ZOMBIE FILOSOFICI

David-Chalmers-TedTalk-1ANDREA PACE GIANNOTTA

La figura dello zombie è stata introdotta nel dibattito filosofico da David Chalmers nel libro La mente cosciente (1996). Lo zombie di cui parla Chalmers non va però confuso con i “morti viventi” dei film horror. In questi ultimi, infatti, lo zombie è di solito una creatura mostruosa che ha perso molte delle caratteristiche essenziali di un essere umano: è privo di intelligenza e si muove in modo lento e impacciato mosso solo dalla volontà di nutrirsi di carne umana. Nella cultura haitiana in cui ha origine, il termine zombie si riferisce al fantasma di un defunto richiamata in vita attraverso un rito vudù, e nella realtà etnografica si tratta perlopiù di individui in uno stato di torpore o affetti da disturbi mentali.

Lo zombie di Chalmers, invece, è uno zombie fenomenico: una creatura fisicamente identica, atomo per atomo, ad un essere umano, e quindi identica ad esso in quasi tutto. Il mio gemello zombie si comporta come me, parla e scrive come me, affermando ad esempio di provare gioia alla vista di un bel tramonto in riva al mare, di desiderare di bere un buon bicchiere di vino, di ritenere però che quelle nubi in lontananza fanno presagire l’arrivo di un temporale  e che forse è meglio andar via, etc. Egli (o, meglio, esso) è indistinguibile da un essere umano dal punto di vista del comportamento osservabile: fa le stesse cose. C’è però una profonda differenza tra me e il mio gemello zombie: tutti gli “stati mentali” che egli riferisce di avere e che ne muovono il comportamento (credenze, ricordi, desideri, congetture, ragionamenti, etc.) non sono accompagnati da alcuna esperienza, ossia: non si prova nulla ad essere uno zombie, non fa alcun “effetto”.

L’espressione “l’effetto che fa” è stata introdotta da Thomas Nagel in un celebre articolo del 1974 in cui egli si interroga, appunto, sull’ “effetto che fa” essere un pipistrello. Nagel si riferisce a un peculiare apparato sensoriale di questi mammiferi (gli unici capaci di volare, tra l’altro): il sonar o ecogoniometro, attraverso cui il pipistrello percepisce il riflesso degli ultrasuoni da egli stesso emessi e che rimbalzano sugli oggetti circostanti. In tal modo, il pipistrello riesce a farsi una sorta di rappresentazione sonica tridimensionale dell’ambiente. Il punto è che per quanto le nostre conoscenze scientifiche relative al funzionamento del sonar del pipistrello possano essere dettagliate ed esaustive, secondo Nagel non possiamo sapere in alcun modo che cosa si prova a percepire attraverso questo sistema sensoriale: è simile a vedere i colori, sentire i suoni o gustare i sapori?  Non possiamo saperlo perché c’è uno scarto incolmabile tra il punto di vista oggettivo, “in terza persona”, sui fenomeni – come quando descrivo scientificamente il funzionamento del sonar del pipistrello, o dell’udito degli umani – ed il punto di vista soggettivo, “in prima persona”, attraverso cui ciascun soggetto d’esperienza (compreso il mammifero volante) sa che effetto fa vedere, odorare, udire, etc., ma  anche provare emozioni come la gioia o l’angoscia, e sentimenti come l’amore, l’odio, la gelosia, etc. (chissà che non provi qualcosa di simile anche il pipistrello!). Tutti questi fenomeni, accessibili a ciascuno solo attraverso l’assunzione del punto di vista in prima persona (io sento così), circoscrivono la dimensione qualitativa dell’esperienza: la cosiddetta coscienza fenomenica.

Ecco: lo zombie di cui parla Chalmers è identico fisicamente, atomo per atomo, ad un essere umano, ma è privo di coscienza fenomenica: non fa alcun effetto, per il mio gemello zombie, sentire, credere, desiderare, immaginare, etc. La differenza con lo zombie dei film è quindi netta: un film che avesse per protagonisti gli zombie fenomenici (poniamo, Quarto potere di Orson Welles) sarebbe identico ad un film con personaggi umani: la storia narrata sarebbe la stessa e i personaggi avrebbero lo stesso comportamento (ad esempio, Charles Foster Kane che in punto di morte lascia cadere una palla di vetro sussurrando “Rosebud”). A pensarci bene, però, lo scenario descritto da Chalmers è altrettanto inquietante di quello narrato nei film di Romero. L’idea dello zombie fenomenico, infatti, ci fa riflettere sul fatto che non abbiamo modo di sapere se l’entità che abbiamo di fronte sia davvero un essere cosciente o sia, piuttosto, uno zombie fenomenico. Si tratta del classico “problema della mente dell’altro”: che ne so io che la persona che ho di fronte – poniamo, un amico che mi viene incontro sorridente dicendo di essere contento di rivedermi, in un esempio di Ludwig Wittgenstein – stia davvero provando quello che dice e mostra di provare con il suo comportamento, anche non verbale?  Si faccia attenzione, però, a non confondere questo scenario con quello, più o meno frequente, in cui l’altro prova sì qualcosa, ma non ciò che dice di provare e che dà a vedere, in tal modo ingannandomi. Il problema della mente dell’altro è più radicale: l’altro potrebbe non provare alcunché, perché potrebbe essere appunto uno zombie.

