I LUOGHI OSCURI (CONTESI E PERDUTI) DELLE PERIFERIE
PAOLO CASCAVILLA
Marta, Sara, Piero terminano un po’ preoccupati l’ultimo incontro con il professore di sociologia, che ha assegnato una ricerca su un tema ancora da definire, ma che ruota intorno alle periferie, alla marginalità, a quelle aree segnate da insicurezze e paure.
Marta. Perché hai fatto la proposta di un documentario? Sai come è il prof. Quando ci sono delle novità… e non è lui a lavorare!
Piero. Ho fatto un’ipotesi, se troviamo delle difficoltà… ci rinunciamo.
Sara. Era stato più chiaro nell’incontro in presenza di giugno scorso. Stavolta, con la modalità on line… ha continuato a mantenersi su linee generali. Siamo noi ora che dobbiamo chiarirci e dividerci i compiti. I suggerimenti sui film mi sembrano datati… Accattone, Brutti, sporchi e cattivi, Los Olvidados, più interessanti la Haine (l’odio), La Capagira… meglio alcune fiction…
Marta. Ha detto che vuole una ricerca sul campo… le periferie, i ghetti… ha citato i ghetti di Capitanata, forse perché sa che sono di quelle parti… A proposito che senso ha quella frase, che ha ripetuto spesso: hic sunt dracones?
Piero. Alcune mappe antiche pare avessero questa scritta… un segno, un limite… qui termina ciò che conosciamo e là… un confine, un territorio… che nessuno attraversa.
Silvia. Tenete presente che ha parlato di piste, di una ricerca aperta… Dobbiamo essere noi a delimitare questo mondo oscuro, posto ai margini… e vuole un discorso sull’oggi… Lui poi conosce la società americana, le aree marginali e la polarizzazione in atto che ha portato Trump quattro anni fa alla vittoria e a tentare ora un’opposizione pericolosa. Sostenuto da coloro i quali hanno subito pesantemente i processi di globalizzazione e sono visceralmente contro tutto e tutti; lo sostengono, nonostante la pessima gestione del coronavirus.
Marta. Impotenti di fronte ai mutamenti, alle disuguaglianze… Chi ha perso tutto si vede spinto ai margini di una vita decorosa… e importa poco il virus, che prima o poi finirà, la perdita del lavoro e di tutto ciò che vi è collegato, invece, dura a lungo.
Piero. Un fenomeno planetario. Dovremo stare attenti a non cadere nell’elenco delle situazioni marginali. Dovremo cercare un filo conduttore. Utilizzando magari testimonianze di persone che si trovano sul posto. La situazione francese mi sembra interessante. Marisa insegna in una scuola di periferia a Parigi. Ci ha già raccontato di questi territori perduti dalla Repubblica. Spazi, aree dismesse, piccole enclave, quartieri, condomini nei quali vi è una diffusa percezione della perdita della sovranità delle regole civili e delle forme di convivenza. Chi vi entra, si trova spaesato, con gli occhi addosso, in un altro paese.
Silvia. Non in tutte le periferie vi sono fenomeni di criminalità organizzata, in tutte vi sono forme marcate di ghettizzazione, che riguardano in Francia le generazioni nate su suolo francese da genitori e nonni immigrati. Sono queste figure che comunicano ferite antiche e sostengono i giovani nel loro radicalismo. La rabbia odierna si somma a quella antica.
Marta. “Soffitte di cristallo”, bella questa immagine usata da Marisa. La mobilità sociale è bloccata ma è visibile, illusoria e teoricamente possibile, e questo non fa altro che soffiare sul risentimento delle banlieue. E’ una situazione diversa dai campi Rom. Dove il problema non è di piccole comunità chiuse, poche centinaia, nelle quali ci si può andare, e ci vanno assistenti sociali e pure parlamentari. Non sono qui i dracones. O meglio non sono solo qui. Il problema è la rottura comunitaria intorno. La comunità o non c’è, non si manifesta, o esplode in forme di rabbia e di comunicazione aggressiva contro le istituzioni… Voglia di comunità? Sì. Ma quale? Una comunità chiusa, che esclude il diverso, è carica di risentimento e si organizza di fronte al silenzio delle istituzioni e della politica. Vuole risposte immediate. Qui ci sono i dracones! Una voglia di comunità figlia della rottura di un patto sociale.
