LE PIANTE: ALLEATE PREZIOSE PER SOPRAVVIVERE NELLO SPAZIO

THE-MARTIAN-16STEFANIA DE PASCALE
ROBERTA PARADISO

L’obiettivo dello studio delle piante nello Spazio ha una grande ambizione: realizzare ecosistemi artificiali, in cui ricreare condizioni ambientali simili a quelle terrestri per favorire la crescita vegetale, al fine di sostenere la vita dell’uomo fuori dalla Terra.

I programmi internazionali di esplorazione spaziale, infatti, prevedono missioni di durata sempre maggiore, ma la permanenza prolungata dell’uomo nello Spazio comporta ancora problematiche di approvvigionamento delle risorse e di salute degli astronauti. In missioni di lunga durata, per esempio, non sarà possibile rifornire interamente dalla Terra le risorse necessarie, pertanto la vita dell’uomo a bordo di piattaforme orbitanti o in colonie planetarie su Luna o Marte dipenderà dallo sviluppo di sistemi in grado di realizzare le condizioni necessarie alla sopravvivenza. Questi sistemi, detti sistemi biorigenerativi di supporto alla vita (Bioregenerative Life Support Systems o BLSSs), sono ecosistemi artificiali che realizzano processi fondamentali alla vita, come la rigenerazione dell’aria, attraverso lo sviluppo di ossigeno e la rimozione di anidride carbonica, la depurazione dell’acqua e la produzione di cibo grazie all’impiego di biorigeneratori: organismi opportunamente selezionati e assemblati in fasi consecutive di riciclo, per convertire gli scarti e i rifiuti organici dell’equipaggio in ossigeno, acqua potabile e cibo.

Tra i diversi organismi studiati (batteri, alghe e piante superiori), le piante sono i biorigeneratori più promettenti, essendo in grado di rigenerare l’aria mediante l’assorbimento di CO2 e l’emissione di O2 nella fotosintesi, purificare l’acqua mediante la traspirazione e riciclare scarti organici attraverso la nutrizione, fornendo nel contempo cibo fresco per il benessere fisico e psicologico degli astronauti.

Da oltre 20 anni, un team di ricerca del Dipartimento di Agraria dell’Università degli Studi di Napoli Federico II è impegnato in progetti dell’Agenzia Spaziale Italiana (ASI) e dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA) per la coltivazione di piante in sistemi biorigenerativi per il supporto alla vita nello Spazio. Al team UniNa partecipano, oltre alle autrici, Giovanna Aronne, Veronica De Micco, Carmen Arena, Youssef Rouphael, Antonio Pannico e altri colleghe e colleghi.

Le ricerche riguardano numerosi aspetti, di natura biologica, agronomica e tecnologica, relativi all’impiego delle piante nei BLSS: la selezione di specie e cultivar (cultivated varieties) candidate, il controllo ambientale nelle camere di crescita, la gestione della nutrizione idrica e minerale nei sistemi idroponici (in cui le piante sono allevate in assenza di suolo, sostituito da substrati alternativi o soluzioni acquose contenenti elementi nutritivi). Aspetti fondamentali sono anche lo studio dell’effetto dei fattori spaziali (i.e. gravità alterata e radiazioni) sulle piante, le interazioni delle piante con microrganismi benefici e composti biostimolanti e, naturalmente, le proprietà nutrizionali e nutraceutiche dei prodotti vegetali.

Le risposte delle piante sono studiate sulla terra in ambiente controllato anche in presenza di fattori spaziali simulati, che possono limitarne la crescita e impedire il completamento del ciclo seed- (o tuber-) to-food.

La selezione delle specie vegetali dipende dalla durata della missione: per missioni brevi, la produzione a bordo rappresenta un’integrazione alla dieta degli astronauti e sono preferite colture che forniscono vitamine, sali minerali e composti bioattivi (es. ortaggi da foglia). Oltre agli aspetti nutrizionali vanno considerate le difficoltà create dalla microgravità e le limitazioni tecniche, come la disponibilità limitata di spazio e di tempo dell’astronauta per la coltivazione; pertanto, sono selezionate varietà con ciclo breve, taglia ridotta, resistenza a stress ed elevato harvest index (il rapporto tra la frazione edibile e lo scarto, che rappresenta materiale da smaltire) e sono utilizzati substrati e sistemi di coltivazione indipendenti dalla gravità. Per missioni lunghe, che non possono contare sul rifornimento dalla Terra, occorrono colture che forniscono macromolecole fondamentali per la nutrizione umana, come carboidrati, lipidi e proteine (es. grano, riso, soia, patata) e moduli per la coltivazione, finalizzati all’obiettivo generale della produzione di cibo fresco e della rigenerazione delle risorse negli avamposti spaziali.

