AMARITUDO

PERSFERRAZZAPAPAERNESTO C. SFERRAZZA PAPA

1. Estensione del dominio della lotta, pubblicato nel 1994 dopo una lunga serie di rifiuti editoriali, non è solo il folgorante romanzo d’esordio di Houellebecq, ma anche un compendio filosofico dei temi che caratterizzano la sua opera. L’opera letteraria di Houellebecq è notoriamente incentrata sulle lunghe speculazioni e riflessioni dei personaggi, senza che trame più o meno complesse giungano a disturbare i flussi di ragionamento. Spesso, non accade pressoché nulla. Ma questa cifra stilistica ci dice già molto della scrittura di Houellebecq e dei suoi scopi: mostrare il nulla nel quale girovagano le nostre esistenze. Se non accade nulla è perché non c’è nulla di sensato che valga la pena far accadere.

Se volessimo assegnare etichette da manuale di liceo, dovremmo dire che è sulla scia del grande esistenzialismo letterario e filosofico francese che si snoda l’opera di Houellebecq, per intero attraversata da un radicale pessimismo nichilista. L’interdizione al senso è in lui da sempre sbarrata, la trascendenza si mostra come il rifugio dei cretini: “su un muro della stazione Sèvres-Babylone ho visto uno strano graffito: ‘Dio ha voluto ineguaglianze, non ingiustizie’ c’era scritto. Mi sono chiesto chi fosse quella persona così bene informata sui propositi di Dio”. Ma questo nichilismo, nondimeno, viene da lui incrociato con una critica spietata delle strutture economico-ideologiche del nostro tempo. Anzi, si potrebbe dire che il nichilismo nel quale precipitano gli anonimi e svergognati protagonisti di Houellebecq sia possibile solo all’interno delle strutture logiche ed economiche del capitalismo avanzato. È solo in questo ordinamento, infatti, che ai soggetti viene meno qualsiasi protezione, i rapporti umani diventano brutali e ferini, e la convivenza è ormai impossibile.

2. Il tema che domina Estensione del dominio della lotta è l’impossibilita della vita a posarsi nell’epoca del capitalismo avanzato. Il protagonista, un trentenne medio-borghese impiegato come programmatore informatico, è travolto, fino a precipitare nella follia, da una vita che lascia traccia senza donare senso. Costantemente insoddisfatto, è ingoiato come individuo da una collettività instupidita devota al nulla, alla futile e puerile mondanità. L’unica via di fuga potrebbe essere la complicità di un altro personaggio, tragico ed emblematico, il suo collega Tisserand, un venticinquenne lavorativamente soddisfatto, economicamente vincente, ma ancora vergine data la sua bruttezza, sessualmente perdente. Anche la borghesia può essere vittima del rifiuto e subire costantemente l’umiliazione di chi è indesiderabile. Solo comprendendo questo sdoppiamento della vita in economica e sessuale, senza che il credito dell’una possa salda il debito dell’altra, la fine di Tisserand, suicida dopo aver desistito dall’uccidere una coppia intenta in una fellatio sulla spiaggia, si dimostra per quello che è, ossia il compimento logico della struttura brutale del mondo di Estensione.

La logica dominante della società descritta da Houellebecq è infatti la concorrenza, la volontà di incessante accaparramento: si lotta per i beni così come si lotta per le donne, e le critiche alla misoginia di Houellebecq almeno su questo aspetto vanno a segno. Gli esseri umani sono per lui cose dotate di valore d’uso e valore simbolico. Ma l’unico valore di un mondo senza valori trascendenti è la competizione sfrenata in tutti gli ambiti ai quali il regime della lotta può essere applicato, ossia: esteso. Questa concorrenza spietata si manifesta su ogni fronte, ma, come si è accennato, si rende intellegibile anzitutto nella sfera economica e in quella sessuale. È questa l’intuizione fondamentale di Estensione: economia e sessualità sono entrambe sfere di messa a profitto del capitale umano. Si può comprare una macchina così come si può accedere a un corpo, il vocabolario mercantile domina incontrastato su tutti gli aspetti dell’esistenza umana. L’individuo finisce così per l’essere travolto in entrambe le sfere da meccanismi che può forse assecondare e sfruttare, ma che al contempo lo dilaniano e lo soffocano. L’immediatezza dell’attrazione, che inchioda la sessualità a un universo romantico, è sfatata dalla constatazione per cui il sex appeal è già da sempre mediato in sé. Non si esce mai indenni dalla lotta, sia essa economica e sessuale, competizione etologica che soffoca qualsiasi rapporto umano e rende la vita in comune semplicemente impossibile. Il suicidio di Tisserand è allora l’analogo sessuale del licenziamento per giusta causa del protagonista. In entrambi i casi la lotta è persa: “nel sistema sessuale perfettamente liberale, c’è chi ha una vita erotica varia ed eccitante; altri sono ridotti alla masturbazione e alla solitudine. Il liberalismo economico è l’estensione dell’ambito della lotta, la sua estensione a tutte le età della vita e a tutte le classi della società. Allo stesso modo, il liberalismo sessuale è l’estensione dell’ambito della lotta, la sua estensione a tutte le età della vita e a tutte le classi della società”.

