LA LUSSURIA COME ESEMPIO DEL RAPPORTO IO-ESSO NELLA RELAZIONE DIALOGICA DI MARTIN BUBER
LUCREZIA ROMUSSI
La lussuria, è uno dei 7 vizi capitali che provengono dalla Sacra Scrittura, ma non è la semplice dedizione ai piaceri sensuali. Gli approcci amorosi sono un mirabile gioco di seduzione che genera felicità e attesa. Tutto può apparire come un sogno dorato e un dolce vagheggiamento. Tuttavia, è significativo che spesso si usi un verbo brutale come “consumare” per indicare l’atto sessuale. Anche la comune locuzione “fare l’amore” riduce una realtà così complessa e simbolica a un oggetto da manipolare e da modellare o a un atto da eseguire. È possibile suddividere l’affetto amoroso, in tre differenti gradi ascendenti, sesso, eros, amore.
Il paradigma strutturale della sessualità umana ha il suo asse portante nella sua “simbolicità”. L’uomo assegna alla relazione sessuale, a differenza dell’animale, una molteplicità di valori ulteriori che travalicano la mera copula, il puro e semplice congiungimento carnale, regolato dall’estro e dall’istintività. Questa eccedenza è, quindi, di indole non fisica ma ideale e spirituale. Potremmo, perciò, ricomporre questa esperienza umana secondo tre livelli coordinati, che la lussuria invece scardina e deforma.
quello del sesso nella sua fisicità e biologicità: appetitus ad mulierem est bonum donum Dei, recitava un adagio medievale, che pur nella forma maschilista del tempo, ben illustrava la legittimità della pulsione sessuale, definita un “buon dono divino”.
L’uomo e la donna, però, non si fermano a questo livello dinamico-istintuale, iscritto nella loro stessa organicità fisiologica. Ascendono, invece, a un piano superiore di natura squisitamente simbolica: l’eros, che è desiderio allusivo, passione, tenerezza, intuizione della bellezza, fascino, attrazione, fantasia, gioco dell’apparire e dello sparire, del velarsi e dello svelarsi. L’eros lascia, come nei testi poetici, ampi spazi bianchi che ciascuno colma con la sua creatività, con l’invenzione, l’intuizione, la proiezione verso significati ulteriori. Si ha, dunque, con l’eros un trascendimento della mera corporeità e carnalità.
È, però, aperta una terza strada che porta a pienezza la parabola della sessualità umana. Si tratta del livello dell’amore che ingloba in sé e trasfigura le tappe precedenti, conducendo alla comunione e alla donazione reciproca. Illuminante è lo straordinario poemetto biblico del Cantico dei cantici che, senza falsi pudori, esalta il rilievo della fisicità nella reiterata descrizione dei corpi dei due innamorati, ma che conduce all’ebbrezza di un eros fatto di passione e di fascino per approdare all’apice della mutua appartenenza dei due protagonisti, all’amore appunto. Due professioni di amore della donna del Cantico sono fondamentali per illustrare il vertice e la meta del paradigma descritto: “Il mio amato è mio e io sono sua… Io sono del mio amato e il mio amato è mio”. Alla meccanica del sesso si associa lo sfarfallio creativo dell’eros che sboccia nella donazione d’amore.
Questo trittico compone la completa e autentica sessualità umana. Scindere questa trama ideale e accontentarsi solo del primo livello, è quello che io denomino come “lussuria”. Anche un eros del tutto sganciato da un’intimità d’amore – intimità che rende i due veramente “una carne sola”, ossia un’unica esistenza e corporeità (secondo il celebre asserto di Genesi 2, 24) – è ancora un’incompiutezza, una pienezza non raggiunta, una perfezione che aspira ad attuarsi. Infatti, come suggeriva il teologo svedese Anders Nygren in un studio dal titolo Eros e agape (1930), a differenza dell’agápe che designa l’amore cristiano, l’eros è ancora possesso, è tensione verso la bellezza o il valore dell’altro per conquistarli; il partner rimane ancora per certi versi un oggetto, anche se trasfigurato. L’amore è, invece, donazione reciproca libera e gioiosa, che riconosce e crea il valore dell’altro in un’operazione al tempo stesso epifanica e creativa. La logica è quella della liberazione.
