IL POKER TRA GIOCO, GARA E SCOMMESSA

poker

ANDREA CRISMANI

 

  1. Premessa

Il gioco del poker è un particolare tipo di gioco che da secoli affascina non solo i patiti delle manifestazioni organizzate, ma anche i più riflessivi e pacati appassionati della strategia psicologica, dato che tale strategia viene esaltata dalle stesse regole del gioco che la fanno assurgere addirittura a momento di confronto tra i contendenti ed affermazione dell’uno nei confronti dell’altro (o degli altri).

Per definizione il poker è considerato un gioco d’azzardo connotato da elementi di aleatorietà (si pensi alla vincita o alla perdita ed anche al fine di lucro che anima la persona che lo pratica) e, come tale, è vietato dalla legge (si veda la tabella dei giuochi proibiti di cui all’art. 110 Testo Unico Leggi Pubblica Sicurezza, d’ora in poi T.U.L.P.S) e può addirittura essere perseguito penalmente.

L’idea della trasformazione del poker da fenomeno d’azzardo a gioco lecito e, da questo, anche a disciplina sportiva è relativamente recente ed è tuttora in corso di formazione. Negli ultimi tempi il poker ha ottenuto una significativa affermazione sul territorio nazionale. Da questo “accattivante e strategico gioco delle carte” è stato infatti estratto il significato agonistico della vittoria in quanto tale, collocandolo, così, nel contesto di naturale aggregazione del torneo.

In tal modo il gioco del poker si potrebbe configurare come una vera e propria disciplina sportiva giacché si sta caratterizzando dalla presenza di regole e discipline per la disputa di tornei nei locali pubblici e nei circoli ricreativi, la formazione delle quali si deve ad una o più organizzazioni stabili che raggruppano le associazioni pokeristiche di base.

Il caso del poker presenta peraltro una serie di aspetti che vanno dalle problematiche inerenti all’ ordine pubblico a quelle sulla libera determinazione delle persone fino a quelle sull’esercizio di una disciplina sportiva.

Più in particolare, se si analizza il poker dal punto di vista dei rapporti tra ordinamenti (quello statale e quello sportivo, ma anche tra quest’ultimo e l’ordinamento dell’Unione europea), si potrà notare da un lato che, per ragioni di ordine pubblico e di sicurezza pubblica, vi è la competenza esclusiva dell’ordinamento statale nello stabilire se tale gioco possa considerarsi lecito e, dall’altro lato, che vi è una competenza esclusiva degli organi sportivi (C.O.N.I. e Federazioni) di decidere se ritenere il gioco stesso idoneo a far parte delle discipline sportive.

  1. Gioco, gara e scommessa

Le voci gioco (ludus o lusus) e gara (certamen) sono spesso usate come sinonimi sebbene abbiano un significato profondamente diverso. In effetti, ancora oggi vi è una certa confusione da parte di alcune fonti giuridiche le quali “confusero i giochi a carattere agonistico o genericamente competitivo con le scommesse e i giuochi d’azzardo, mentre invece (gli uni e le altre) dovrebbero essere assolutamente distinti, non soltanto per la loro configurazione, ma, a ben guardare, anche per la loro disciplina giuridica”.

Il gioco in senso proprio è rivolto “alla libera espressione del proprio estro, delle proprie energie fisiche o intellettuali, e si esercita senza che sorga motivo di competizione, anche quando è sottoposto a una disciplina”.

“La gara ha in sé il presupposto della contesa, del superamento di una condizione naturale, di una forza avversaria”.

Il gioco in sé e per sé, indipendentemente dalla posta che viene messa in palio, resterebbe fuori dal diritto e, per esso, sarebbe quindi indifferente che la legge civile e penale, quando parla di gioco, si riferisca unicamente al gioco interessato.

Si tratta di una tesi originata da una separazione troppo netta tra gioco e scommessa per dar giuridica rilevanza solo a quest’ultima, mentre il primo rimarrebbe fuori dall’ordinamento giuridico.

Così inteso, il gioco sarebbe, quindi, un fenomeno giuridicamente irrilevante, giacché consisterebbe sempre ed esclusivamente in un’attività rivolta al diletto alla quale, pertanto, sarebbe estranea ogni idea di interesse in senso tecnico. Oltre al contenuto giocoso vi è, tuttavia, anche un altro aspetto del fenomeno che consiste nel carattere agonistico del gioco, e cioè il modo con cui si attua, e che prende il nome di gara. Pertanto vi può essere gioco senza gara, anche se la figura di gran lunga più interessante è proprio la competizione. Qui sono presenti lo spirito giocoso e lo spirito agonistico e lo scopo è esprimere un vincitore.