3. Poiché nel mondo di Houellebecq – esagerato come una caricatura e al tempo stesso preciso come una scatola nera – tutto è corrotto, anche la libertà si accascia in questo destino. Ogni sua forma è condannata in partenza al fallimento. Si danno tre modi della libertà in Houellebecq.

Il primo consiste nella piena conciliazione con lo stato di cose, un acquietarsi in un mondo ruvido e ispido – siamo persino lontani dalla “levigata non libertà” di cui parlava Marcuse in L’uomo a una dimensione – che non lascia scampoli di emancipazione. È il grande tema che domina Sottomissione. Qui la libertà equivale a essere un tutt’uno con il mondo, assecondarne le logiche e le sentenze, dismettere qualsiasi velleità di emancipazione, men che meno collettiva, perché il collettivo è già da sempre la tomba dell’individuo. Non c’è collettivo che non sia intrinsecamente fascista, sembra voler dire Houellebecq, così come non c’è un individuo che possa opporre resistenza.

La seconda forma di libertà è il suicidio, la restituzione del biglietto della vita. Opzione sempre possibile e ampiamente scelta dai personaggi houellebecquiani. Ma se il suicidio ha spesso nella tradizione nichilista i tratti del coraggio e della consapevolezza, in Houellebecq esso è perseguito il più delle volte da individui sudici e raccapriccianti, con i quali non è possibile alcuna forma di empatia. Il suicidio è il timbro finale sul certificato della sconfitta.

Il terzo modo della libertà, apparentemente autentico, è la diserzione dai domini che garantiscono agibilità sociale. Quando dichiara la sua depressione a lavoro, consapevole che verrà per questo di lì a breve licenziato, il protagonista di Estensione si sente “un uomo libero”. Ma la libertà così intesa ricaccia comunque l’individuo ai gradini più bassi della scala sociale, non è mai innalzamento del soggetto. Fallire di proposito al gioco del capitale significa pur sempre assecondarne le regole, proprio il protagonista de La noia di Moravia può fingersi solo fintantoché rimane ricco. Solo una falsa coscienza potrebbe pensare che la diserzione coincida con l’ampliamento delle proprie libertà.

4. Se dovessimo a tutti i costi rintracciare un’esperienza di libertà nei testi di Houellebecq, la troveremmo nel fumo. Proprio come il loro autore, i personaggi di Houellebecq non smettono mai di fumare. In Estensione il protagonista lo dichiara apertamente: “mi rendo conto che fumo sempre di più; mi sa che sono intorno ai quattro pacchetti al giorno. Fumare sigarette è diventata l’unica manifestazione di vera libertà della mia esistenza. L’unico atto cui aderisca interamente, con tutto il mio essere. Il mio solo progetto”. Il tono pateticamente heideggeriano coglie pur sempre un aspetto rilevante: in questo universo, l’unica libertà possibile è votata alla morte, ne è un’accelerazione e un avvicinamento. Houellebecq sembra dirci: se bisogna essere-per-la-morte, tanto vale aumentare il passo.

In ogni caso, sarebbe vano cercare guizzi di speranza in Houellebecq. Il linguaggio della redenzione gli è estraneo così come quello del senso, che in Camus ancora sopravvive come sforzo infinito e per Sartre trapassa ideologia rivoluzionaria. Il nichilismo di Houellebecq è da laboratorio: egli sperimenta come sarebbe il mondo se non avesse senso, e finisce con lo scattare un’istantanea del mondo così com’è. Questo non significa però che la sfera più intima del soggetto non venga toccata dall’abisso. Non c’è gioia nel nichilismo houellebecquiano se l’unica attività possibile è farla finita con qualsiasi attività (ecco perché Tisserand è un eroe di coerenza), ma allo stesso tempo non c’è alcuna estetizzazione della bella morte (come potrebbe esserci in un Bataille). Le morti di Houellebecq non sono redentive, nelle sue pagine si muore sempre da ubriachi in pose oscene o ridicole. Ma la sensibilità non viene meno. I personaggi houellebecquiani patiscono fino in fondo le coazioni del mondo alle quali non possono opporsi. Se c’è un residuo di autentica e commovente umanità in Houellebecq, è l’impossibilità a farsi scivolare semplicemente addosso il mondo. L’assenza di disincanto coincide con la presa di coscienza, ed è quindi un momento del vero.

Nondimeno, una vita invivibile e senza senso non può non lasciare l’amaro in bocca, proprio come accade quando si fuma. Nell’immensa solitudine in cui si vive, il sapore amaro di una salvezza impossibile è l’unica compagnia a disposizione. Non è molto, ma almeno non è falso: “a poco a poco, si instaura la certezza della limitazione del mondo. Scompare anche il desiderio; non restano che l’amarezza, la gelosia e la paura. Soprattutto, resta l’amarezza; un’immensa, un’inconcepibile amarezza. Nessun’altra civiltà, in nessun’altra epoca, è stata capace di sviluppare nell’individuo una simile mole di amarezza. Da questo punto di vista, viviamo momenti senza precedenti. Se si dovesse riassumere in una sola parola lo stato mentale contemporaneo, sceglierei senz’altro questa: amarezza”.

ENDOXA - BIMESTRALE FILOSOFIA LETTERATURA

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