Ebbene, la lussuria rispetto alla tripartizione appena illustrata segue un sistema alternativo che risponde a un’altra concezione. Si cancella la simbolicità radicale dell’umanità e ci si avvia verso una frammentazione e materializzazione della creatura umana. La lussuria, rappresenta in maniera particolare nel rapporto amoroso, quello che il nostro tempo esprime riguardo le relazioni umane, in generale. ‘’Il mondo ha per l’uomo due volti, secondo il suo duplice atteggiamento. L’atteggiamento dell’uomo è duplice per la duplicità delle parole fondamentali che egli dice. Le parole fondamentali non sono singole, ma coppie di parole. Una di queste parole fondamentali è la coppia io-tu. L’altra parola fondamentale è la coppia io-esso; dove al posto dell’esso, si possono sostituire le parole lui o lei, senza che la parola fondamentali cambi. E così anche l’uomo è duplice. Perché l’io della parola fondamentale io-tu è diverso da quello della parola fondamentale io-esso.’’ Così scriveva Martin Buber all’inizio del primo capitolo di Io e Tu, l’opera fondamentale che celebra l’inizio della sua filosofia dialogica.
Buber concepisce la realtà come scissa in due differenti forme, la prima data dalla relazione io-tu e la seconda palesata grazie al rapporto io-esso. Attraverso questi gruppi di parole fondamentali l’io diventa, a propria, volta duplice, diverso se declinato con l’io-tu o con l’io-esso. La relazione io-tu avviene nel momento in cui un ente riconosce nell’alterità di chi li sta di fronte un essere che lo interpella. Il collegamento esprime, dunque, la responsabilità nei confronti del tu e non ne implica il possesso. L’io si forma solo se entra in contatto con il tu. Ad esempio nel rapporto madre e bambino, il fanciullo acquisisce una propria identità, poiché prima ha avuto una relazione con il tu, cioè con il genitore. Inizialmente, l’io pare non avere consapevolezza di sé, poiché dapprima si forma la relazione e solo successivamente l’io si costruisce individualmente: ‘’l’io è la crisalide, il tu la farfalla’’. Nell’io-tu, l’io si forma gradatamente, abbandona la consapevolezza di sé per assumere un atteggiamento di apertura nei confronti del nuovo, capta ciò che è esterno. Consapevole di non potersene appropriare, l’io innanzitutto accoglie e ascolta senza particolari bisogni individuali. L’io-tu è un momento ambiguo perché in alcuni casi accade gratuitamente, quindi, non per una propria volontà e, in altri si palesa, invece, come qualità di determinata dell’io stesso.
La relazione io-tu è data da attimi istantanei, nei quali la dimensione del tempo è trascesa. L’identificazione del tu non implica necessariamente una relazione tra umani, ma anche tra creazioni artistiche o esseri viventi. Secondo Buber il linguaggio esprime la forma più profonda di comunicazione, poiché è in grado di perdurare nel tempo, rispetto alla comunicazione gestuale che riesce a esprimere soltanto qualcosa di puntuale. Tuttavia, in ogni relazione, sia parlata o solamente espressiva, permane una dimensione che anticipa l’eterno e sfugge al finito. La relazione io-tu non realizza il particolare, ma si rivolge all’universale. Quando il soggetto approssima “l’essere intorno a sé” nei modi dell’esperienza oggettivante, il mondo si riduce ad un oggetto del tutto coincidente con la sua rappresentazione, ossia a “una somma di qualità percepibili a piacere”. La persona nella quale prevale l’elemento dell’io-esso, si pone davanti gli oggetti, ma non sta loro innanzi nel flusso della reciprocità, “e le ‘unisce senza sentimento cosmico”. “Le cose diventano coordinabili solo diventando da nostro tu, nostro esso’’, tuttavia, il mondo ordinato non è l’ordine del mondo. L’io-esso è solamente percepibile attraverso la relazione io-tu così come, inversamente, l’eternità si rende percepibile attraverso il mondo. Fare esperienza esclusivamente nel senso di ridurre l’altro a oggetto da comprendere e possedere, porta all’individuo ‘’soltanto un mondo che consiste di esso e sempre ancora di esso, di lui e di lui e di lei e di lei e ancora di esso’’.
