LA REGOLA E IL CASO:COME MASSACRARE UN AMORE CON UNA CHIAVE A PAPPAGALLO
JURI CAMBARAU
[voce fuori campo]:
Ora vi racconterò una storia.
Una storia d’amore finita da un pezzo.
[esordio in medias res]:
Simone all’amore non c’aveva mai creduto. Nemmeno dopo due figli che non vedeva da quattro mesi.
Simone era il cocco di mamma, lo yuppie col poster di Jean-Michel Basquiat nell’ingresso. Abitava il solito mini appartamento monocromatico. Divano in pelle bianca. Orge di Quattro salti in padella nel frigo. Una sorta di Michael J. Fox ne “il segreto del mio successo”.
Amanda dopo il matrimonio l’amore ancora se lo sognava e tutte le mattine alle undici lo incontrava al bar nella pausa caffè. Simone era venuto ad abitare davanti casa sua. Ne fu subito rapita, nonostante la foto del viaggio di nozze a Bali che profumava ancora di carta Kodak fresca, proprio sopra il comodino, accanto alla sveglia. Forse perché ascoltava ancora i Duran Duran o forse perché non voleva finire come sua madre.
Ma questa è una storia secondaria e non è il momento di esaminare la sua vita, né di ricostruirne i percorsi.
Questa mattina si era preparata come al solito, senza mettere nulla sotto alla gonna. Proprio come le aveva ordinato Simone con la solita matrice del predatore standard: cercando i suoi occhi e guardandoci sfacciatamente dentro.
Era entrata in ufficio e chiesto al suo responsabile due ore di permesso, dalle undici alle tredici.
Poi aveva chiamato Paolo, suo marito. Erano le dieci. Lo aveva fatto solo per tranquillizzare la propria coscienza.
[Semi-soggettiva su Paolo]:
Paolo guida il suo Fiorino assorto nella sua prima Marlboro. Suda sotto il doppio mento. Un metro e ottantaquattro per centotrenta chili. Un pezzo di pane. Uno a cui piace guardare la luce del frigo in piena notte. Un idraulico per scelta, iperteso per tenacia e convinzione. Psoriasi da stress. Spermatozoi pigri.
Uno che per non sentir Amanda è sempre a dieta. Uno per cui la lattuga scondita è un sogno fatto all’alba, proprio sul punto di morte delle idee migliori.
[piccolo buco di sceneggiatura con inutile flash-forward]:
Amanda aveva seguito la macchina di Simone fin sotto ad un caseggiato popolare.
Parcheggiando entrambi in una zona lontana da occhi indiscreti. In fila, a distanza di braccio, sgattaiolarono dentro il portone d’ingresso. Il cuore in gola e la concitazione di lei esclusero dal campo visivo il Fiorino parcheggiato lì davanti.
[breve considerazione di intermezzo con flash-back interlocutorio]:
La vita quel giorno non fu altro che l’incontro tra la regola e il caso.
La regola alle nove in punto prese il telefono e chiamò Paolo:
– Pronto.
– Buongiorno! Parlo con Paolo?
– Sì sono io, mi dica pure.
– Sono Antonella della Tecnocasa Immobiliare e volevo chiederle se poteva controllare una perdita nel bagno di uno degli appartamenti che gestiamo noi in Via Turati. È urgente!
– Ok Antonella. L’appartamento è libero?
– Sì, attualmente è sfitto. L’inquilino di sotto dice che gli è comparsa una macchia sul soffitto in corrispondenza del bagno.
– Ok, passo subito in agenzia a prendere le chiavi.
– Grazie signor Paolo. Allora l’aspetto.
Il caso invece volle che Antonella fosse la Sorella di Simone e che Simone avesse libero accesso a tutte le informazioni immobiliari utili a prepararsi le sue nomadi alcove, il tutto con la complicità di un onesto duplicatore di chiavi.
[la camera da presa ritorna su Paolo e dentro alla storia].
Paolo entrò nell’appartamento. Non c’era la corrente elettrica, quindi appoggiò la scala di alluminio alla parete e tirò su le tapparelle dell’ingresso. Entrò in bagno e capì subito dal rumore che nella cassetta di porcellana attaccata al muro c’era qualcosa che non andava. Poi vide un rigagnolo d’acqua scendere dal tubo appena sotto alla cassetta dello scarico. Facile, pensò serenamente. Accese un’altra Marlboro con i gesti sicuri di uno che la soluzione ce l’ha in tasca, accanto all’accendino. Poi salì sulla scala e iniziò ad armeggiare sul rubinetto vicino al galleggiante.
