IL BACIO DI LAMOURETTE: UNA GIORNATA DELLA STORIA IN CUI TUTTO SEMBRÒ POSSIBILE

CESARE VETTER
Nell’estate del 1792 la Francia è lacerata da profondi conflitti. Il prezzo del pane è in vertiginoso aumento. Il malcontento popolare per le condizioni materiali di vita è forte e diffuso. Nelle sezioni di Parigi stanno prendendo corpo e consistenza i sanculotti, gruppi di militanti armati e organizzati militarmente (5/6000 circa a Parigi, alcune centinaia nelle altre grandi città), sostenitori di istanze molto radicali sul piano politico (democrazia diretta) e sul versante sociale (ridistribuzione e limitazione delle ricchezze). Dal 20 aprile 1792 è cominciata la guerra e la situazione militare è disastrosa. L’esercito è allo sbando. Si profila l’incubo che Parigi possa essere invasa dalle truppe austro-prussiane. La monarchia costituzionale, varata con la costituzione del 1791, è traballante. Il 20 giugno 1792 una folla di circa 20.000 manifestanti invade le Tuileries e costringe il re a indossare il cappello frigio e a brindare alla rivoluzione. Lafayette abbandona l’armata del Nord e sta per consegnarsi agli austriaci.
Nell’Assemblea legislativa (1791 – 1792) si contrappongono frontalmente i Foglianti e i Brissottini. I Foglianti costituiscono lo schieramento di destra (le categorie di destra e sinistra per connotare forze politiche e schieramenti parlamentari nascono con la rivoluzione francese). Sostengono posizioni filo- monarchiche. Si erano staccati dal club dei giacobini durante la crisi di Varennes del giugno – luglio 1791, successiva al fallito tentativo di fuga da parte di Luigi XVI. La loro prospettiva strategica è terminare la rivoluzione, consolidare la monarchia costituzionale e porre fine alle violenze popolari, che avevano caratterizzato il periodo dell’Assemblea Costituente (1789 -1791). I Brissottini costituiscono lo schieramento di sinistra. Sono – prendendo come punto di riferimento le strutture di sociabilità politica – giacobini, che si riconoscono nella leadership di Jacques Pierre Brissot. La loro prospettiva è esportare la rivoluzione, mettere il re alle corde e arrivare a una soluzione repubblicana. Nella Convenzione nazionale (1792 – 1795) – per la progressiva radicalizzazione del discorso, che caratterizza le dinamiche della rivoluzione nel periodo tra il 1789 e il 1795 – costituiranno lo schieramento di destra, contrapposto ai montagnardi, anch’essi giacobini sotto il profilo dell’appartenenza alle strutture di sociabilità politica. I Brissottini – nel lessico della storiografia – sono prevalentemente indicati come girondini. C’è anche un centro (modérés), che di volta in volta con i propri voti rende possibili le maggioranze parlamentari.
Il clima nell’Assemblea e nelle strade di Parigi è molto teso. I sentimenti dominanti – come ha suggerito Georges Lefebvre – sono la paura, la reazione difensiva e la volontà punitiva. Gli eventi vengono letti in chiave di complotto e – dopo la fuga di Varennes – l’idea di complotto comincia ad affermarsi progressivamente anche tra le élites. Strettamente correlata all’idea di complotto è la nozione di sospetto, che circola nel discorso pubblico fin dal 1790 e troverà successivamente una traduzione normativa con la legge dei sospetti del 17 settembre 1793.
I vari gruppi, che si contendono il potere e la legittimità politica sulla scena della rivoluzione, si accusano reciprocamente di essere traditori della patria, nemici del popolo e della nazione. Le accuse non riguardano solamente gli aristocrates, i sostenitori cioè di un ritorno all’antico regime. Anche all’interno di quelli, che – nella contrapposizione agli aristocrates – si erano autodefiniti patriotes, il confronto è aspro e duro, senza esclusione di colpi. Nel lessico del conflitto tra Brissottini e Foglianti, gli avversari vengono sistematicamente delegittimati e animalizzati. Sono mostri, esseri impuri, corrotti e corruttori. Analoghe dinamiche lessicali di screditamento e delegittimazione dell’avversario contraddistinguono il serrato confronto nel Club dei giacobini tra i sostenitori di Brissot e i sostenitori di Robespierre, dopo la scissione dei Foglianti. Brissot sarà espulso dal Club nell’ottobre del 1792 con accuse infamanti e i suoi sostenitori saranno espulsi nel marzo – aprile del 1793. Lo scontro si sposterà nella Convenzione nazionale, dove i giacobini sostenitori di Robespierre costituiranno una parte della Montagna e i giacobini sostenitori di Brissot daranno vita al gruppo della Gironda. Brissot e i principali esponenti della Gironda saranno processati e mandati a morte nell’ottobre 1793. Lo screditamento e l’animalizzazione dell’avversario sono una componente non secondaria del periodo del Terrore (1793 -1794).