Vi può essere inoltre anche un elemento patrimoniale, e cioè la messa in palio di un posta. In queste ipotesi si introduce un elemento utilitaristico che, di per sé, è estraneo al gioco e che costituisce, invece, il contenuto tipico della scommessa (più precisamente del contratto di scommessa). A ben vedere, però, i rapporti a contenuto patrimoniale che trovano la loro fonte nel gioco non possono essere scissi da questo, con la conseguenza che anche il gioco in sé ha giuridica rilevanza. Il gioco infatti, per la sua tecnica di svolgimento e per le sue regole, è idoneo a esercitare sulla scommessa un’influenza diretta.

Tale assunto porta alla conclusione che il fenomeno ludico è positivamente disciplinato dall’ordinamento giuridico in una visione globale, e, quindi, anche dalla legge penale; ciò consente di affermare che il gioco ha giuridica rilevanza non solo quando sia interessato (o con posta), ma anche quando sia disinteressato.

Infatti, ci sono giochi che, a prescindere dal concorso del fine di lucro, sono illeciti e questo non per la loro natura, ma solo per il fatto che sono vietati dalla legge o dall’autorità. Ad esempio, il codice penale punisce l’esercizio in sale da giuoco o da biliardo di giuochi non d’azzardo, ma, tuttavia, essi sono vietati dall’autorità ai sensi della legge sulla pubblica sicurezza.

I giochi, nella loro disciplina giuridica, si suddividono in tre grandi categorie o gruppi: quelli forniti di piena tutela giuridica, quelli limitatamente tutelati e quelli vietati. In particolare, sono considerati giochi vietati sia quelli d’azzardo (art. 718-721 c.p.), sia quelli proibiti dall’autorità (art. 723 c.p. e art. 110 pt. T.U.L.P.S), sia quelli compiuti con apparecchi o congegni automatici e semiautomatici che non rispondono ai requisiti richiesti (art. 110 T.U.L.P.S).  Il dato comune tra i giochi vietati è, quindi, che essi “sono considerati per il luogo in cui si svolgono, il cui ambito, riguardo al possibile concorso di persone, è in correlazione al grado di pericolosità del gioco desumibile dalla sanzione comminata”.

La questione del passaggio del gioco del poker da gioco d’azzardo a gioco consentito e da questo addirittura a gara e, pertanto, a disciplina sportiva ruota, come si avrà modo di vedere, proprio attorno ala legge sulla pubblica sicurezza (art. 110 T.U.L.P.S) la quale distingue due diverse tipologie di giochi: da una parte i giochi d’azzardo, per i quali il disvalore è ritenuto in re ipsa, così come l’interesse pubblico al loro divieto; dall’altra i giochi che l’autorità, nell’esercizio del potere discrezionale ad essa attributo, ritenga di vietare nel pubblico interesse e per i quali, dunque, dovrà essere fornita idonea e congrua motivazione sui motivi dell’inserimento nella tabella dei giochi proibiti.

Infatti, solo nel caso dei giochi d’azzardo l’interesse pubblico al loro divieto può considerarsi in re ipsa. Si parte quindi dal presupposto che il gioco d’azzardo, oltre a fomentare la cupidigia del denaro, favorisce l’avversione al lavoro e al risparmio, due valori fondamentali dal punto di vista costituzionale, e, pertanto, deprime la dignità della persona, impedendole di realizzare uno sviluppo armonico della propria personalità. Inoltre si osserva di come molto spesso all’ambiente nel quale il gioco d’azzardo si sviluppa, possa essere associata la nascita di fenomeni criminali di varia portata.

Nel  caso di giochi presumibilmente non d’azzardo ma che possono essere vietati, sussiste il potere discrezionale dell’autorità amministrativa a vietarli. Tale autorità ovviamente, per andare esente da qualsiasi giusta censura, non potrà esimersi dal motivare in termini di interesse pubblico, con particolare riferimento a quegli interessi che, nel caso di specie, risultano più bisognosi di cura, e cioè l’ordine pubblico e la sicurezza pubblica.

Si badi però che se da un lato il legislatore penale, nel codice penale del 1930, ha criminalizzato il gioco d’azzardo e, nelle leggi sulla pubblica sicurezza., ha previsto la possibilità di vietare anche altri giochi per ragioni di ordine pubblico e sicurezza pubblica, dall’altro lato lo stesso legislatore ha incentivato la diffusione di altri giochi, nonostante gli stessi si basassero proprio sui meccanismi che aveva criticato.

  1. Il poker da gioco d’azzardo a gioco lecito

Il poker è, per definizione, considerato un gioco d’azzardo. Nel gioco d’azzardo concorrono due elementi: l’uno di carattere oggettivo costituito dall’aleatorietà della vincita o della perdita inerente al gioco stesso e l’altro di carattere soggettivo consistente nel fine di lucro della persona che lo esercita.

La valutazione normativa dei due elementi del gioco d’azzardo non è dissociabile in termini di priorità, ma è unitaria e inscindibile ed entrambi gli elementi concorrono in pari modo a caratterizzare il gioco d’azzardo.

