MA COME POSSO FARE A MENO DI VEDERE CIÒ CHE HO DAVANTI GLI OCCHI?
MICHELANGELO DE BONIS
“Potrebbero diventare pericolosi solo se il progresso tecnico-industriale rendesse indispensabile alzare il livello della loro istruzione ma, […], il livello di istruzione della popolazione sta in effetti peggiorando. Ciò che le masse pensano o non pensano incontra la massima indifferenza. A loro può essere garantita la libertà intellettuale proprio perché non hanno intelletto.”
“Ma come posso fare a meno…» piagnucolò «come posso fare a meno di vedere quello che ho davanti agli occhi? Due più due fa quattro.» «A volte, Winston. A volte fa cinque, a volte tre. A volte fa cinque, quattro e tre contemporaneamente. Devi sforzarti di più. Non è facile diventare sani di mente.”
“2+2=5”
(George Orwell, 1984 )
Il prologo
È tema caldo di questi giorni l’idea, a dire il vero già ripresa più e più volte negli ultimi anni, di porre ordine e rimedio all’odio nei social e alle fake news attraverso una tecnica estremamente semplice: far sì che chiunque voglia accedere al proprio account debba registrarsi attraverso la consegna di un documento di identità. Poco importa da chi è stata riproposta questa idea in questi giorni, l’idea viaggia e ritorna ciclicamente a prescindere dalla bandiera politica o dal colore. Inoltre molte personalità del settore si sono messe in gioco nello spiegare, analizzare e dimostrare come l’idea non sia affatto vincente, anzi, pericolosa.
Annoterò anche io delle singolarità su cui vale la pena riflettere insieme e poi decidere se obbedire o disobbedire. Come nota metodologica rifletteremo insieme sulle tematiche e se ci saranno domande in questo testo esse saranno inevitabilmente senza risposta (scritta).
L’idea
Per eliminare il fenomeno degli hater e delle fake news basterebbe abolire l’anonimato in rete.
Obbedire
2+2=5
Il nickname
Il vero anonimato sui social non esiste. Esiste il concetto di nickname che non è proprio la stessa cosa di essere anonimi. Infatti ognuno di noi – cittadini onesti e non criminali che hanno conoscenze tali per far perdere le proprie tracce anche in rete – quando si collegano ad internet attraverso un device qualsiasi (smartphone, tablet, PC) usa uno speciale numero identificativo univoco in tutto il mondo. Questo numero è il ben noto indirizzo IP e funziona per i dati più o meno come il numero di telefono funziona per la telefonia. Per poter essere rintracciabile e poter ricevere le informazioni c’è bisogno di avere un collegamento unico ed univoco. In questo modo si riesce ad individuare sicuramente il device ed anche il suo possessore.
La traccia
Per poter identificare a chi appartiene un indirizzo IP c’è bisogno di una rogatoria è vero, ma non è la stessa cosa per i reati al di fuori dalla rete? Inoltre, una volta identificato il device, come si certifica con assoluta sicurezza che il commento o il post in esame sia stato scritto proprio dal titolare del dispositivo stesso? Che non ci sia stata una disattenzione e si è lasciato incustodito il proprio account ad esempio? Perché la costituzione ci dice che “la responsabilità penale è personale” e, scusate se è poco, ma come si certifica la persona reale che sta usando un determinato account in quel preciso momento?
Obbedire
2+2=5
La tutela
Tutti questi sono meccanismi lenti e complicati? Ci si sta appigliando a cavilli per non risolvere il problema? Ah che sbadato… pensavo che il tema, e l’obiettivo, fosse reprimere i reati! Inoltre, il nickname è uno strumento utile per chi voglia poter dire la sua e si trova a vivere in un’ambiente in cui dichiarare apertamente le proprie idee, con il suo vero volto, avrebbe delle ripercussioni nella vita reale per se stessi e per la propria famiglia. Il nickname protegge i vasi di coccio dai vasi di ferro, attivisti per i diritti umani, minoranze etniche, ecc… Il nickname è una forma di tutela! Mettiamo sul piatto della bilancia anche questo: vogliamo veramente uno Stato che obblighi per legge i propri cittadini a non potersi esprimere liberamente? Anche se in forma anonima? Si?