[camera fissa posta sul soffitto del vano ascensore]:
Simone entrò nell’ascensore, spinse il pulsante del quarto piano e tirò a sé Amanda. Le mise la lingua in bocca e una mano tra le cosce per controllare se avesse rispettato i suoi ordini. Affondò il viso tra i suoi ricci e il dito medio nel suo sesso. Realizzò che lei era una signora sui quaranta andanti, forse andati. Che aveva visto tempi migliori, ma non li aveva capiti. Il rumore sordo dell’arrivo dell’ascensore al piano lo gettò nuovamente nella libidine pulsante. Poi armeggiò con la serratura poco famigliare e vennero come risucchiati dall’appartamento.
[Panoramica del bagno]:
Paolo in cima alla scala ebbe un sussulto quando sentì il rumore provenire della porta d’ingresso.
Dapprima sentì le voci lontane in fondo al corridoio e pensò che fosse Antonella intenta a mostrare l’appartamento a qualcuno. Poi la voce femminile nel giro di quattro secondi diventò quella di sua moglie.
Quella voce divenne un serpente a sonagli. Capì immediatamente il tutto, proprio come quando dieci minuti prima capì il guasto del bagno dal rumore proveniente dalla cassetta dello scarico. Con le dita grosse prese un’altra Marlboro. La accese con un sibilo piezoelettrico.
Assediato da quei sospiri, debole di cuore e forte di punto vita, si accorse, in cima a quella scala, che in vita sua non aveva mai lottato per nulla, tutt’al più trent’anni prima aveva raddrizzato torti scolastici e salvato donzelle di quattordici anni dalla noia.
Fece una larga boccata di fumo e scese dalla scala con una leggiadria fino ad allora sconosciuta. Sigaretta sulla mano sinistra e chiave a pappagallo sulla destra. Entrò in scena come il Bill Foster ne “un giorno di ordinaria follia”. Quel corridoio divenne il famoso minimarket coreano mentre brandiva la chiave a pappagallo come una mazza da baseball.
[Inizio Piano Sequenza di 39 secondi]:
Tutto finì in trentanove secondi.
Poi il sole fece il giro verso ovest e smise di entrare dalle finestre di quell’appartamento. Rimasero ombre lunghe, come quelle due ore di silenzi e niente sguardi. Ognuno dei due ogni tanto parlava di qualcosa pensandone un’altra, convinto di essere ascoltato. Parlavano di come si erano impegnati a mettere radici nel vuoto e pensavano a come queste avessero finito per seccare la pianta stessa.
Amanda raccolse da terra l’unica cosa rimasta di Simone, l’orologio rotto, e uscì. Una patacca degna di quella fine. Paolo ripose gli attrezzi nella cassetta ma non trovò più la chiave a pappagallo. Il tutto mentre assorto cercava di ricordarsi il nome di quell’avvocato conosciuto in luna di miele e che ora avrebbe potuto tornargli utile.
[Inizio scena completamente al buio (solo ronzio sottofondo) poi piano americano su Simone]:
Anche Simone ora è al buio. Seduto sul divano di pelle bianca di casa sua. È al buio e ascolta. Ascolta il ronzio degli elettrodomestici in standby. Con quel silenzio relativo ci faceva i conti tutte le volte.
Ci sono casi in cui non si deve.
Ci sono casi in cui non si può.
Ci sono casi in cui non conviene.
Il respiro meccanico del frigorifero non fece altro che corroborare la sua teoria.
Quella città era troppo piccola per le sue ambizioni. Per le sue meschinità.
Ora il suo pensiero era tutto volto al dilemma della cicatrice che la chiave a pappagallo che teneva in mano avrebbe lasciato appena sopra il suo sopracciglio destro e poco sotto ai nove punti di sutura.
[voce fuori campo]:
Vi ho appena raccontato una storia.
Forse ve l’ho fatta guardare.
Probabile l’abbiate anche ascoltata.
L’amore, come la vita d’altronde, danza continuamente tra la regola e il caso.
La regola dice che la monogamia segue l’amore e non viceversa.
Il caso, invece, qualche volta se ne infischia.
Ma poco importa.
Questa storia d’amore è finita da un pezzo…
[titoli di coda].
ENDOXA - BIMESTRALE LETTERATURA Endoxa novembre 2023 Juri Cambarau Monogamia