Silvia. Di fronte all’immigrazione, ai grandi flussi, vi è una linea di confine che attraversa le nostre città, i quartieri, le comunità locali… Due mondi separati e conflittuali: da un lato sradicamento e deterritorializzazione di persone e gruppi, e dall’altro riterritorializzazione delle identità. Amici e nemici.
Marta. Non usiamo queste parole che al professore non piacciono. E’ per la sociologia narrativa! In queste situazioni i dracones sono di due tipi: immigrati irregolari, gruppi etnici distinti e spesso contrapposti e comunità impaurite che fanno quadrato, si recintano… chiamiamola voglia di comunità. E’ l’arrivo del mondo in casa nostra, con flussi di immigrazione e barconi da un lato e dall’altro immagini di violenza e ostilità nei nostri confronti, due elementi di una comunicazione ambigua che crea insicurezza e ansia.
Silvia. Tutto acuito dalla crisi di organizzazioni sociali e comunitarie. La discussione pubblica è spenta. Mancano forme di mediazione in un mondo dove svaniscono i pilastri su cui poggia il patto di cittadinanza tra individuo e Stato: residenza, formazione, lavoro, sicurezza… Una frantumazione che produce solitudini e vite marginali, e che fa perdere la capacità di stabilire relazioni significative. Se a questo si unisce l’insicurezza quotidiana, la sensazione di essere esposti alla violenza, al danneggiamento, al furto senza qualsivoglia logica, per caso o per sfortuna… Allora dentro la comunità il linguaggio e la comunicazione basata sulla paura e il sospetto sembra essere l’unico collante. E dobbiamo ancora verificare gli effetti del lockdwon.
Piero. I giovani occupano un posto centrale… Parliamo dei Neet, quelli senza lavoro e percorsi formativi. Sono i più ostili o indifferenti a ipotesi di coinvolgimento, disprezzano tutti, infastiditi dai discorsi di politici e operatori sociali che non sanno come tirarli fuori dall’inferno. Giovani refrattari perché si sentono esclusi da tutto e da tutti. E nelle periferie ci sono due modi per resistere: sfoggiando i muscoli e aggregandosi al gruppo. La stessa parola integrazione è usata con fastidio. Fa sentire stranieri nel proprio paese di appartenenza.
Marta. A Borgo Mezzanone i neofascisti di Forza nuova hanno tentato di organizzare gli abitanti della borgata. Con scarsi risultati. Borgo Mezzanone è a pochi chilometri da Foggia. Fin dalla fine degli anni Ottanta era il terminale per coloro che venivano da fuori. Addirittura, dai paesi del Nord Africa, c’erano giovani che arrivavano con l’indicazione precisa di treni e autobus per giungere a Foggia e poi nella borgata. Sulla pista di un vecchio aeroporto vi è da anni il Centro di accoglienza per richiedenti asilo, a fianco un insediamento di irregolari, altri ghetti piccoli e grandi sono sparsi nel Tavoliere.
Piero. Borgo Mezzanone è nato durante il fascismo, nel tentativo di colonizzare il “deserto” Tavoliere, che con la dogana delle pecore aveva privilegiato dal ‘400 la pastorizia transumante e aveva visto scomparire forme residenziali antiche. Insediamenti provvisori o ghetti sono nati per la raccolta del pomodoro. Sotto i ponti, in casolari abbandonati nascono ricoveri improvvisati, molti di essi scompaiono alla fine della raccolta.
Marta. Sì. I ghetti sono nati per la raccolta del pomodoro. Il Tavoliere è un territorio vasto e spopolato, strade non transitabili, estese aree basse che attirano l’attenzione della criminalità per la dispersione dei rifiuti pericolosi. Io l’ho percorso durante l’estate scorsa… Poderi, masserie abbandonate, i villaggi dell’Ente Riforma, in estate, quando tira il favonio, somigliano a quegli agglomerati fantasmi del cinema western italiano… In questi luoghi spesso diroccati… si insediano famiglie singole e gruppi di immigrati.
Silvia. Dovremo analizzare perché in tanti anni non si è intervenuto. Tu mi dicevi anche di un film, “Le vite accanto”, di Luciano Toriello.