I primi progetti ASI (Morphological and Physiological response of plant roots to a low gravity environment, 1997-2000, e Morphological and Physiological response of seedlings to a low-gravity environment, 2001-2002) miravano alla comprensione degli effetti della microgravità simulata sulla crescita e lo sviluppo di piantine allevate su clinostato (uno strumento da laboratorio che utilizza la rotazione per simulare l’assenza di gravità terrestre). Negli stessi anni, il progetto SGH – SpaceGreenHouse (2002-2003) aveva lo scopo di progettare una piccola serra spaziale, mentre CAB – Controllo Ambientale Biorigenerativo (2007) consisteva in uno studio di fattibilità di un sistema biorigenerativo basato appunto sull’uso di piante.

Dal 2009, il gruppo partecipa al programma ESA MELiSSA – Micro-Ecological Life Support System Alternative (https://www.esa.int/Our_Activities/Space_Engineering_Technology/Melissa), che ha l’obiettivo di realizzare un BLSS basato su microrganismi e piante per la rigenerazione delle risorse in missioni spaziali di lungo termine con equipaggio. Nell’ambito del programma, le attività svolte nella fase I della Food Characterization (2008-2009) hanno consentito di selezionare cultivar di soia per la coltivazione idroponica, mentre nella fase II CulSel (2012-2013) è stato valutato l’effetto sulla crescita delle piante di microorganismi utili, normalmente presenti nei suoli terrestri.

Nel 2013, nell’ambito dello studio “Effects of ionizing radiation on tomato growth: food countermeasures to sustain human life in Space” (programma FARO Funding for starting original researches, Università di Napoli e Fondazione San Paolo), il pomodoro nano ‘Microtom’ è stato utilizzato come modello per testare la radio-resistenza vegetale all’esposizione a varie dosi di raggi X.

Il progetto ESA SAYSOY- Space Apparatus to Yield SOYsprouts (2004-2006), condotto con successo durante la missione Foton-M2 (maggio – giugno 2005), aveva l’obiettivo di indagare l’effetto della microgravità sulla germinazione di semi e la crescita di piantine di soia.

Le camere di crescita e i prototipi dei dispositivi di volo sono fondamentali per lo studio delle piante nello Spazio. Infatti, affinché le piante possano assolvere in modo efficiente alle funzioni descritte, è necessario che siano allevate in opportune condizioni ambientali (es. intensità luminosa, concentrazione di CO2, temperatura e umidità relativa) e colturali (es. nutrizione idrica e minerale).

Gli esperimenti sulla Terra finalizzati alla definizione dei protocolli di coltivazione sono condotti in camere di crescita equipaggiate per il preciso controllo di tali parametri allo scopo di determinare i valori ottimali per ottenere una crescita rapida e uniforme, elevata efficienza nel rigenerare le risorse e produzioni elevate, minimizzando gli scarti della coltivazione. Lo studio del comportamento delle piante nello specifico ambiente di coltivazione è necessario, inoltre, per determinare gli input necessari alla crescita (energia, acqua, nutrienti, CO2) e prevedere i tempi e le dinamiche di produzione degli output del sistema (acqua, O2, biomassa edibile e scarti), la cui conoscenza è indispensabile per l’integrazione del “compartimento piante” di coltivazione nell’intero sistema biorigenerativo.

L’integrazione del compartimento piante in un BLSS implica la conoscenza precisa del loro comportamento, che richiede la misura di tutte le variabili che influenzano le funzioni vegetali e l’utilizzo di precisi sistemi di monitoraggio e di controllo dell’ambiente di crescita. In questa ottica, numerose camere di crescita sono state progettate per la ricerca spaziale. Tra le più sofisticate per gli esperimenti sulla Terra è l’Higher Plant Chamber (HPC) del MELiSSA Pilot Plant (MPP) dell’ESA, presso l’Università Autonoma di Barcellona (Spagna). L’MPP è un laboratorio dedicato alla realizzazione su scala pilota di BLSS costituito da un circuito chiuso di compartimenti. Tra questi fondamentale è l’HPC, una camera a tenuta stagna, dotata di un sistema idroponico chiuso ed equipaggiata per la misurazione precisa di acqua, sostanze nutritive e scambi gassosi, in un ambiente completamente controllato. Recentemente, nell’ambito del progetto ESA – Pilot Plant Compartment IVb: Air & Canopy Sub-compartment Analysis (ACSA) i ricercatori di UniNa hanno contribuito all’aggiornamento del sistema di controllo climatico e, in particolare, del sistema di illuminazione dell’HPC.

