LA RIPRODUZIONE MOSTRUOSA: CRIMINE, PATOLOGIA, PLUSVALORE E PROMESSE DI RIAPPROPRIAZIONE

1266929395_3e9d86bce9_bANGELA BALZANO

Le creature mostruose si muovono nei territori della sessualità e della riproduzione apportandovi spesso una buona dose di conflittualità. Le creature freak e queer, altre dall’umano o sub-umane, mostruose e anomale, vengono da sempre marginalizzate, ma è solo a partire dal XVIII sec. che i loro corpi diventano meeting-point di natura e cultura: luoghi in cui la biologia e il diritto prima, le scienze della vita e l’economia poi, si trovano a convergere. Vediamo come ciò sia potuto accadere e non dimentichiamo nel frattempo che le creature mostruose non hanno mai smesso di contestare questa convergenza, promettendo da sempre la riappropriazione della mostruosità.

 Dalla criminalizzazione alla medicalizzazione

La riflessione sul mostro ha una lunga storia, tracciabile almeno a partire da Democrito e Aristotele: la storia naturale si è occupata principalmente di mostruosità naturale. Questo interesse per l’anomalia in natura si evince anche in età medievale, come prova la posizione di Ruggero Bacone, che nei Communia naturalium considera le creature mostruose “errori di natura”. In età moderna la creatura mostruosa diventa già ibrida-cyborg, stando alla lettura del De sapientia veterum di Francesco Bacone, per il quale nel sapere tecnico si annidano innovazioni utili alla vita ma anche strumenti di morte: la tecnica permette accoppiamenti illeciti che generano creature più temibili del Minotauro. Nel XVIII sec. in Linneo la categoria di mostro serve a definire i confini dell’umano, è una conseguenza del tentativo di classificare le differenti razze, con l’obiettivo di valutare quali tra queste fossero adatte allo statuto di cittadini (guarda caso: l’uomo bianco occidentale).

Foucault ne Gli Anormali ci spiega come il campo dell’anomalia e della mostruosità si trovi attraversato dalle questioni relative a sessualità e riproduzione, come queste diventino principio eziologico di tutte le altre forme di anomalia. Si potrebbe dire che è a partire da ermafroditi, lesbiche, gay, travestit* che vengono delineati i tratti della creatura anomala e mostruosa in cui convergono biologia e diritto. Pensiamo al processo del 1601 contro l“ermafrodita di Rouen”, che oggi si definirebbe forse una lesbica butch, donna travestita da uomo e sposata con un’altra donna, impiccata e bruciata a causa del suo “crimine naturale”. Nel XVII sec. siamo nel pieno della criminalizzazione della “mostruosità naturale”, bisogna attendere il XVIII sec. perché si operi il passaggio alla patologizzazione prima e alla medicalizzazione poi della “mostruosità morale”. Il processo del 1765 contro Anne Grandjean illustra bene questo passaggio. Nel XVIII sec. Anne, colpevole come l“ermafrodita di Rouen” di aver sposato un’altra donna, non viene uccisa ma viene rilasciata con il divieto di indossare abiti maschili e di vivere con altre donne. I medici interpellati nel processo sostennero che il problema non era l’ermafroditismo, cui non riconoscevano più valenza scientifica. Non si trattava di un’anomalia naturale, ma di un’anomalia morale: non si può amare il proprio stesso sesso, non si può transitare da un genere all’altro e la ragione della sanzione non potrà perciò essere rinvenuta in alcuna “natura”, dal momento che la natura dal XVIII sec. in poi detta la norma dell’eterosessualità.

La devianza biologica non giustifica gli orientamenti diversi da quello eterosessuale, la mostruosità non è nell’ordine della natura, ma del comportamento. Il comportamento si può e si deve correggere, normalizzare: l’anomalia sessuale e riproduttiva può e deve essere ridotta a errore di natura se non si accompagna a pratiche relazionali contrarie all’eteronorma, ma quando diventa comportamento deve essere annichilita da psichiatria e istituti disciplinari. La normalizzazione del comportamento viene dunque affidata da corti e tribunali alla nascente scienza psichiatrica, mentre “l’errore di natura” non sfugge alla medicalizzazione, che ancora nel XXI assume i tratti di una vera e propria violenza medica quando si tratta di corpi intersex, come ci spiega Daniela Crocetti ne L’invisibile intersex. E ciò non deve stupire se si ricorda che nel XVIII, nel Systema Naturae di Linneo, la devianza biologica giustifica la valenza della categoria di Homo monstruosus in cui ritroviamo le popolazioni “poco fertili”, le “donne ninfe e con clitoride”. Che sia la chirurgia, la farmacologia o la psichiatria, una scienza a soccorrere il potere giudiziario nell’opera di contenimento dei corpi e dei desideri freak la si troverà sempre, perché in fondo dal XVIII sec. a oggi non è mutato un assunto di base: il corpo che diciamo “umano” è quello dello Homo sapiens, l’abile, normodotato e razionale maschio occidentale della specie. Pare fosse sufficiente avere una clitoride per essere sub-umane – dal momento che monstruosus per Linneo è una sub-specie della sapiens – figuriamoci avere genitali anomali.

