LA LEGGE DELLA DISOBBEDIENZA: DIVENTIAMO CIÒ A CUI NON CI SOTTOMETTIAMO
RICCARDO DAL FERRO
A cosa si obbedisce?
Il senso comune ci suggerisce una risposta facile: alla legge. Sappiamo intuitivamente, infatti, che l’obbedienza si soddisfa nel momento in cui esiste un ordine, un comando, e quel comando deriva nella maggior parte delle volte da un altro essere umano, a noi gerarchicamente superiore. Si obbedisce al comando paterno, alla regola del preside, all’agenda del capo, alla Costituzione dello Stato.
D’altra parte dobbiamo anche accorgerci che questo tipo di obbedienza è relegata al contesto nel quale essa viene richiesta. La legge di uno Stato, infatti, si forma in relazione ad una necessità contingente, economica o politica, e la regola del preside può essere valida in una scuola, ma non in un’altra. Allo stesso modo, in una famiglia il comando paterno può risultare comprensibile, in un’altra situazione aberrante ed inaccettabile. In quel momento ci accorgiamo che l’obbedienza ad una regola si situa sempre all’interno di un contesto ben preciso, dal quale non possiamo prescindere.
Lysander Spooner ha espresso in modo chiaro questo concetto, affermando che: “Qualsiasi legge che prescinda dalla naturale regola del rispetto della vita altrui si deve basare sulla volontà di essere seguita, e perciò sul contesto nella quale viene a formarsi. Il potere della Costituzione, al contrario, soggioga generazioni che non hanno acconsentito ad esso: si basa infatti al massimo su coloro che erano vivi nel momento in cui si è venuto a formare, ovvero uomini esistiti quasi un secolo fa.”
L’etica intergenerazionale, in effetti, è uno dei temi in cui si situa in modo più critico il concetto di obbedienza. Come può un ventenne obbedire a regole formulate in contesti completamente avulsi dalla sua situazione contemporanea? Spooner si scaglia contro l’idea che dalle decisioni degli uomini possano derivare leggi imperiture, e la sua critica al modello costituzionale è feroce e lucida: uomini vissuti ottanta o cento anni fa, perlopiù defunti oggigiorno, non possono avere l’autorità di richiedere obbedienza alle generazioni successive, non più di quanto io possa imporre di seguire i miei dettami morali ai miei pronipoti senza il loro consenso.
Questo è facile riconoscerlo quando le leggi sono particolarmente ingiuste. Una persona ragionevole riconoscerà senza difficoltà che se uno Stato comanda di uccidere tutte le persone che portano i baffi, siano di sesso maschile o femminile, è giusto che io disobbedisca, anche se a formulare quella legge furono uomini saggi del passato. Una polizia che si arroghi il diritto di violare senza giustificazione il domicilio di privati cittadini è portavoce di una legge scorretta a cui si deve disobbedire, anche se il contesto in cui quella legge si è formata la rendeva ragionevole. Ma la rivolta contro le regole inique può essere necessaria anche quando le leggi da disfare potrebbero sembrare molto più ragionevoli di queste.
Questo genere di disobbedienza è particolare perché mette a confronto prospettive su cui è quasi impossibile trovare l’etichetta di giustizia/ingiustizia. Ad esempio, l’esistenza di un sistema pensionistico sbilanciato, che favorisca coloro che hanno promulgato quel sistema a discapito di chi, durante quegli anni, ancora non era nato (tema sottile e così attuale). Secondo una prospettiva, è giusto che quel sistema venga mantenuto perché la generazione precedente ha già pianificato la propria anzianità sulla base di quelle regole, ma secondo l’altra prospettiva è ingiusto mantenere lo status quo perché ciò impedirebbe ai giovani di oggi di accedere ad un sistema pensionistico adeguato al loro futuro.
Altro elemento di particolare interesse, qui in Italia, è l’uso che si fa delle leggi antifasciste. Il caso dei ragazzi “sorpresi” al Lucca Comics vestiti da nazisti è emblematico: una certa sensibilità suggerisce che qualsiasi manifestazione di questo tipo debba essere punita come vorrebbe la legge sulla non-proliferazione del pensiero fascista, mentre un’altra sensibilità, molto vicina alle generazioni che magari non hanno vissuto da vicino certi orrori, suggerisce che sia il momento di superare certe impasse culturali, soprattutto quando si tratta di una manifestazione in maschera come quella di Lucca.
Qui è evidente che non esiste “giusto/sbagliato”, ma esiste il sostegno argomentato delle diverse prospettive. Una missione difficile, insomma.
L’unica lezione che possiamo trarre da questo è che la disobbedienza segue leggi che la legge spesso non conosce. E questo accade perché, come sostenuto da Lysander Spooner, la valutazione della nostra condotta non dipende del tutto dal contesto nel quale viviamo e ci relazioniamo. Una buona parte di ciò che riteniamo giusto, a cui perciò obbediamo, e di ciò che riteniamo sbagliato, al quale quindi disobbediamo, dipende da un senso di correttezza che va al di là delle azioni dei governanti, delle decisioni del papà o del preside. In fin dei conti, pur essendo un pensiero decisamente fuori moda, il giusnaturalismo torna sempre a galla con l’idea che esista una qualche forma di regola alla quale aderiamo al netto delle pragmatiche considerazioni sul contesto in cui siamo immersi: uccidere un altro uomo senza ragionevole giustificazione è scorretto in qualsiasi contesto, così come togliere la libertà ad una persona che non abbia compiuto un crimine è sbagliato sempre e comunque. E mentre la legge definisce, nei particolari contesti e spesso sulla base di una prerogativa arbitrale (quella di chi detiene il potere di creare le leggi), cosa sia o meno criminale, esiste un senso individuale e inalienabile di quale sia il confine tra ciò che è giusto e ciò che non lo è, tra il criminale e il tollerabile, tra ciò a cui devo obbedire e ciò a cui devo disobbedire.
In fin dei conti, la nostra identità si designa per la maggior parte grazie a ciò verso cui proviamo ripugnanza, ciò che non accettiamo: la domanda prevalentemente individuale che ci poniamo, quando decidiamo a quale regola non obbedire, è parte integrante di ciò che diventeremo domani. Per questo è fondamentale disobbedire, ma ancora di più sapere perché disobbediamo: lì si cela una parte fondamentale di chi siamo, quella parte che nessuna legge e nessuna regola potrà mai modificare.
Endoxa ENDOXA - BIMESTRALE FILOSOFIA POLITICA Costituzione Endoxa novembre 2019 legge obbedire/disobbedire POLITICA Riccardo Dal Ferro