IL PURIFICATORE

TONY KARED

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Lava Bolton aspettava, distesa su un fianco, in attesa di ordini. Le carezzò i capelli, le diede un bacio delicato sulle labbra e sussurrò: «application quit». Lava si irrigidì, si mise seduta sul bordo del letto, poi si alzò e si avviò, con grazia meccanica, verso il cilindro di conservazione. Quando il portello scorrevole si chiuse, il vano in vetro titanio si riempì di soluzione Ocean Five. Provava una sensazione liquida, nel contemplarla spenta e fluttuante, che avvolgeva la sua forma con quella che aveva scelto quale perfezione riflessa del suo desiderio. Indossò una tuta nuova e si diresse in plancia.

Il computer di bordo era ancora in modalità notturna. Mancavano poco più di sette minuti allo switch; lo eseguì manualmente. Sulla lavagna olografica prese forma il volto emaciato del Cardenal Mendoza: «messaggio VII-346759T0C ad alta priorità, destinatario: BB512 de Dios». Doveva presentarsi davanti all’Organo Supremo di Vigilanza Angelica il più presto possibile. Roba grossa, pensò. Selezionò le coordinate sulla consolle e diede l’okay per la partenza. Il Pampero si staccò con un leggero rollio dalla banchina e in meno di un secondo la stazione era scomparsa dietro uno sbuffo di gas.
L’edificio dell’OSVA era un grattacielo che, cinquecento anni prima, era stato la sede delle Nazioni Unite, a New York; ogni volta che vi si recava sentiva il freddo di tutto quel vetro cristallizzarsi nelle ossa. Si fermò presso uno dei tanti dispenser di indulgenze posizionati lungo il viale di ingresso e avvicinò gli occhi allo scanner: «50 holycoins… transazione effettuata con successo… assoluzione in corso… ingresso consentito entro le prossime due ore…».
La croce argentata, sulla Grande Uniforme nera, conferiva un aspetto maestoso e marziale; e da questa proiezione percettiva salutò i membri della commissione: «sempre sia lodato». «Don Juan de Dios,» iniziò, quello che sembrava il più giovane, «dell’ordine del Braccio Benedetto, Purificatore dei peccati mortali 1127, 1190, 2376, 2594, 3703, 11247 e di altri 198 atti impuri minori. Equipaggiato con la nave di Nostro Signore modello Grey Dove serie VII, di androide dual purpose serie XII battezzato e di moderno assortimento di strumenti di fede». «Per servire il Signore», confermò Don Juan. Si trattava di una faccenda seria, cominciò a raccontare il Cardenal Mendoza, di uno dei casi più gravi degli ultimi vent’anni. Una ragazza ulana, identificata come Heidi Luther Queen, era riuscita a violare il Santo Server di Roma e si era impossessata di una copia in greco della Sacra Scrittura. Pare fosse riuscita a tradurla in ulano grazie all’aiuto di un cantante, Dark Jordan, scomunicato per via di certi testi che andavano ben oltre i limiti della blasfemia (si vociferava, in ambienti vicini al Samiszdat, che un suo brano, ascoltato al contrario, recitasse il testo dell’inno dimenticato della Ancient Astronaut Society); non erano sicuri, ma il rischio che su Ulan circolassero copie della Sacra Scrittura che chiunque avrebbe potuto leggere senza il filtro paterno del progetto God, era concreto e inammissibile. Purificare l’intero pianeta sarebbe stato molto sconveniente per la reputazione dell’OSVA, aveva aggiunto Mendoza con tono misericordioso, quindi era necessario individuare il nascondiglio della ragazza, scoprire quanti files aveva spedito e a chi, purificarla e consegnare la lista dei destinatari al Cardenal Mendoza in persona e a nessun altro; al resto avrebbe pensato l’Angelica. La ricompensa era fissata in 500.000 holycoins.