Nel pieno dello scontro in atto all’interno dell’Assemblea legislativa, il 7 luglio 1792, Adrien Lamourette, vescovo costituzionale di Lione e deputato della Rhône-et-Loire, prende la parola e si rivolge ai deputati invitandoli a superare le divisioni in nome della fraternità.
L’intervento di Lamourette – che precedentemente aveva preso poche volte la parola in assemblea e che si collocava nell’ambito dei modérés – provoca un effetto sorprendente. Per un momento le passioni sembrano tacere. I deputati, che fino a quel momento si erano scontrati duramente, applaudono, scendono dai loro banchi, si confondono tra loro, si baciano, si abbracciano e si giurano reciproca fiducia. Propongono all’unanimità di mandare alle stampe il discorso di Lamourette e di inviare una delegazione a Luigi XVI per comunicargli la ritrovata concordia e unità. Poi tutto tornerà come prima e si arriverà alla sanguinosa giornata del 10 agosto 1792, con l’invasione delle Tuileries e la caduta della monarchia (seicento guardie svizzere massacrate e quattrocento morti tra i manifestanti). Di lì a poco (2 – 6 settembre 1792) avremo le stragi nelle prigioni di Parigi (circa 2000 persone uccise), che la storiografia solitamente definisce il primo Terrore. Comincerà anche quello che Marisa Linton ha definito the politician’s terror (il terrore cioè che i politici incutono agli altri ma che subiscono essi stessi), con la sospensione dell’immunità parlamentare, che ha un travagliato percorso legislativo dal dicembre 1792 al marzo 1793. Il bilancio per il periodo 21 gennaio 1793 – 19 aprile 1799 sarà pesante: 96 rappresentanti del popolo deceduti per morte non naturale.
L’episodio del 7 luglio 1792 è conosciuto come «il bacio di Lamourette» ed è stato portato all’attenzione degli specialisti e del grande pubblico da Robert Darnton. Le interpretazioni storiografiche sono molto divergenti. Darnton vi vede un’incarnazione di quel «possibilism» (nella traduzione italiana: «possibilitarismo») che a suo avviso è il tratto connotativo della rivoluzione francese. Possibilism versus givenesses of things. Altri invece lo interpretano come una mossa tattica per salvaguardare in extremis la monarchia costituzionale e i fragili equilibri venutisi a creare tra religione cattolica e rivoluzione con la costituzione civile del clero del 12 luglio 1790. Da parte sua Lamourette in interventi successivi, dopo aver aderito alla repubblica, proporrà una lettura ancora diversa: la sua iniziativa del 7 luglio 1792 aveva lo scopo di stanare i progetti controrivoluzionari della monarchia e di una parte dell’Assemblea.
Quali fossero le reali intenzioni di Lamourette è questione complessa, così come intrigante e complessa è la figura di questo importante esponente dell’illuminismo cattolico, profondo innovatore in chiave eudaimonistica dell’apologetica cristiana, inventore del sintagma «démocratie chrétienne», impegnato per una profonda riforma della Chiesa prima della rivoluzione, collaboratore di Mirabeau, successivamente schierato su posizioni girondine, animatore della rivolta di Lione, arrestato nel settembre del 1793 e mandato a morte dal Tribunale rivoluzionario di Parigi l’11 gennaio 1794. Al di là delle sue intenzioni, resta l’impatto performativo delle sue parole. Persone, che fino a poco prima si erano scannate, si abbracciano, si baciano e si giurano reciproca fiducia. Si promettono fratellanza e concordia. Per un momento pensano e sperano che tutto sia possibile. Che sia possibile un mondo migliore, pacificato e armonizzato. Che sia possibile espungere passioni, rancori, antagonismi e conflitti in nome della comune umanità. È un giorno particolare nella storia della rivoluzione e forse anche nella storia tout court. Pensare che tutto sia possibile è un’esperienza rara nella vita dei popoli e degli individui. In anni recenti, come è noto, Hans Rosling ha trasposto il possibilism dalla storia alla psicologia e ha proposto di rendere il possibilism un atteggiamento mentale sistematico per affrontare al meglio le pigrizie e le difficoltà della vita. Il possibilism evocato da Hans Rosling è però profondamente diverso da quello evocato da Darnton. Così come sono diverse le accezioni di possibilism nella storia dei partiti politici e nelle discipline geografiche, filosofiche e antropologiche. Per Darnton il possibilism è «un senso di illimitata possibilità», che nel periodo della rivoluzione francese coinvolse élites e masse popolari: «Possibilitarismo contro stato dei fatti: furono queste le forze che si affrontarono in Francia tra il 1789 e il 1799». Il possibilism è un sentimento che suscita energie e accende speranze, che spinge gli uomini a sentirsi fratelli. Ed è proprio questo sentimento – nell’interpretazione di Darnton – che Lamourette riuscì a risvegliare nel cuore dei deputati con il suo intervento del 7 luglio 1792.