Obbedire
2+2=5
Il documento
Nella fase di registrazione bisogna inviare il proprio documento di riconoscimento, in formato digitale. Sapete quanto occorre per creare un falso documento di identità? Sì, avete pensato bene, un attimo per chi sa cosa fare. Quindi i cittadini onesti, quelli che non sanno come nascondere l’indirizzo IP e per i quali non è pensabile non rispettare una legge che ti obblighi all’invio del proprio documento di riconoscimento, lo faranno senza problemi. Obbediranno! Ma gli altri? Quelli che non si preoccupano assolutamente di questa norma o di quell’altra perché sanno come muoversi al limite, o fuori, della legalità? Riflettiamo: chi vediamo meglio come hater, diffamatori, molestatori sui social? I primi che tutt’oggi mettono la loro foto e il loro vero nome e cognome nella registrazione oppure i secondi?
Obbedire
2+2=5
Il custode
Inoltre, questi documenti a chi verrebbero inviati? Alle società che gestiscono i social e quindi si accentrerebbe in un unico posto milioni di dati sensibili. Cosa accadrebbe se ci fosse un data breach, una violazione del database, con conseguente accesso a tutti questi documenti? Chiunque potrebbe verificare qual è il mio vero volto nel mondo, i miei segni particolari registrati, il colore dei miei capelli e dei miei occhi, la mia residenza e potrebbe anche avere la bella idea di iniziare uno stalkering in bella regola.
Obbedire
2+2=5
Punti antipodali
Ma poi, soprattutto, perché non fare il contrario? Perché non educare i cittadini all’uso della privacy e all’uso consapevole dei propri diritti e doveri? Perché limitare diritti inviolabili stabiliti dalla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (art. 8 “Diritto al rispetto della vita privata e familiare” e art. 10 “Libertà di espressione”)? Ma davvero vogliamo tutto questo? Il livello di istruzione della popolazione sta in effetti peggiorando. Ciò che le masse pensano o non pensano incontra la massima indifferenza. Come possiamo fare a meno di vedere ciò che abbiamo davanti gli occhi?
Disobbedire
2+2=
Endoxa ENDOXA - BIMESTRALE FILOSOFIA NARRATIVA 1984 Endoxa novembre 2019 FILOSOFIA George Orwell Michelangelo De Bonis obbedire/disobbedire
“Always eyes watching you and the voice enveloping you. Asleep or awake, indoors or out of doors, in the bath or bed—no escape. Nothing was your own except the few cubic centimeters in your skull.” – George Orwell, 1984.
Our mind is the only place where we can keep a secret nowadays.Social media have the power over us. The main purpose is to push people to “share” everything to track every single part of their life.
This article is amazing, Prof. De Bonis is trying to say that we believe to be free and for this reason we are not worried about sharing our staff on internet but in reality we are under the influence of this powerful “Big Brother” knows as “Social Media“.
Really great article it was a pleasure to be informed about the actual reality of the multimedia world.
Hope to read another “innovative“ thought soon!
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Interessante articolo che pone forti spunti di riflessione sull’uso odierno della tecnologia.
Purtroppo, la dispotica visione orwelliana della società, che nel 2020 ci sembra lontana dai valori di libertà e privacy predicatici in continuazione, non è così inverosimile.
C’è un diafano velo che separa l’uso giusto degli strumenti digitali da quello illecito (anche a opera di enti governativi) e penso che il Prof. De Bonis ne abbia colto bene le caratteristiche e le criticità. Concordo sul “disobbedire”, non in un’ottica sovversiva, quanto più con l’intento di tutelare lo spazio virtuale che ci sta venendo sottratto.
Ottimo articolo!
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