Due giorni dopo il Pampero stazionava nell’orbita di Ulan. Tre giorni dopo lo scanner aveva completato la scansione dei 12.407.832 ulani e il computer aveva individuato – il margine di errore per questa operazione era prossimo allo zero –  il rifugio della ragazza: un vecchio shelter interrato del periodo dell’ultima guerra santa. Don Juan prese dall’armeria lo strumento di fede Heavy Cross Mark IV special a proiettili elettrici, più due caricatori a stordimento e uno ad alta tensione. Prese anche due granate sonore, sistemò la dotazione nelle apposite tasche della tuta e si avviò verso il cilindro di conservazione. Premette il tasto verde, si udì uno scatto metallico e le pompe di aspirazione entrarono in funzione. Quando il portello si aprì, disse: «application start: combat mission». Lava Bolton, nuda, uscì dalla stanza e si presentò pochi minuti dopo, in pieno assetto di guerra, presso l’hangar di sbarco; e da qui presero posto sullo smartdrone.
La porta del rifugio era aperta. Don Juan impugnò la Heavy Cross e disse a Lava Bolton: «path finder». Attraversarono diversi locali, tutti illuminati da un riverbero blu che filtrava dal soffitto e arredati con materiali di fortuna. L’aria profumava di Hierbabuena. Arrivarono a una porta, socchiusa, dalla quale si irradiava una specie di musichetta, un genere che Don Juan non aveva mai sentito. Lava Bolton fece irruzione e, una volta dentro, gridò: «enemy sighted. Engage?». «No!», gli intimò Don Juan. Heidi e Dark Jordan osservavano inermi, intrecciati in un unico terrore sotto il lenzuolo. «Che roba è?», chiese Don Juan, facendo un cenno con la testa verso l’altoparlante. Incredula per la domanda, la ragazza rispose titubante: «è una canzone di Jordan; sembra strana perché va ascoltata al contrario». Dai diffusori si sentiva un ritornello: “noi siamo figli delle stelle, figli della notte noi…”. «Che tu sia dannato Dark Jordan. Meriteresti di morire per questo». Lava Bolton avviò la connessione al computer e trasferì sulla sua scheda tutti i dati degli ultimi sei anni. Vide le foto di una bambina: dormiva nella stanza a fianco.
Due giorni dopo il Cardenal Mendoza ricevette un messaggio criptato da parte di BB512 de Dios. La missione si era rivelata più facile del previsto, scriveva Don Juan; allegava la Sacra Scrittura recuperata dal computer di Heidi Luther Queen. La lista dei destinatari era vuota – anche se la tentazione di riempirla coi nomi di alcuni individui a cui avrebbe volentieri tagliato la gola, era stata molto dura da vincere. “Debbo la scoperta di Uqbar alla congiunzione di uno specchio e di un’enciclopedia”: il Cardenal Mendoza trasalì nel leggere il primo verso della Sacra Scrittura; poi scoppiò in una risata bavosa e cancellò il file dal computer.
La bellezza artificiale di Lava Bolton, supina sul letto e fasciata dai riflessi azzurri delle luci di bordo che filtravano dall’oblò, illuminava la stanza come una statua perfetta illumina la sala vuota di un museo. Don Juan si alzò e si mise davanti allo specchio: era indubbiamente ancora molto bella, nonostante la cicatrice sulla guancia sinistra e un leggero filo di pancia che incominciava a intravedersi sotto il seno prepotentemente slanciato all’insù. Ritornò a sdraiarsi di fianco a Lava Bolton e ordinò: «Lesbian four, five and ten».
Dark Jane si sarebbe ricordata di quella specie di bellissime Erinni che avevano bruciato, vent’anni prima, tutti i supporti audio nel rifugio di Ulan. Lo stesso rifugio che usava adesso per trasmettere le tesi ai Dissidenti Novi. Lo stesso rifugio dove Heidi Luther Queen e Dark Jordan dormivano abbracciati sognando una nuova stirpe di figli delle stelle.

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