Marta. Si. Un documentario interessante, racconta quattro storie di immigrati ed è girato proprio a Borgo Mezzanone. I campi di pomodori sono sparsi in una piana sconfinata. I coltivatori sono stati sollecitati a dare ospitalità alla manodopera che impegnavano nella raccolta. Alcuni hanno provveduto con roulotte… Un progetto regionale, albergo diffuso, non ha funzionato. I braccianti stagionali preferiscono una sistemazione provvisoria vicina al luogo di raccolta o affidarsi al caporale. La nuova legge sul caporalato ha affrontato il problema, ma non è risolutiva. Ci sono luoghi di accoglienza in alcuni paesi limitrofi, tentativi di tendopoli per assicurare subito sufficienti condizioni igieniche e permettere ai minori di andare a scuola… Si è compreso che occorre procedere per gradi, ma in una visione di insieme, nella consapevolezza che tutto il Tavoliere presenta aspetti critici. La provincia possiede 14 case cantoniere abbandonate e utilizzabili, in alcuni ghetti sono presenti volontari, un camper ha provato a censire la situazione dei minori, un servizio scuolabus porta i bambini nelle scuole di Borgo Mezzanone, Tressanti…
Silvia. Hackney a Londra. Fino a una decina di anni fa era una delle aree più a rischio. Polizia ogni sera. Risse e accoltellamenti. Scontri etnici e intolleranza. Era chiamato: Murder mile, un omicidio ogni miglio. Oggi Hackney è il primo quartiere di Londra per diversità, creatività, tolleranza. Come è avvenuto il cambiamento? Negli ultimi anni sono state create nuove scuole, centri per l’infanzia e la famiglia, nuove library, e poi concerti, murales, parchi, pub… Per rigenerare un quartiere così complesso (il 60% della popolazione è immigrata) vi è stata la partecipazione dell’intera popolazione. In particolare il contributo di giovani, imprenditori creativi, comunità di volontari (cartelli nei parchi ricordano i tanti che hanno piantato alberi o hanno composto mosaici e murales), e poi dipendenti pubblici (pubblic servants) molto motivati. L’amministrazione pubblica ha fatto molto nel sostenere l’accessibilità degli spazi pubblichi. Le library sono 8, tengono corsi di lingua per immigrati, incontri di lettura, decine e decine i computer a disposizione. I centri per l’infanzia e le famiglie sono una trentina, frequentate da donne (soprattutto immigrate) con bambini piccoli. Lì incontrano altre mamme, possono lasciare i figli per seguire corsi di inglese, essere informate di opportunità di lavoro. Ci sono effetti collaterali nel quartiere: la rigenerazione fa aumentare il prezzo delle case e degli affitti.
Marta. Abbiamo pure l’esempio di Matera. Nel 1945 l’uscita del libro “Cristo si è fermato a Eboli”, con le descrizioni delle grotte, la promiscuità tra persone e animali, la mortalità infantile…, provoca una vasta eco. Olivetti si interessa alla città lucana dopo la lettura del libro. Per Matera, città “simbolica” del mondo contadino, prefigura un intervento sociale, culturale e di risanamento urbanistico. In Basilicata trasferisce competenze e crea, con un fertile confronto tra progettisti, assistenti sociali, ingegneri… un laboratorio a cielo aperto, in cui lavorano giovani del luogo e professionisti esterni. La comunità è sollecitata ed educata a pensare attraverso la diffusione di riviste, l’istituzione di biblioteche, corsi di cultura popolare, attività sportive e ricreative.
Piero. Il prof. ha sollecitato una riflessione sulle politiche pubbliche e quelle assistenziali… Esaminare il loro contributo nella formazione delle identità individuali e collettive. Centrale è il nodo delle relazioni, il rapporto tra chi porta aiuta e chi lo riceve, insomma la questione del rispetto nelle nostre società diseguali. Attraverso quali esperienze, comportamenti, parole, strutture si costruiscono forme di reciproco riconoscimento. Il rispetto è qualcosa che si vive giorno per giorno. E il welfare deve abbandonare forme assistenziali e modalità rigide di controllo burocratico. La dipendenza non deve avere uno stigma negativo, ma deve mantenere le giuste aperture perché chi riceve sostegno si percepisca come soggetto autonomo e capace di partecipare alla relazione in modo consapevole.
Immagine: “{Storie di ordinaria periferia}” by Cristian Roberti is licensed with CC BY-ND 2.0. To view a copy of this license, visit https://creativecommons.org/licenses/by-nd/2.0/
Endoxa ENDOXA - BIMESTRALE LETTERATURA Senza categoria Endoxa gennaio 2021 Hic sunt dracones Periferie