Oggi, le relazioni stanno assumendo un’accentuazione impersonale e neutra e sempre più sembra affievolirsi il desiderio di reciprocità. Buber stesso lo aveva prefigurato, esprimendo il desiderio che la vita associata fosse animata da nuova esistenza proprio attraverso il risorgere della relazione io-tu. L’amore, secondo il filosofo, esiste per sé stesso, infatti, “i sentimenti dimorano nell’uomo; ma l’uomo dimora nel suo amore; Questa è la realtà: non è una metafora”. L’amore è la responsabilità dell’io nei confronti del tu. Nel rapporto inter-relazionale l’amore indica uguaglianza e reciprocità, poiché sia io che tu sono equiparati in un rapporto bilaterale. “Per chi sta nell’amore e in esso guarda, gli uomini si liberano dal groviglio dell’ingranaggio; i buoni e i cattivi, i savi e i folli, i belli e i brutti, l’uno dopo l’altro diventano per lui reali, diventano un tu, cioè un essere liberato, fuori dal comune, unico ed esistente di fronte a lui. In modo meraviglioso sorge, di volta in volta, l’esclusività e così l’uomo può operare, aiutare, guarire, educare, sollevare, redimere.”
La lussuria rappresenta una manifestazione della relazione io-esso, poiché riduce il rapporto amoroso, triplicatamente composto, a mera unione corporale. Tale legame, esprime come l’io-esso l’oggettivazione dell’essere e la sua scomposizione in parti, analizzabili e ordinabili. La persona raggiunge il falso piacere di controllare e organizzare l’Amore, ma proprio per questo lo rinchiude a una definizione limitante e illusoria, come nella relazione io-esso in cui si riduce il legame con l’altro a fini utilitaristici. La lussuria sembra esplicitare al meglio il concetto di io-esso, in riferimento alla più amplia e sublime relazione dell’io-tu, intesa come Amore. La brama carnale è un esempio del più ampio concetto generale dell’approccio al mondo attraverso l’io-esso. Dunque, se nel rapporto amoroso si intende l’altra persona come mero oggetto sfruttabile e utilizzabile, è inevitabile che anche in relazione a qualsiasi tipo di rapporto, l’io diventi egotistico e, ponendo sé stesso al centro, assoggetti l’altro a strumento.
La lussuria rappresenta un pericolo incombente. Continuando a ridurre le relazioni amorose, e in generale umane, a surrogati di denaro e brama, considerando il particolare di ogni persona senza comprendere la sua identità totale, l’umano distruggerà sé stesso. Libertà, fiducia, rispetto, costituiscono le fondamenta per generare rapporti all’insegna dell’io-tu, che, tuttavia, sono annientate da un pensiero esageratamente umano che tende a ridurre l’Universale a una banale visione antropomorfica. Martin Buber profetizzando questa apocalisse ha anche offerto la soluzione possibile per sfuggire a un cataclisma relazionale così deleterio: riattualizzare costantemente la relazione io-tu, attuando così un percorso di riscoperta dell’agape inteso non solo come amore tra due persone, ma come vero approccio alla vita e all’universale. Solo considerando l’altro essere vivente, come entità indipendente, a noi non assoggettabile, il mondo potrà riscoprire il senso autentico dell’esistenza e unirsi al flusso universale, che vede nell’Amore, la più completa forma di comunicazione.
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