La storia della schiava Saartjie Bartmaan è emblematica a riguardo: agli inizi dell’Ottocento è schiava-cameriera del medico Dunlop, poi finisce esposta allo sguardo degli scienziati del tempo, incuriositi dalle misure fuori norma del suo corpo. Costretta a vivere per lo più nuda, mostruosa cioè messa in mostra come alterità inappropriata, Baartman muore intorno ai venticinque anni, per una polmonite (una tra le malattie che la pecora clonata Dolly è stata obbligata a curare). Alla sua morte, lo scienziato/barone Cuvier ne ricalcò nel gesso il corpo e ne conservò sotto spirito vulva e cervello, esposti fino al 1985 al Musée de l’Homme di Parigi. Non pare un caso che il nome di questo museo sia Museo dell’Uomo, il genitivo rimanda al diritto di proprietà dell’Uomo sugli oggetti in mostra. Come ci ricorda Braidotti ne Il postumano, la pecora clonata Dolly non è poi andata incontro a un destino tanto diverso. Non-nata ma comunque venuta al mondo più di un secolo dopo Baartman, Dolly è morta di reumatismi ed è poi stata sottoposta a tassidermia, imbalsamata ed esibita come rarità̀ scientifica al Royal Museum di Edimburgo.

 

Dalla medicalizzazione all’estrazione di plusvalore (attraverso l’espropriazione)

I confini tra animale umano e non-umano si assottigliano fino a scomparire quando si attraversano i territori della mostruosità e i corpi che vi transitano sono spesso quelli delle femmine delle specie. Jude Ellison Doyle ne Il mostruoso femminile si sofferma proprio sul modo in cui attraverso i secoli la potenza generativa delle femmine della specie sapiens sia stata costruita come “mostruosa” e pericolosa per l’incolumità collettiva, per questo meritevole di essere estirpata o meglio sottratta al controllo delle donne stesse, riposta nelle mani di medici, preti, psichiatri, mariti, padri. Nel mio libro Per Farla finita con la famiglia, cerco di cogliere ed evidenziare i nessi esistenti tra l’eccedente potenza generativa delle mammifere sapiens e quella delle altre mammifere non-umane, alla luce del diffondersi delle nuove tecnologie riproduttive. Le scienze della vita sono fortemente attratte dalla mostruosità degli apparati riproduttivi di moltissime altre specie, non allo scopo di criminalizzarle o patologizzarle, bensì di valorizzarle, ovvero di metterle a valore nei mercati transnazionali della cura e della rigenerazione. Nel XXI sec. medicalizzazione della mostruosità riproduttiva vuol dire produzione di merci ed estrazione di plusvalore, si passa perciò dalla medicalizzazione della creatura mostruosa, finalizzata al suo contenimento, all’espropriazione della ricchezza da lei prodotta. Sarebbe riduttivo ritenere che la mostruosità riproduttiva sia oggi “repressa” come nel XVII sec., più corretto dire che essa viene inscritta nelle maglie del biocontrollo e messa a valore, espropriata nella cornice del biocapitale. Rosita è per me la figurazione che meglio incarna questo passaggio all’estrazione di plusvalore/espropriazione della cyborg-mostruosità.

Rosita è la mucca/balia clonata nel 2011 per produrre latte contente proteine umane destinato all’alimentazione di infanti sapiens all’Institute of Agrobusiness Technology. Gli scienziati hanno inserito nel DNA della mucca i geni che producono lattoferrina, proteina che rinforza il sistema immunitario, e lisozima, sostanza antibatterica. L’obiettivo è aumentare il valore nutrizionale del latte di mucca con l’aggiunta di due geni umani con protezioni antibatteriche e antivirali che lo rendano edibile per le/gli infanti. La “portatrice/gestante” di Rosita per partorirla ha subito un cesario, perché al momento del parto Rosita pesava 45 kg, un’anomala e gigante vitella se confrontata con le sue sorelle non clonate che alla nascita pesano la metà.

Rosita è una mammifera cyborg realizzata ad hoc in una fabbrica della natura deputata proprio alla capitalizzazione del potenziale mostruoso delle cellule uovo delle mammifere delle specie, ci ricorda l’intrinseco specismo che accompagna la tecno-creazione della mostruosità animale, le consolidate modalità̀ di espropriazione dell’alterità̀ non-umana, i nessi con le esigenze della lobby bio-farmaceutica e con l’imperativo alla salute umana perfetta. Al contempo, Rosita ci invita a intravedere le potenzialità̀ che la clonazione dischiude.

 

Dall’espropriazione alla riappropriazione

Non è affatto scontato che le future modalità̀ di riproduzione delle specie prevedano la tenuta della norma eterosessuale. La clonazione, come la replicazione virtuale, potrebbe prevedere “una grammatica di genere diversa”, come scriveva Haraway ne Le promesse dei mostri. Le creature mostruose sono da sempre cariche di promesse e ai tempi della tecnoscienza queste promesse paiono piuttosto cariche di potenziale eterosovversivo. Come con la/il bianconiglia/o della Logic General di Haraway, con Rosita ci troviamo al cospetto di un organismo mostruoso-mai-nato-ma-vivo, abitante di un sistema in cui l’organo urinario e copulativo maschile non è più “significante funzionale privilegiato”.