Aleatorio è sia quel gioco in cui la vincita o la perdita dipende interamente dal caso sia quello in cui il caso fortuito è notevolmente preponderante sull’abilità.

Il paradosso consiste nel fatto che oggigiorno ci troviamo innanzi a una vertiginosa moltiplicazione delle occasioni di gioco, dei locali adibiti alla raccolta di scommesse o alla vendita di tagliandi c.d.  gratta e vinci, tale da determinare una vera e propria abitudine al gioco per una fetta consistente e sempre crescente della popolazione. Spesso si tratta addirittura di giochi gestiti in regime di monopolio dallo Stato, nei quali la componente aleatoria, se non esclusiva, risulta essere almeno predominante.

Sommando i vari aspetti ora considerati si rischia di avere una serie di tasselli di un mosaico che rappresentano interessi spesso tra loro confliggenti e di difficile convivenza; infatti, se, da un lato, vi è l’interesse a tutelare l’ordine pubblico e la sicurezza pubblica (come previsto dalle citate norme del codice penale e del T.U.L.P.S.), dall’altro lato vi è l’interesse dello Stato a gestire o promuovere le scommesse in modo da “fare cassa” a beneficio delle finanze pubbliche.

Inoltre vi è il principio europeo sulla libera prestazione dei servizi che è idoneo a prevalere sugli interessi ora evidenziati, ma che può essere derogato per prevenire turbative dell’ordine sociale. Tuttavia, questa deroga si restringe notevolmente “laddove le autorità di uno Stato membro (come l’Italia) inducano e incoraggino i consumatori a partecipare alle lotterie, ai giochi d’azzardo o alle scommesse affinché il pubblico erario ne benefici sul piano finanziario”. In questi casi, infatti, “le autorità di tale Stato non possono invocare l’ordine pubblico sociale con riguardo alla necessità di ridurre le occasioni di gioco” e, quindi, per giustificare provvedimenti restrittivi.

Il fenomeno del gioco di carte denominato poker sportivo nasce e cerca di sopravvivere in questa intricata matassa.

  1. Il fenomeno associativo

Sulla scorta di queste considerazioni il passaggio del gioco del poker da gioco d’azzardo a gioco lecito e, poi, da quest’ultimo a vera e propria disciplina sportiva può risultare molto più agevole. Come si è avuto modo di notare l’asse portante da cui dipende la diffusione della pratica sportiva ad ogni livello si individua nel fenomeno associativo e nelle regole che tali organizzazioni dettano. Basti pensare che le federazioni sportive nazionali nacquero prima ancora della istituzione del C.O.N.I. (Comitato olimpico nazionale italiano) e anzi furono proprio i rappresentanti delle stesse a dar vita al C.O.N.I. quale organismo permanente nel lontano 1914.

Un’evoluzione simile si ha anche con il nuovo fenomeno rappresentato dal poker sportivo. Esso, infatti, nasce in forma spontanea e si sviluppa dal basso; proviene quindi dalla base, con la creazione di associazioni territoriali per il gioco del poker le quali, poi, aderiscono alle varie federazioni che si formano a livello nazionale. Dai dati raccolti si è potuto constatare che, a tutt’oggi, vi sono diverse federazioni che promuovono il poker sportivo.

 Queste Federazioni hanno lo scopo di promuovere i tornei e, a tal fine, predispongono le regole del gioco, si danno cioè un’autodisciplina. E sulla base di queste regole auto dettate organizzano i tornei che devono essere preventivamente autorizzati dalle Questure del luogo dello svolgimento dell’evento.

Attualmente manca una disciplina uniforme per quanto riguarda l’autorizzazione all’organizzazione di tornei di poker sportivo, mentre vi è una certa uniformità delle regole del gioco, le quali, però, sono in costante evoluzione e adattamento proprio al fine di conformarsi ai dettati normativi di pubblica sicurezza e di ordine pubblico affinché non esorbitino nel gioco d’azzardo (infatti, secondo il Ministero dell’interno il poker, seppur astrattamente qualificabile come gioco d’azzardo, ben potrebbe divenire lecito in relazione alle specifiche modalità di svolgimento).

Inoltre è intuibile che, superato lo scoglio dell’incertezza attorno alla liceità del gioco, il passo successivo di queste federazioni sarà quello di ottenere il riconoscimento in sede del C.O.N.I., e cioè lo status di disciplina sportiva per il gioco che promuovono. Ciò può avvenire ovviamente solo attraverso il riconoscimento degli organi rappresentativi della disciplina, com’è avvenuto, per esempio, per la disciplina della dama, per quella del bridge, per quella del biliardo e per quella degli scacchi.

Endoxa ENDOXA - BIMESTRALE FILOSOFIA

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