In realtà, nessuno crede davvero che possano esistere zombie di questo tipo, e chi manifestasse una seria convinzione in tal senso andrebbe gentilmente indirizzato al primo reparto psichiatrico nei paraggi. Eppure, il problema epistemologico – ossia, relativo alle nostre possibilità di conoscere – rimane, con lo scarto netto tra la conoscenza, diretta, che ho della mia esperienza e la conoscenza, solo indiretta, che ho delle esperienze altrui.

Comunque, Chalmers non sostiene che gli zombie fenomenici esistono davvero ma solo che essi sono concepibili, ossia: possiamo pensare a questa entità senza incorrere in alcuna contraddizione. L’obiettivo di questo “argomento della concepibilità” è di farci progredire riguardo uno dei più importanti problemi filosofici: il problema mente-corpo. Ossia: che rapporto c’è tra la mia mente – costituita da stati mentali come sensazioni, credenze, desideri, emozioni, ragionamenti, etc. – ed il mio corpo, fatto di materia e quindi parte del mondo naturale assieme a rocce, piante e animali? Tradizionalmente, nella storia dell’umanità e della cultura (anche non occidentale), sono state elaborate diverse risposte a questa questione, che si muovono tra i due estremi del dualismo delle sostanze e del monismo materialista. Il dualismo è quella posizione secondo cui mente e corpo sono due ambiti della realtà assolutamente distinti, anche se legati l’uno all’altro: il corpo è parte del mondo materiale e naturale, mentre la mente è una diversa “sostanza” (l’anima o spirito delle filosofie di Platone e Cartesio, ad esempio, oltre che del cristianesimo). Il monismo materialista, invece, sostiene che vi è un solo tipo di realtà: la materia, e che quindi anche la mente è parte del mondo materiale. Queste due opzioni principali riguardo il problema mente-corpo si sono “scontrate” nel corso dei secoli sia all’interno del dibattito filosofico che nella storia della cultura più in generale. A partire dalla rivoluzione scientifica, però, il materialismo ha preso sempre più il sopravvento, sviluppandosi all’interno di una visione del mondo secolarizzata in cui non sembra esserci più posto per la nozione di un’anima disincarnata. Si può dire, in effetti, che il materialismo è la posizione standard nell’ambito della filosofia della mente, che è appunto quell’ambito della filosofia contemporanea che si interroga sul funzionamento e sul “posto” della mente nella realtà e che lo fa in stretto dialogo con le cosiddette “scienze cognitive” (psicologia, linguistica, neuroscienze, informatica, etc.). La forma più avanzata di monismo materialista è in particolare il fisicalismo: la prospettiva che assegna alla fisica, in quanto scienza della natura al suo livello più fondamentale, il compito di individuare le entità e i processi “di base” del mondo naturale su cui, come si dice in gergo tecnico, “sopravvengono” tutte le altre entità e processi (ad esempio montagne, fiumi, costellazioni, etc.). In questa prospettiva, le entità di livello “superiore” si “fondano” sulle entità di base che vengono ammesse dalla fisica (o meglio, dalla fisica nel suo sviluppo definitivo e ideale, di là da venire, quando potrà legittimamente proporsi come una “teoria del tutto”), che siano esse atomi, campi quantistici, superstringhe, etc.

Ecco, l’argomento dello zombie di Chalmers si propone di dimostrare che il fisicalismo è falso: non tutto ciò che esiste sopravviene sul fisico, e quindi non tutto è riducibile in linea di principio al mondo fisico. Questo poiché, appunto, sono concepibili gli zombie fenomenici: creature identiche agli esseri umani dal punto di vista fisico (molecola per molecola o atomo per atomo) ma a cui manca la coscienza fenomenica. Di conseguenza, la coscienza non è fisica: è qualcosa in più, che si aggiunge all’“arredo ontologico del mondo” (ossia: l’inventario dei tipi di cose che esistono), oltre alle entità e proprietà di base ammesse dalla fisica e a quelle “superiori”, che si fondano su quelle fisiche e che sono ammesse dalle altre scienze come chimica, biologia, meteorologia, etc.