Il possibilism è sognare e credere che tutto ciò che ci può rendere felici possa essere realizzato. Che l’uomo possa modificare radicalmente la sua vita e recuperare la felicità perduta. Suggestioni affascinanti, che meriterebbero di essere approfondite. Ma il discorso ci porterebbe troppo lontano e dovrebbe misurarsi – tra l’altro – con le problematiche dello gnosticismo politico, sollevate da Eric Voegelin. Torniamo a Lamourette e rivediamo assieme alcuni passaggi del suo intervento, che propongo in traduzione italiana:
“[…] Signori, vi sono state proposte e sicuramente vi saranno ancora proposte misure estreme e terribili per arrestare il progredire dei mali, delle divisioni e dei fermenti che lacerano il cuore della nostra nazione e che sembrano dare agli eserciti stranieri che ci minacciano il segnale dell’ultimo stadio della nostra sconfitta e della nostra inclinazione a ricadere nella schiavitù. Ma nessuna di queste misure non raggiungerà il fine che volete ottenere, nessuna che vada alla fonte della malattia attuale della Francia. Questa fonte, Signori, che bisogna disseccare a qualsiasi prezzo, è la disunione dell’Assemblea Nazionale. La posizione del Corpo legislativo è il vero termometro della situazione della nazione: e se qualcuno volesse formarsi una giusta idea della situazione politica e morale dei Francesi, non avrebbe altro che da frequentare il luogo dove si riuniscono i loro rappresentanti. Sì, è qui che ha sede la leva che fa muovere la grande macchina dello Stato, nel senso dell’unità e dell’armonia, o nel senso di ciò che produce complicazioni e scontri tra movimenti che la distruggono. Oh! Se qualcuno di voi, Signori, fosse chiamato a realizzare questo grande e glorioso disegno, a realizzare questa preziosa e desiderabile unione della rappresentanza nazionale, sarebbe lui il vero benefattore dei suoi concittadini, il vero liberatore della sua patria, il vero distruttore dei complotti dei tiranni, il vero vincitore dell’Austria e di Coblenz. Signori, voi tenete nelle vostre mani la chiave della salute pubblica e voi cerchereste questa salute, l’oggetto di una così lunga e faticosa attesa, nelle leggi sempre incerte, e vi rifiutereste alla gloria così emozionante di far sgorgare dal vostro seno le dolcezze della pace e dell’unità, su un popolo a cui questi inapprezzabili beni sono diventati così necessari? Io ho spesso inteso dire che, al punto in cui sono le cose, questo riavvicinamento era impraticabile; e queste parole mi hanno fatto fremere, perché contengono la più offensiva ingiuria che si possa fare agli uomini […] Riportate all’unità la rappresentanza nazionale; il risultato più prezioso è appeso a un filo che voi potete rompere in un istante, e la più miserabile delle scissioni è legata a malintesi miserabili […] Giuriamoci fraternità eterna; confondiamoci in una sola e unica massa di uomini liberi, egualmente contrapposta sia allo spirito di anarchia che allo spirito feudale; e il momento in cui i nostri nemici interni ed esterni non potranno più dubitare che noi vogliamo una cosa sola e precisa e che ciò che noi vogliamo noi lo vogliamo tutti assieme, quello sarà il vero momento in cui si potrà dire che la libertà trionfa e che abbiamo salvato la Francia.”
Il resoconto della seduta parlamentare (pubblicato nel volume 46 delle Archives parlementaires alle pp. 211 – 212) si sofferma analiticamente sull’entusiasmo dei deputati e registra con minuzia gli applausi e i gesti di reciproco affetto. Particolare risalto viene dato al fatto che «la destra e la sinistra si mescolano e si confondono, per farsi un corpo veramente unico e unito dal solo bisogno della felicità pubblica».
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