UNA DISPERATA RICERCA DI ARMONIA
ULDERICO POMARICI
Nel suo ultimo romanzo appena uscito in Italia, Yoga, lo scrittore francese Emmanuel Carrère narra con accenti spietati il proprio “male di vivere”. In realtà non è la prima volta che lo scrittore si confessa in pubblico, ma, mentre negli altri suoi romanzi si mette in gioco attraverso personaggi reali con le loro angosce, percorrendo strade che non hanno vie di uscita – basti pensare in Vite che non sono la mia alla coppia che ricerca il corpo della figlia morta nello tsunami dello Sri Lanka o a Jean-Claude Romand, che stermina la propria famiglia perché ha mentito per tutta la vita ne L’Avversario; o ancora a Limonov che fonda in Russia un movimento nazional-bolscevico – stavolta interpreta se stesso senza mediazioni che non siano quelle del gioco letterario, dove la finzione è sempre all’opera. Carrère ama e narra situazioni estreme perché vive una scissione fra la ricerca dell’armonia e la ricaduta, continua, nella catastrofe. Nel libro si narra infatti del suo ricovero non breve in un ospedale psichiatrico dove viene sottoposto a un elettroshock, data la gravità della sua condizione mentale causata da un disturbo bipolare che lo porta alle soglie del suicidio. Stavolta quindi mette in gioco il suo rapporto personale fra corpo e mente e la ricerca di un’armonia, sempre periclitante, sempre revocabile, e dunque ricercata senza sosta. Equilibrio fra mente e corpo, fra ragione e passione. Difficile trovare oggi uno scrittore che si immedesimi, come lui, con e nel proprio vissuto, al punto da fare ‘opera’ di se stesso. Da costruire un meccanismo narrativo in cui protagonista è il proprio bios. Il tema principe del romanzo è il proprio esasperante ma consapevole narcisismo. Trionfo dell’Io, che mentre negli altri romanzi era stemperato dalla presenza di ‘sostituti’ – i protagonisti delle sue storie – qui invece vede lo scrittore protagonista con tutto se stesso, mentre corpo e mente continuamente si dissociano e confliggono in una disperata, esasperante autoanalisi. Il suo narcisismo è quindi nemico giurato dell’armonia. Come allora raggiungerla? Innanzitutto uscendo dal proprio autismo psichico e entrando in comunicazione con il mondo. Carrère cita una frase di Simone Weil: “Dopotutto c’è poca gente che sa che gli altri esistono”. Al fine di abbandonarsi e recedere dai meccanismi escludenti su cui la sua vita si fonda, Carrère inizia le pratiche di yoga e tai-chi che finiscono per costituire il ‘basso continuo’ della sua vita, soprattutto nei periodi in cui le nevrosi e il carattere bipolare non gli danno tregua. L’armonia non è infatti la condizione esistenziale dello yogi, colui che pratica la disciplina: al contrario, è la ricerca dell’armonia, dell’equilibrio, della saggezza ciò che ne fonda la necessità. Dunque l’assenza o la fragilità dell’armonia fanno di Carrère un soggetto ideale di queste pratiche. La rappresentazione di questa condizione è data dalla meditazione, ovvero l’osservazione di ciò che accade nel proprio fisico e nella propria mente – nell’interazione fra i due – mentre si sta “seduti, in silenzio, immobili”. Il problema però è che “non si può dire che con l’immobilità il desiderio diminuisca né che i pensieri tossici si plachino”. Ecco, quindi, che in Carrère questa condizione di equilibrio si rivela utopica nel senso letterale della parola. Non ha luogo. Infatti il romanzo inizia con la sua partecipazione a uno stage di meditazione nel quale tuttavia l’uomo e lo scrittore agiscono come separatamente: il primo si sforza di astrarre dal proprio narcisismo, alla ricerca del vuoto portato dalla meditazione; mentre lo scrittore prende appunti mentali su ciò che vede intorno a lui, al fine di scrivere il libro di cui stiamo parlando. È evidente che è proprio questa scissione a costituire la spina dorsale della sua vita. La meditazione è infatti distaccarsi dalla propria identità, convinti dell’impermanenza dell’umano, dedicandosi solo a osservare le cose “come sono”. Pratica yogica che non trova riscontro nella filosofia occidentale moderna e contemporanea, tutta profusa nell’idea che la realtà sia sempre e solo interpretazione. Vedere le cose come sono sarebbe invece fare esodo dal proprio narcisismo. Ma proprio questa condizione, il passaggio dal samsara al nirvana, all’uomo Carrère riesce sempre e solo provvisoriamente: ecco quindi la disperata ricerca dell’armonia. A una sempre precaria felicità, legata soprattutto all’amore, succede, con impressionante regolarità, il precipizio. Questa oscillazione è costante e costituisce la sua vita: lo scrittore mette qui esposto il suo corpo come oggetto di scrittura, soggetto al movimento centrifugo e centripeto, lo yin e lo yang, l’alternanza degli opposti: la vita e la morte, il pieno e il vuoto, l’accelerazione e la lentezza, l’inspirazione e l’espirazione. Come quest’ultima coppia, anche tutte le altre sono reciprocamente necessarie. Ogni forza yin è destinata a trasformarsi in forza yang: “ogni combinazione è destinata a essere transitoria, sempre in movimento verso un’altra combinazione”, dunque l’una non sta senza l’altra. Ecco che l’armonia diventa essenziale come accettazione di tutto ciò che esiste, senza giudicare né recriminare, riconoscendone l’ineluttabile necessità. Diversamente da una gran parte della filosofia occidentale moderna, che vede negli opposti il trionfo del conflitto, la filosofia yoga ne pensa l’unità. Ma un’unità che non è originaria, bensì diviene, si trasmuta, senza che l’una forza prevalga mai sull’altra. Questo è l’equilibrio, questa è l’armonia. Non c’è conflitto, né contraddizione ma coappartenenza nel Tutto: nessuna dialettica e quindi nessuna sintesi, come, ad esempio, nella filosofia hegeliana, ma l’unità di queste due dimensioni nella, della vita. In realtà c’è stato un filosofo nel Moderno che ha pensato in termini analoghi il rapporto corpo-mente. Baruch Spinoza (Ethica, V,I) scrive: “Secondo il modo in cui i pensieri e le idee delle cose si ordinano e si concatenano nella Mente, cosí si ordinano e si concatenano nel Corpo, in modo esattamente corrispondente, le affezioni del Corpo, ossia le immagini delle cose”. Perfetta armonia fra due modi di essere risolti l’uno nell’altro.
ENDOXA - BIMESTRALE FILOSOFIA LETTERATURA Armonia Endoxa luglio 2021 ULDERICO POMARICI