L’ATTENZIONE DI SIMONE WEIL: DISTACCO DA SÉ E SCOPERTA NELL’ALTRO

2485624011_c38e70d0b5_bLUCREZIA ROMUSSI

“Molto spesso l’attenzione viene confusa con una sorta di sforzo muscolare. Quando si dice agli allievi: ‘Ora state attenti’, li si vede corrugare le sopracciglia, trattenere il respiro, contrarre i muscoli. Se qualche istante dopo si domanda loro a che cosa siano stati attenti, non sono in grado di rispondere. Non hanno fatto attenzione ad alcunché. Non hanno fatto attenzione. Hanno solo contratto i muscoli.’’ Così Simone Weil in Attesa di Dio marca irreversibilmente il fenomeno dell’attenzione. L’attenzione è uno sforzo negativo, non comporta fatica, è un distaccarsi e un rientrare in sé, un sé nuovo, diverso, compiuto.  Nell’ anima è presente una rigida ripugnanza verso la vera attenzione, una vicinanza innaturale al male, una connotazione originaria adamitica, una propensione al furor che non permette di prestare attenzione. Quindi, per avvicinarsi alla parte meno concupiscibile di sé stessi, affinché il desiderio di perfettibilità venga minimante placato, è necessario rivolgersi alla vera attenzione che consiste nel sospendere il proprio pensiero, nel lasciarlo disponibile, vuoto e permeabile all’oggetto. Un pensiero in attesa che non è soggetto, ma oggetto di sé stesso, un pensiero carismatico e rivelativo che pone come base il reale e il vissuto e attraverso l’attenzione si genuflette al possibile.

Per Simone Weil l’attenzione rappresenta un’unione di corpo e spirito che permette al pensiero di circostanziarsi con il mondo e riconciliarsi con il sé, un’apertura binaria tra l’io e il tu, una rivendicazione del bene e una sospensione del male; l’attenzione è il presente che diventa istante eterno, una crisalide compiuta poiché in continua trasformazione. Il tema dell’attenzione è il punto di unione collettiva nella complessità dell’intera riflessione weliana. Per comprendere, non è sufficiente rinchiudersi nell’interiorità, che pur bisogna sempre salvaguardare, ma è altrettanto importante, in coerenza con l’esistenza della relazionalità, anch’essa costitutiva dell’essere persona, andare alla scuola del presente, mettersi in ascolto dei bisogni di tutti e in particolare dei più deboli, promuovendo l’incontro fecondo del metafisico con tutti quegli operatori che, pur all’interno delle diverse opzioni compatibili con le loro prassi, non dimenticano l’individuo e le sue relazioni.

Le esperienze maturate durante l’insegnamento rivelano un pensiero fecondo in cui l’attenzione si manifesta come argomento di precisa importanza, latore di prolettiche riflessioni etico-pedagogiche. Durante le lezioni della Weil si percepisce nitidamente un metodo didattico rivolto all’attenzione del sè quale osservatore e creatore del mondo, un sé interiore attento all’esteriore. La stessa pensatrice testimonia, direttamente, il valore del proprio pensiero, non badando alla cura personale dell’apparenza per preferire la circostanza dell’essere autentico, celato e rivelativo nella sua essenza più prossima. La Weil nel rapporto con le allieve ha atteggiamenti anticonformisti, lo stesso abbigliamento è ostentatamente maschile e trasandato.  L’attenzione al dettaglio interiore, alla ricercatezza d’animo, al culmine rivelativo circostanziale e, la conseguente disattenzione verso il bello estetico la trascinano al bello estatico, un bello ricercato, amato, ostinatamente desiderato e condiviso attraverso l’attenzione per l’altro. Ecco il più grande insegnamento che ha rivelato alle studentesse di Roanne e non solo. Weil è attenta alle sue ragazze, ascolta per comprendere, discute per imparare, parla per capire, scopre per confermare. Il numero delle iscritte, durante il suo insegnamento, raddoppia: tutti sono stupidi dalla magnanimità religiosamente eretica che Simone in ogni gesto dona.  Le studentesse seguono con peculiare interesse le lezioni, tanto che dagli appunti di un’allieva Anne Reynaud Guérithault, si sono potute ricostruire le lezioni di Simone Weil, sia nell’insegnamento a Bourges che a Saint- Quentin la Weil riconferma il proprio metodo non-metodo, un modo morale e cognitivo che pone nell’attenzione il suo centro, un’attenzione all’interiore che si riflette irreversibilmente in sé stessi e negli altri. Weil conserva il principio essenziale dell’insegnamento del maestro Alain, ciò che viene esperito personalmente costituisce vera conoscenza.

