TRE COSE DI LEI
TONY KARED

Tre cose di lei: il profumo, quel modo di sedere con le gambe impercettibilmente dischiuse, lo sguardo di neve. «E come si sta a Madrid?». Le sistemai il braccio in modo che la mano si posasse sul ginocchio scoperto. «È bellissima. Adoro questa gente, e il professor Abigal è un ospite squisito…». Anna continuò la sua esegesi sulla Spagna e gli spagnoli per almeno altri cinque minuti; nel frattempo le cambiai nuovamente la posizione; questa volta con le gambe accavallate e le mani dietro la testa; le sollevai un po’ il mento per darle un’espressione svagata. «Quando conti di rientrare?». «L’ultimo incontro è per venerdì pomeriggio…». «Chi sarà il fortunato?». «Roberto Bolaño.
Mi trattengo sabato e domenica e prendo l’aereo lunedì… ti scoccia?». «Ma no, figurati…», le sistemai un ciuffo di capelli in modo che andasse a coprire l’occhio sinistro e le lasciasse scoperto l’orecchio, «L’importante è che non mi rientri incinta». «Stronzo». «Anch’io ti amo. Da qui a domenica ci risentiamo?». «Ti chiamo io». Le diedi un buffetto sul naso, «D’accordo», e spensi il viva voce. Distante da me per cultura ed estrazione sociale, Anna non mi aveva scelto: mi aveva preso e incartato nella sua vita; e poi mi aveva portato a casa sua. Mi teneva così, diciamo, tra le sue cose. Una cassettiera di fine settecento e un fidanzato del sessantasette. Mi chiedevo quanto sarebbe durata, mentre gli occhi a mandorla di Midori continuavano a fissare un punto indefinito nella parete opposta. Cosa vedevano gli occhi di Midori in quel momento? Le barche nel quadro di Aldo Riso o un panorama innevato, la vetta del monte Fuji, un evanescente fotogramma orientale per la mia immaginazione occidentale. Settai l’autoscatto sulla camera a quindici secondi e mi sedetti di fianco a lei, le misi un braccio intorno alla spalla e rimasi in attesa. Io che la abbracciavo e lei con l’aria maliziosa di chi ci sta ma vuole fare l’indifferente, il viso leggermente sollevato, lo sguardo perso nel vuoto. Una foto estremamente eccitante, carica di desiderio. La sistemai con le altre nel catalogo 2017.
Quando rientrò, il lunedì successivo, senza nemmeno fare una doccia, senza nemmeno bere un bicchiere d’acqua, Anna prese il suo fidanzato e se lo portò nel letto. «Come si sta sette giorni senza di me?». «È dura sai…». «Non ti sarai scopato Midori?». «Come ti vengono queste sciocchezze?». «Confessa!». «Ma dai…». Scese dal letto e si precipitò sul divano. Le avevo spruzzato il suo profumo, le gambe erano leggermente dischiuse, e aveva lo stesso sguardo di neve che aveva Anna dopo un amplesso. Ma Anna non sapeva nulla dello sguardo di neve, e nemmeno di me quando lo contemplavo; quel volto limpido come la neve appena caduta.