EX VOTO E DISOBBEDIENZA
FRANCESCA MARTINELLI
La mia pancia è terra di briganti, rivoltosi e mangiasanti.
Così è dove sono nata, così è da dove provengono le mie radici, luoghi di culto popolare e di carattere estatico, dove il basso s’incontra con l’alto, dove la bestemmia dialoga col dì della santa messa e il parroco abbraccia la falce e le sottane della perpetua. Luoghi di collina e bassa montagna, dove il viaggio nel mondo dei morti è una costante del quotidiano. Una civiltà antichissima raffinata e complessa, brutale e grottesca al contempo, il cui rituale popolare legato alla festa, al culto della Grande Madre, al riso, alla messa e al carnevale, si traduce ben presto in un sistema iconografico strutturato antitetico, per sua natura, alla cultura dominante.
Sono la parigina
la clandestina la nera la randagia l’irosa la pensierosa
sono la figlia l’irruente l’insofferente
sono la rabbiosa la passeggera l’onesta la fiera
sono chi tu non vuoi
sono colei che aspetta la sempre desta l’insonne la madre dall’ira funesta
sono il sudore da spogliatoio femminile
sono la pubertà soffusa
la santa
sono l’illusa
sono la sempreverde la bambina l’impacciata la rovinafeste l’ombrosa la mai paziente l’attaccabrighe la maldicente
la meretrice la partoriente
sono tutto e ai tuoi occhi niente
sono l’isola felice e quella sommersa
un Atlantide dismessa come la soffitta a perdere della mia infanzia febbrile quando correvo fino all’ultimo pontile
e fu un marinaio ad aspettarmi all’alba del mio debutto
quando non avevo visto nulla, ma sentito tutto
le urla di mia madre confuse sotto il tagliaerbe del vicino
che dimenticava da noi il suo sudicio spazzolino.
sono l’odore dell’inverno dentro le lenzuola indurite al sole
sono l’ultimo respiro di una ragazza ad ore
la lupa che infiamma i boschi e un burrone scavalcato a morsi
sono la patria spodestata a calci come il confine incerto della mia identità
sono l’indecente la disobbediente
sono tutto ma ai tuoi occhi sempre niente
La Chiesa e lo stato demonizzarono ai fini di un assorbimento culturale, ciò che non potevano controllare. Il linguaggio iconografico con cui queste arcaiche credenze sono arrivate fino a noi si spiega con la circolazione europea dei trattati di demonologia, basati a loro volta sugli stereotipi che si erano venuti a creare sulle Alpi tra la fine del Trecento e la prima metà del Quattrocento per mano degli inquisitori. L’arte e l’immaginario popolare provengono da una spiritualità animista basata su una pluralità di esseri metamorfici come la natura. Un’insolenza di ibridi, di corpi spezzati, interrotti, alterati, che sono sfuggiti all’armonizzazione del canone classico. Esseri proteiformi che qualche prelato di paese definì ridicula difformitas. Questo è il sistema dell’ imagerie grottesca. Entità mostruose e deformi metà uomini e metà bestie, spiriti degli alberi, donne delle acque (Agane), storpi, nani, zoppi, folli, vecchi sdentati che baciano fanciulle dalla smisurata bellezza: questa è la variopinta umanità che popola il mondo rurale e contadino europeo prima della Controriforma e che il Rinascimento nordico ben conosce. All’interno di questo contesto nasce l’ex voto suscepto, “secondo la promessa fatta”, e indica una formula apposta su oggetti offerti, per ringraziare il destinatario del dono, di aver esaudito una richiesta. Un gran numero di ex voto è connesso alla sfera della salute e quindi all’ambito corporeo; fra le varie tipologie di oggetti votivi prevalgono gli ex voto anatomici, che rappresentano nella grande maggioranza l’organo malato, gli oggetti-segno della malattia, per esempio, mani, piedi, braccia, o strumenti medici.