Il team è coinvolto attualmente nel progetto ESA Plant characterization unit for closed life support system – engineering, manufacturing and testing (PacMan), nell’ambito del quale è stata realizzata la Plant Characterization Unit (PCU), una camera di crescita sigillata, dotata di un sistema idroponico a circuito chiuso e di accurati sistemi controllo climatico, ospitata in un laboratorio dedicato alla ricerca spaziale sulle piante inaugurato nel 2019 presso il Dipartimento di Agraria dell’Università di Napoli Federico II.

Dal 2015, il gruppo partecipa anche al progetto ESA Precursor of Food Production Unit (PFPU), per la realizzazione del prototipo di un sistema modulare per la coltivazione di specie da tubero (patata e patata dolce) in microgravità, da testare a bordo della International Space Station (ISS). Dopo le fasi di progettazione, realizzazione e collaudo sulla Terra, il modulo di coltivazione verrà utilizzato sulla ISS per gli esperimenti in condizioni spaziali.

A partire dal 2019, il team UniNa coordina il programma ASI Rebus – In-situ resource bio-utilization for life support system, che coinvolge università, istituti di ricerca e partner industriali, per lo sviluppo di un BLSS basato su piante, cianobatteri e microrganismi decompositori che utilizza le risorse che saranno disponibili in-situ sui Pianteti. I suoli planetari (regoliti lunari e marziane) sono utilizzati come substrato di coltivazione e i rifiuti della missione (residui di coltivazione, feci e urine) come ammendanti, fertilizzanti o biostimolanti, per produrre vegetali freschi, inclusi prodotti funzionali innovativi, micrortaggi o microgreens, come contromisura a malattie degenerative indotte da fattori spaziali (i.e. radiazione cosmica).

In questa ottica, il progetto Sistemi e tecnologie per la produzione di microortaggi nello Spazio ‘Microgreens x Microgravity’ (MICROx2), finanziato dal MUR e coordinato da ASI, ha l’obiettivo di sviluppare un apparato di volo per la produzione di micrortaggi per l’integrazione della dieta degli astronauti con prodotti freschi ricchi di sostanze con valore nutrizionale e nutraceutico. I microortaggi sono piantine giovani di specie orticole, erbacee, aromatiche, raccolte da una a tre settimane dalla semina, di diverse famiglie botaniche (Brassicaceae, Asteraceae, Chenopodiaceae, Lamiaceae, Apiaceae, Amaranthaceae e Cucurbitaceae). Rispetto agli ortaggi maturi, i microortaggi contengono quantità più elevate di fitonutrienti (es. acido ascorbico, b-carotene, a-tocoferolo) e minerali (es. calcio, magnesio, ferro, zinco, selenio) e minori in nitrati.

In conclusione, l’intensa ricerca svolta nell’ambito della biologia vegetale spaziale dimostra che le piante superiori sono in grado di adattarsi alle condizioni di vita nello Spazio e di assolvere funzioni indispensabili alla sopravvivenza dell’uomo, ma le informazioni sugli effetti di lungo termine dei fattori spaziali sui processi biorigenerativi sono ancora limitate e sono necessarie ulteriori ricerche per lo sviluppo di sistemi affidabili in grado di supportare la vita dell’uomo in ambienti extra-terrestri.

La ricerca di possibili soluzioni per il supporto alla vita dell’uomo nell’esplorazione spaziale, infine, produce conoscenze e tecnologie per la coltivazione delle piante in ambienti estremi sulla Terra quali i deserti, i Poli o le moderne megalopoli e per la messa a punto di soluzioni più sostenibili per l’agricoltura terrestre. Grazie a queste ricerche magari riusciremo non solo a colonizzare altri pianeti ma anche a rendere il nostro un mondo migliore.

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Veduta del Laboratory of Crop research for Space dell’Agenzia Spaziale Europea, presso il Dipartimento di Agraria dell’Università degli Studi di Napoli Federico II e particolari dell’interno della Plant Characterization Unit (PCU) nel corso di esperimenti su specie candidate (lattuga, cavolo verza e bietola) (Foto Antonio Pannico).

BIOTECNOLOGIE ENDOXA - BIMESTRALE SCIENZE NATURALI

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