Un punto cruciale dell’argomento di Chalmers è che la coscienza fenomenica (l’effetto che fa avere sensazioni e sentimenti, provare dolore e piacere, etc.) rappresenta un’eccezione alla pervasività della “sopravvenienza logica” dei fatti di alto livello sui fatti fisici fondamentali. “Sopravvenienza logica” vuol dire che, dato un insieme di fatti fondamentali (poniamo, un certo insieme di atomi disposti in un dato modo), da essi seguiranno necessariamente i fatti di livello superiore (ad esempio fatti chimici, biologici o metereologici). Se c’è sopravvenienza logica dei fatti di livello superiore su quelli fondamentali, allora i fatti di livello superiore sono in linea di principio “riducibili” a quelli di base, ossia: per spiegarne l’esistenza, non c’è bisogno di ammettere ulteriori entità e proprietà oltre a quelle fondamentali ammesse dalla fisica. Infatti, un qualsiasi fenomeno indagato da una scienza di “alto livello” (ad esempio, il processo di formazione di un uragano, indagato dalla meteorologia), risulta essere analizzabile nei termini dei suoi costituenti fisici fondamentali. Questo non vuol dire che sia poi utile descrivere la formazione di un uragano entrando nel merito delle miriadi di particelle d’acqua in sospensione che lo costituiscono, ma sarebbe in linea di principio possibile farlo. Per questo motivo, non è concepibile il “duplicato fisico” di un’entità come un uragano o un batterio che non sia identica anche dal punto di vista macroscopico (ad esempio, dal punto di vista meteorologico o biologico). E ciò vale anche per l’ipotetico zombie, che sarà appunto identico non solo fisicamente ma anche biologicamente e psicologicamente, se però dalla “psiche” escludiamo la dimensione qualitativa o fenomenica (l’ “effetto che fa”).

In realtà, l’argomento dello zombie contro il fisicalismo, proposto da Chalmers, è basato su un’idea espressa anche da altri filosofi prima di lui. In particolare Saul Kripke – molto citato da Chalmers – nel suo Nome e necessità (1980) ha utilizzato l’immagine del dio creatore che, nell’atto di forgiare il mondo, deve fissare le entità e le proprietà fondamentali su cui si fonda tutto il resto. Kripke sostiene quindi che, una volta che il creatore ha fissato le entità e proprietà fisiche fondamentali, non deve fare alcuno “sforzo ulteriore” per far sì che, ad esempio, ad una certa configurazione di atomi corrisponda una montagna o un cavallo (con tutte le proprietà associate a queste entità). Ma ciò non vale nel caso della coscienza e, in particolare, del rapporto tra stati di coscienza e stati cerebrali. Questo perché, appunto, è concepibile che si dia un certo stato fisico che noi solitamente constatiamo essere correlato ad uno stato coscienziale, senza che si dia il corrispondente stato coscienziale. In un esempio classico, anche se poco accurato, noi constatiamo la correlazione tra la sensazione di dolore e la stimolazione di un particolare tipo di fibre nel cervello (le fibre corticali) ma, secondo Kripke, è concepibile uno scenario in cui vi è stimolazione delle fibre corticali senza che si dia alcun dolore. Questo poiché non vi è alcun legame necessario tra i due ordini di fenomeni (secondo Kripke vale anche il contrario: è concepibile che il dolore sia vissuto da un’entità priva di cervello e di corpo, come un angelo). Si tratta, appunto, della concepibilità di quello che Chalmers chiamerà poi zombie fenomenico.

Agli occhi del non addetto ai lavori nell’ambito della filosofia della mente e degli studi sulla coscienza (consciousness studies), il problema sollevato da filosofi come Chalmers, Nagel e Kripke può sembrare futile. Eppure, a ben guardare, si tratta di una questione dai risvolti anche esistenziali ed etici. Ad esempio, ammettere il carattere non fisico della mente cosciente può aprire le porte ad una concezione dualista che vede nell’anima disincarnata l’essenza dell’umano e che ammette la possibilità che essa abbia anche una forma di esistenza “ultraterrena”.

Bisogna però dire che in Chalmers la critica al fisicalismo non conduce necessariamente a posizioni radicalmente opposte come il dualismo delle sostanze. Sostenere che la coscienza è non fisica, infatti, non implica necessariamente che essa sia una realtà separata radicalmente dalla materia e dalla natura. Oltre al dualismo “cartesiano”, infatti, esistono varie posizioni metafisiche di tipo naturalista (secondo cui tutto ciò che esiste è naturale) ma non fisicalista, stando alle quali la natura non è colta esaustivamente dalla scienza fisica, perché c’è qualcosa “in più” nella natura oltre al dominio delle entità fisiche. Un’opzione, ad esempio, è l’emergentismo riguardo la coscienza: l’idea secondo cui la coscienza è qualcosa di nuovo che emerge dal mondo fisico quando questo raggiunge un certo livello di complessità (plausibilmente nei sistemi nervosi degli animali). Un’altra posizione che, per quanto possa sembrare “strana”, è sostenuta da diversi filosofi contemporanei, è il panpsichismo: la teoria secondo cui la coscienza è diffusa ovunque in natura, costituendo per così dire “l’altra faccia della medaglia” in corrispondenza ad ogni entità fisica, dagli atomi alle galassie.

Il panorama delle posizioni metafisiche sulla coscienza alternative al fisicalismo è molto articolato ed il dibattito a riguardo è molto aperto e vivo, ma tutte si muovono nel contesto dell’orizzonte problematico aperto dalla nozione (filosofica) dello zombie.

ENDOXA - BIMESTRALE FILOSOFIA

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