Tutti questi tipi di ex voto hanno conservato le prove del passaggio dal paganesimo al cristianesimo, di forme rituali di religiosità popolare. Gli ex voto, quindi, rivestono rilevanza antropologica che tuttavia non va disgiunta da quella artistica, presente specialmente in quelli pittorici, i quali sono meglio adatti a offrirci gli aspetti e le forme della vita quotidiana di un gruppo sociale, rappresentato nella sua articolazione di classe popolare, borghese e aristocratica.


Le loro caratteristiche ci svelano di ogni ceto, oltre alle usanze anche le credenze. La valenza simbolica dell’ex-voto originale, assume valenza di “rovesciamento” e forte portata rivoluzionaria, perché si esprime in termini spirituali, ma al di fuori dell’istituzione ecclesiastica, di conseguenza fuori dal controllo dell’autorità pontificia. Questo elemento, insieme a un legame imprescindibile con il femmineo, ne disegnano una connotazione di genere irriverente e ribelle, perché non controllabile.

Tutto ciò che sfuggiva all’ordine ecclesiastico-patrircale in termini di controllo, doveva essere in qualche modo rimosso. In questo caso l’ex voto è stato incorporato, ripulito e designato unicamente a entità riconosciute dalla Chiesa. La sua natura incontaminata, disobbediente e visceralmente umana e stata quindi addomesticata. La ritualità popolare dell’ex voto, questo tramite non ben definito con gli dei, non poteva certo essere ben visto dai padri della Chiesa. Ancora oggi l’istituzione ecclesiastica si prende cura dello spirito dissociandolo dalla carne, omettendo il corpo, viatico di vita e di morte, di piacere e di dolore, portatore di cicatrici disegnate nella carne e nell’anima.



Ecco che l’ex voto, nelle sue forme originali, “riabilita la carne”. Questo è un messaggio assolutamente contemporaneo e ci deve far riflette su quanto soprattutto oggi l’istituzione ecclesiastica, le sue manifestazioni, i suoi “uomini”, siano degli assunti anacronistici e inadeguati, perché lontani dalla vera sofferenza del vivere quotidiano, lontani dal “corpo” dell’essere umano. La religione nelle sue mutevoli forme espressive, che si manifesti davanti ad un albero o davanti a un crocifisso, nulla ha a che vedere con l’istituzione. La tradizione pagana e profondamente contadina degli ex voto, ovvero quel mantenimento di una promessa fatta alla divinità in cambio della grazia, è un’usanza radicata nel mondo antico. In questo progetto artistico-letterario (vedi immagini), l’Ex Voto viene elevato a metafora delle idiosincrasie del nostro essere, dove il dolore è una scelta necessaria e costante per la ricerca di un senso più alto del vivere. Il corpo si esprime e lascia esposte le sue ferite, le sue debolezze, senza nasconderle. Ferite del corpo che diventano anche ferite dell’anima, liberazione temporanea dalla verità dominante, dal perbenismo comune, dal buon pensiero della domenica, da ogni “carattere definitivo e imposto dall’alto” .L’ex-voto quindi come metafora del corpo, e quest’ultimo come assunto rivoluzionario e libero di autodeterminarsi aldilà di qualsiasi rapporto gerarchico, di privilegio, di tabù, di identità individuale, contro ogni tentativo di scissione tra corpo e mente.

L’ex-voto ci parla di identità individuali, di storie personali, che diventano identità collettiva, esperienza comune, rielaborazione e condivisione. Il dialogo e l’ascolto sono gli elementi costitutivi che fondano il nostro essere e la nostra coscienza critica. L’identità individuale è un lento, mutevole, complesso e meraviglioso connubio di alto e basso, di opposti che si incontrano e scontrano di sfumature inafferrabili in continua mutazione e contaminazione. Non si nasce con un’identità predefinita, solo con caratteri e sfumature in continua mutazione lungo il breve percorso della vita. Non siamo forme predefinite, ma mutevoli. Qui risiede l’orrenda bellezza dell’umanità. L’ex voto testimonia, ancor oggi, la resistenza di popoli e culture all’addomesticamento e assorbimento culturale.

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