L’attenzione al reale, diventa, quindi, principio primo per affrontare concretamente una riflessione sulla vita personale e collettiva, come dimostra nell’esperienza di fabbrica in cui ha voluto porre un interesse empirico verso i discorsi economico-filosofici dell’alienazione, del lavoro a catena, dello sfruttamento, dell’emarginazione attraverso l’immolazione della sua stessa persona. Insomma, Weil, in ogni circostanza, attua una filosofia “esclusivamente in atto e pratica” che ha come fondamento l’attenzione. Per la filosofa francese l’attenzione è un processo di verità, che conduce alla condizione di saggezza, una saggezza rivelativa ed estatica, garante e custode della bellezza, attraverso cui, Dio ha ordinato il mondo, l’attenzione è una dedizione all’armonia cosmologica, un principio equilibrante che ordina il complesso sistema del reale, un ente esterno e interno al soggetto, un fine ultimo a cui protendere.  La cultura autentica è per Weil quella che contribuisce a costruire la civiltà dell’amore attraverso l’educazione a importanti valori quale la verità, il bene, la libertà, la giustizia e la solidarietà, la civiltà dell’amore è raggiungibile solo attraverso l’attenzione per l’altro, una considerazione carismatica che ricerca lo sguardo altrui, al fine di comprendere sé e l’altro contemporaneamente, con un rapporto di fiducia dialogica e fortificatoria, l’attenzione per l’altro serve al bene, al vero e dare così senso e valore all’esperienza esistenziale della vita.

L’attenzione è la sublime forma di generosità, è il modo attraverso il quale si manifesta l’ amore per l’altro, è una forma di cura, comprende il bisogno di protezione e di ascolto, la necessità di aiuto, di fratellanza, è l’incontro tra amore e rispetto, la fusione tra dedizione e libertà, proprio per questo Weil diventa paladina dell’attenzione, amazzone del bene, gabbiano Jonathan Livingston del reale, motivo per il quale la finalità principale dell’educazione secondo Simone deve essere sviluppare l’attenzione.  Essa rappresenta il cambiamento, “fare spazio alla voce dell’altro”, non solo comprendere la sua realtà esistenziale, ma agire affinché una società giusta non sia quella dei sognatori.  Formare la facoltà dell’attenzione consiste nel sospendere il proprio pensiero, nel lasciarlo libero, vuoto e permeabile al soggetto, nel mantenere ai margini del proprio riflettere, a un livello inferiore e senza contatto con esso, le diverse conoscenze acquisite che si è costretti ad usare. Le raccomandazioni date alle sue allieve per una buona riuscita dell’attenzione sono due: la prima riguarda lo studio, studiare senza badare ai voti e senza seguire gusti personali, ma  apprendendo allo stesso modo le diverse discipline in quanto tutte fondamentali per la conoscenza e per la formazione dell’attenzione; la seconda  contempla la possibilità di fallimento in una particolare materia senza necessariamente ricercare giustificazioni anche perché l’errore, come sostiene Popper, è educativo e formativo.

Sospendere il proprio pensiero ha come obbiettivo ultimo, l’incontro con il pensiero altrui, dunque, l’amore verso il prossimo trova nell’attenzione la sua essenza.  È qualcosa di più e diverso dal calore umano, dall’impulso del cuore, dalla pietà: “La capacità di dare attenzione a un infelice[…]; è quasi un miracolo; è un miracolo”. L’attenzione all’altro richiede a chi la esercita la capacità di ritrarsi, di diminuire lo spazio accordato al proprio io a favore dell’altro. Il vuoto è rappresentato qui dalla diminuzione dell’io, dal limite posto alla pleonexìa, alla volontà di ingrandirsi illimitatamente, a un naturale egotismo, alla propensione originaria della sopravvivenza. Ritrarsi, diminuire lo spazio accordato all’io è, da parte dell’individuo, un gesto risarcitivo rispetto all’originario ritrarsi divino: Dio, nel creare il mondo, si è ritirato in sé per lasciare spazio alla necessità delle leggi naturali e alla libertà individuale, così la persona, da parte sua, deve rispondere a questo gesto divino di autolimitazione amorosa con un analogo gesto di diminuzione di sé.

Simone Weil ha definito il gesto di diminuzione di sé a favore dell’altro con il concetto paradossale di decreazione: una creazione auto annientante, che pone al centro l’annullamento dell’essere, ciò che occorre distruggere non è la totalità del soggetto, ma solo la sua tendenza all’autoaffermazione, all’egoismo; va distrutto l’io degli attaccamenti, della volontà di potenza, della pleonexìa, per mettere a nudo quella parte infinitamente piccola che, in noi, acconsente al bene e alla giustizia. Se la decreazione è il punto più alto di un itinerario di spoliazione di sé e, se dunque, tale traguardo rimane inarrivabile per molti, tuttavia a tutti è richiesto di fare un passo indietro, di decrearsi, in una certa misura, sia pure minore, per essere veramente capaci di attenzione verso gli altri. Infatti, il risvolto positivo del concetto paradossale di decreazione, ciò per cui esso indica un’effettiva creazione e non solo un movimento di annientamento, è il fatto che il decrearsi è un atto d’amore: diminuire sé stessi per fare spazio all’altro, acconsentendo amorosamente alla sua esistenza come altra da sé, separata, sorprendente, non costruita a misura dei propri desideri né bisogni. Se la decreazione, la diminuzione di sé è il grado più alto di attenzione all’altro, un’analoga autolimitazione è necessaria anche per essere veramente capaci di prestare attenzione alla realtà.  Attraverso il processo di decreazione il soggetto subisce un’estraniazione di sé, si sente estraneo a sé stesso e, a seguito, di ciò riesce a recuperare la propria parte personale che proclama il giusto in ogni sua forma e manifestazione. Attraverso il meccanismo intellettivo indicato da Simone Weil l’essere umano per mezzo dell’attenzione si estranea da sé e si ritrova in una nuova forma, riconoscendosi dell’altro.

ENDOXA - BIMESTRALE FILOSOFIA

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