Non è di secondaria importanza il fatto che non sono stati necessari gameti maschili per produrre Dolly e Rosita, né gli altri animali clonati con la stessa tecnica: la clonazione è una tecnologia riproduttiva mostruosa che può evocare le stesse paure narrate nei miti sulla partenogenesi, oppure può aprire alle gioie promesse dalla fantascienza femminista?

Le creature mostruose oggi promettono futuri riproduttivi che eccedono la famiglia eterosessuale: molto era stato (pre)scritto e (pre)visto dalla fantascienza femminista.

Sul filo del tempo di Marge Piercy è il romanzo di fantascienza che ci catapulta in un mondo in cui le creature mostre non sono più espropriate, dove il lavoro riproduttivo viene redistribuito affinché non siano più sessi, razze e specie rese mostruose a compierlo gratuitamente. La comunità che ricorre all’ectogenesi per liberarsi dal giogo della differenza sessuale modifica ormonalmente i maschi per farli allattare e collettivizza cura e educazione dei bambin* prevedendo per ognuno tre madri (di qualsiasi genere) e lasciandoli liber* di transitare tra i generi.

Oggi non solo l’ectogenesi sarebbe possibile, ma molti altri mo(n)di riproduttivi e non-riproduttivi sono possibili. Pensiamo agli scenari che si aprono con la produzione di spermatozoi da corpi di donne. Sì, possiamo farlo, o meglio: lo abbiamo già fatto. È stato dimostrato che a partire dalla cellula somatica di una donna si possono ottenere spermatozoi. Tiriamo insieme la fascinosa conseguenza: possiamo autofecondarci, possiamo generare al contempo gameti maschili e femminili, certo dati i limiti etici non abbiamo ancora avviato la fase della fecondazione negli animali umani, ma la scienza specista negli animali non-umani ha portato con successo a termine molte sperimentazioni (come si evince dalla ricerca di Hendriks et al.).

La fantascienza che ci fa sognare è già realtà, ma la realtà non è ancora abbastanza transfemminista da permettere la diffusione delle terapie ormonali, basate sull’assunzione di domperidone, che rendono gli uomini in grado di allattare. Non credo sia un caso che alcune tecnologie risultino più popolari e impiegate di altre. Ormai la gestazione per altre/i è tecnica nota, ma pochi uomini sanno che possono allattare. E pensare che se gli uomini fossero pronti ad allattare non ci sarebbe bisogno di clonare Rosita, potrebbero contribuire loro alla nutrizione delle/gli infanti sapiens. Sarebbe troppo mostruoso, sconvolgerebbe troppo il sistema binario dei generi? Preferiamo immaginare allevamenti industriali di mucche clonate che producono latte neonato-compatibile? Gli uomini che allattano al seno sarebbero ritenuti freak, marginalizzati, esposti al duplice sguardo della curiosità pubblica e dell’oggettività scientifica? I pochi uomini che oggi allattano al seno finiranno imbalsamati o semplicemente ritratti nei musei del 2050, o diventeranno nel frattempo la norma?

In fondo non si tratta che di rispondere alla domanda: quale mostruosità preferiamo? Chissà se desideriamo di più la mostruosità prodotta e controllata dal sapiens, normalizzata e annichilita nel suo potenziale critico e metamorfico, o desideriamo di più riappropriarci della mostruosità, rivendicando la potenza affermativa e anti-sistemica dell’anomalia. Si tratta di operare l’ultimo e il più prezioso passaggio, quello dall’estrazione di plusvalore/espropriazione alla riappropriazione della mostruosità.

Mi ispirano qui tre libri su tutti: La mostruositrans di Filo Sottile, Madri Mostri Macchine di Rosi Braidotti; Primate Visions di Donna Haraway.

Ne La mostruositrans Filo Sottile rivendica la sovversione della natura, si dichiara cyborg, ma non in quanto prodotto della tecno-industria, piuttosto in quanto persona autodeterminata, che si serve delle nuove tecnologie per hackerare il sistema binario dei generi. In Madri Mostri Macchine Braidotti sostiene che le creature mostruose esprimono le soggettività marginalizzate che ora emergono come modelli di divenire. In Primate Visions Haraway condensa benissimo in una sola frase il potenziale sovversivo transpecie e perciò mostruoso della genitorialità postumana, affermando di preferire la gestazione di un embrione di una specie altra dalla sapiens. I territori della riproduzione e della sessualità pullulano di bizzarre combinazioni, mostruosi assemblaggi e organismi ibridi che terrorizzano solo il Medesimo: il sapiens che si specchia misurando la sua perfezione. Per coloro che sanno che il riflesso del medesimo ha mille specchi, ma che tutti sono destinati a rompersi, la proliferazione delle anomalie sarà sempre preferibile alla loro normalizzazione.

“Hardkore Bomber” by Dr Case is licensed under CC BY-NC 2.0

 

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