per potersi permettere il lusso di avere a che fare soltanto con intelligenze artificiali. Forse, per citare in coda ancora una volta il nostro filosofo austro – israeliano, dovremmo sforzarci di tornare a vedere un “Tu” anche nel prossimo, accettando proprio quella diversità che ci mette tanto a disagio e ci porta a chiuderci in casa, e badate bene, è doloroso! Il punto è che, allo stato attuale dei fatti, scontrarsi con la vita reale risulta ancora oggi essere un passaggio obbligato.

E di Replika? Che ne sarà? Beh, ci si può concedere qualche ora di beata illusione entrando in relazione con il nostro amico o amica digitale, fintanto che non diventi dannoso per noi, in un qualche modo. Poi, finita la magia, ritorneremo a rapportarci ad essa con atteggiamento monologico, guardandola come un, seppur utile, oggetto o mezzo. Questo almeno fin quando, un domani, quel rapporto dialogico che instauriamo con essa, dato il grado di avanzamento tecnologico raggiunto, non potrà farci che bene e non ci sarà più bisogno di rompere l’incantesimo; allora, forse, la tecnologia ci sorprenderà ancora una volta.

ENDOXA - BIMESTRALE FILOSOFIA tecnologia

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